C’è un appuntamento a Savigliano per scoprire i poeti iraniani e il loro desiderio di libertà
Venerdì pomeriggio a Savigliano (non lontano da Torino, in provincia di Cuneo) appuntamento da non perdere per chi vuole capire qualcosa dell’Iran (Paese di cui tutti parlano e che pochi conoscono) e per chi ama la poesia: in occasione del XVII Festival di Espressione Artistica e di Impegno Civile, presso il Salone di Palazzo Taffini, […] L'articolo C’è un appuntamento a Savigliano per scoprire i poeti iraniani e il loro desiderio di libertà proviene da Il Fatto Quotidiano.

Venerdì pomeriggio a Savigliano (non lontano da Torino, in provincia di Cuneo) appuntamento da non perdere per chi vuole capire qualcosa dell’Iran (Paese di cui tutti parlano e che pochi conoscono) e per chi ama la poesia: in occasione del XVII Festival di Espressione Artistica e di Impegno Civile, presso il Salone di Palazzo Taffini, in via Sant’Andrea, 53, si terrà il reading “I poeti iraniani dal 1921 a oggi. Viaggio nella storia e cultura del Popolo Iraniano”. Un appuntamento utile a scoprire qualcosa di essenziale dell’Iran attuale, che pochi dei commentatori raccontano.
Allo stesso modo sarà l’occasione per scoprire l’antologia di poeti iraniani appena uscita da Mondadori (Poeti iraniani dal 1921 a oggi), curata da Faezeh Mardani, docente di Lingua e letteratura persiana moderna e contemporanea all’Università di Bologna, con la collaborazione di Francesco Occhetto, ricercatore e traduttore di letteratura persiana. Li ho intervistati nel docufilm “Diario persiano” – documentario scaturito dal reportage che avevo scritto per questo giornale.
Il volume è splendido, fa parte della storica collana “Lo Specchio” e per la prima volta, in Italia come in Europa, presenta una selezione dei più importanti poeti dell’Iran vissuti nell’ultimo secolo. L’antologia ripercorre i grandi momenti della storia iraniana contemporanea, perché la poesia, per il popolo persiano, è una dimensione privilegiata, una specie di talismano, qualcosa di magico e rituale che tocca l’esistenza di tutti i ceti e coinvolge anche la politica.
Leggeremo i bellissimi versi di Sorab Sepheri e di poetesse come Forugh Farrokhzād – in Iran conosciuta proprio da tutti, giovani e meno giovani – e di molti altri poeti contemporanei viventi o no. Generazione dopo generazione gli iraniani leggono e non dimenticano i loro poeti, in loro ritrovato se stessi, l’anelito alla libertà, specialmente le donne, che come Forugh rivendicano il diritto a esprimersi liberamente e politicamente, a non mortificare i loro corpi, i loro desideri e la sensualità che vivono così profondamente.
La poesia iraniana è infatti un fenomeno civile: autori come Garous Abdolmalekian valgono molto più che non le voci politiche di riferimento, anche proprio sul fronte della rivoluzione. Garous, giovane poeta di Teheran, parla di guerra, di solitudine, di un Medio Oriente insanguinato: in Iraq, Siria, Afghanistan e Palestina, nello Yemen. Nei suoi versi si inciampa nell’amore – “La tua veste si muove nel vento, questa è l’unica bandiera che amo”, ma si rincorrono soprattutto infinite scene di strazi: “Questo è il Medio Oriente – scrive Garous – dovunque scaverai la terra/ spunterà fuori/ un amico, un caro, un fratello”.
Di costoro parlerò con Francesco Occhetto, dopo il saluto di Antonio Scommegna, Presidente dell’Associazione Culturale Cenacolo “Clemente Rebora” (le letture saranno curate da Livio Partiti, gli spazi musicali dal Civico Istituto Musicale “G. B. Fergusio”).
C’è un popolo che lotta e che piange in Iran, che sospira e volteggia nell’uragano, saluta con la mano sul cuore e arranca nel solco di una tradizione di poeti sufi e mistici – da Rumi a Omar Khayyam – di invasioni millenarie, tra greci, arabi, turchi e mongoli. I loro altipiani desertici hanno visto Ciro, Dario, Alessandro e Tamerlano… E più recentemente governi abbattuti con il placet della Cia e della British Petroleum. E occupazioni di ambasciate, rivoluzioni, frustate ed esecuzioni.
L’appuntamento di Savigliano racconterà di un popolo che guarda al cielo, anche d’Occidente, che corteggia il destino e si interroga sul futuro davanti al sepolcro di grandi poeti come Hafez, il mistico di Shiraz che cantò l’amore, il vino e l’ebrezza. La gente più umile apre a caso i suoi versi, cerca risposta alle proprie domande. All’ingresso del giardino che accoglie la sua tomba un uccellino addestrato sceglie per te i suoi versi… Per pochi spiccioli Hafez il libertino, l’ebbro, il furfante che frustò i “guardiani”, i giudici della rettitudine, canta il tuo destino.
Chissà cos’avrebbe detto di chiome al vento, di baci e balli per strada, come chiedono i giovani oggi.
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