Cedolare secca affitti alle Partite IVA per dipendenti d’impresa: novità di Cassazione

Cedolare secca per affitto di immobili ad uso abitativo a titolari di Partita IVA che destinano la locazione ai lavoratori: nuove conferme di Cassazione.

Mag 14, 2025 - 17:00
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Cedolare secca affitti alle Partite IVA per dipendenti d’impresa: novità di Cassazione

Dalla Cassazione arrivano nuove conferme in merito alla possibilità di applicare la cedolare secca anche sugli affitti destinati agli alloggi abitativi dei dipendenti di un’impresa, modus operandi ancora oggi contestato dall’Agenzia delle Entrate nonostante i precedenti pronunciamenti della Corte.

Due nuove sentenze (n. 12076/2025 e n. 12079/2025) hanno ribadito un principio importante: le Partite IVA possono applicare la cedolare secca sugli affitti destinati agli alloggi abitativi dei dipendenti di un’impresa. La prassi è dunque legittima, portando nuove certezze in un ambito ancora oggetto di accese discussioni giuridiche.

Cedolare Secca e Partite IVA: cosa dice la Cassazione 

Con le sentenze n. 12076/2025 e n. 12079/2025, infatti, i supremi giudici hanno ribadito che, per l’applicazione della tassa piatta sui canoni di locazione, il titolare del contratto di locazione può essere anche una Partita IVA, purché poi destini le sistemazioni abitative oggetto d’imposta agevolata a strutture residenziali per i lavoratori. Ad esempio per esclusivo uso di foresteria o tramite sub-locazione esclusivamente residenziale.

Dopo la storica sentenza del 2024, la nuova sentenza n. 12076/2025, ad esempio, si riferisce al contratto di affitto intestato a una fondazione, mentre la sentenza n. 12079/2025 fa riferimento a una società e al suo amministratore. L’Agenzia delle Entrate, invece, ha sempre affermato la necessità di un indirizzo interpretativo consolidato per tutelare le esigenze di gettito erariali, sottolineando come finora, da parte della giurisprudenza, ci siano state posizioni divergenti, spesso in accordo con il Fisco e in contrasto con la sentenza della Cassazione.

Affitti con cedolare secca destinati a dipendenti e sublocazioni

Per la Corte di Cassazione l’opzione fiscale della cedolare secca può essere esercitata per le unità immobiliari abitative affittate a cooperative edilizie o enti senza scopo di lucro (no profit) che poi subaffittano a studenti universitari e che mettono gli alloggi a disposizione dei comuni rinunciando all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.

Un punto cruciale riguarda l’applicazione della cedolare secca su contratti di affitto destinati a dipendenti di imprese. Le sentenze della Cassazione hanno ribadito che i contratti intestati a fondazioni o società con amministratori (come nel caso delle sentenze n. 12076/2025 e 12079/2025) possono beneficiare della tassa piatta se gli affitti sono destinati alle esigenze residenziali dei loro dipendenti

Dunque, se da un lato l’Agenzia delle Entrate è tecnicamente ferma sulle sue posizioni, alla luce delle numerose sentenze di Cassazione sembra sempre più plausibile contestarle, anche per vie legali.

Cosa dice la legge sul regime di Cedolare Secca

La normativa di riferimento – art. 3, sesto comma, d.lgs. n. 23 del 2011 – si limita ad escludere la cedolare secca per l’affitto di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni, ma questo non impedisce che il locatario sia una Partita IVA o una Onlus che destinano gli alloggi ad abitazione di soggetti privati, come dipendenti o studenti.

Il regime opzionale sostituisce Irpef, addizionali, imposta di registro e bollo e prevede un’aliquota ordinaria al 21%  per i contratti a canone libero o al 10% per quelli a canone concordato nei Comuni ad alta tensione abitativa e con accordi territoriali (salendo al 26% per gli affitti brevi, ma soltanto a partire dal secondo immobile affittato con queste modalità). Di contro, il locatore rinuncia all’aggiornamento Istat del canone e mantiene il prezzo calmierato.

Il versamento dell’imposta sostitutiva prevede il pagamento del saldo e del primo acconto (escluso nel primo anno e comunque previsto solo se l’imposta dell’anno precedente superava i 52 euro) entro il 30 giugno di ogni anno, con secondo o unico acconto entro il 30 novembre. I redditi da cedolare secca vanno comunque inseriti in dichiarazione dei redditi, nel Quadro B del modello 730 (fornendo anche il CIN per gli affitti brevi). Tali redditi non concorrono alla base imponibile IRPEF ma incidono sulle detrazioni. Inoltre, si valutano ai fini ISEE.