Casini e papa Francesco: "Moderno e rigoroso. Lascia una Chiesa vitale"
L’ex presidente della Camera: il suo merito è non aver ignorato i cambiamenti "Il successore? Leggo nomi di grande prestigio. Ma ci penserà lo Spirito Santo".

De Robertis
Pier Ferdinando Casini, senatore eletto nelle liste del Pd e ex presidente della Camera, che Chiesa lascia papa Francesco al suo successore?
"È una Chiesa che, per alcuni versi, ha subito un processo di destrutturazione per stare al passo con i tempi, ma nello stesso tempo è una Chiesa vitale che si apre alle tematiche tipiche di una società moderna".
C’era molta attesa, tra le altre cose, a nuove regole per i divorziati risposati e in generale sulla sessualità.
"Il merito della Chiesa di Francesco è stato di averle affrontate. In realtà a imporle è stato il calendario del tempo. Cinquant’anni fa se ne parlava meno e la Chiesa in qualche modo poteva ignorarle, adesso in ogni famiglia cattolica c’è un divorziato e il tema, come altri, va considerato".
E il successore di Francesco, chiunque sarà, non potrà eludere certe domande.
"Sarà impossibile tornare indietro".
I critici di Francesco dicono: i papaboys di Wojtyla erano in chiesa, i giovani di Francesco sono fuori.
"È evidente che esiste un processo di scristianizzazione della società, ma imputarlo a Bergoglio sarebbe ingiusto prima che ingeneroso".
Lei si è occupato e si occupa molto di esteri. Mai come questa volta il fattore geopolitico sarà importante nel prossimo conclave.
"Le uniche informazioni attendibili le ha lo Spirito Santo, che, almeno per adesso, le tiene per sé. Ma al di là della battuta, si può dire che in una situazione di terza guerra mondiale a pezzi, come diceva Francesco, la dimensione internazionale del collegio cardinalizio ha il suo peso. Si parla di Oriente, di dialogo con la Cina, senza dimenticarsi del peso dell’Africa. Solo noi cattolici italiani pensiamo che la Chiesa abbia una dimensione che coincide con l’Italia".
A proposito, si fanno ricorrentemente il nome di alcuni italiani.
"Non voglio entrare nei singoli casi. Diciamo solo che i tre nomi che leggo con più frequenza nei giornali non sono riconducibili solo alla loro italianità".
Parliamo di Parolin, Zuppi e Pizzaballa.
"Sono i nomi che osservo fare. Ma non sono nella lista dei papabili perché italiani, quanto perché tutti e tre hanno una grande personalità, prestigio ed esperienze acquisite sul campo. Dal segretario di Stato, passando al Vescovo di Bologna, a Pizzaballa che a Gerusalemme si trova nel mezzo di un conflitto tremendo".
Lei è bolognese, sarebbe certamente contento per Zuppi.
"Lasciamolo stare, gli vogliamo bene e tirarlo in ballo significa mancargli di rispetto".
Presidente, sabato prossimo a Roma arriverà mezzo mondo. Tra i potenti della terra ci sarà Trump. C’è chi ha storto la bocca.
"Mi paiono polemiche inaccettabili. La presenza di Trump a Roma è un’opportunità. Non ci scordiamo che celebreremo i funerali di un grande uomo di pace. Iniziamo a raccogliere il suo insegnamento e per quanto ci è possibile sfruttiamo tutte le possibilità per fermare i conflitti".
Torniamo un attimo a Francesco. Lei l’ha conosciuto. Che papa è stato?
"È stato un papa profondamente sudamericano, molto attento agli ultimi, agli squilibri ambientali. In fondo erano i temi che si è portato dalle periferie del mondo e di cui si era occupato quando da cardinale e vescovo di Buenos Aires non si era mai dimenticato di essere un parroco".
Il Sudamerica è stata anche la terra della teologia della liberazione.
"Ecco, con quella cosa Bergoglio non c’entra niente. Dal punto di vista dogmatico e teologico è sempre stato molto rigoroso. Una roccia. In ogni caso un papa difficile da catalogare".
Tutti i papi sfuggono a catalogazioni drastiche…
"Le categorie della politica, quelle che normalmente usiamo per giudicare fatti o persone, come destra e sinistra, non sono sufficienti per comprendere la complessità di certi personaggi. Pensiamo a Ratzinger. Tutti lo credevano un conservatore, ma dimettendosi ha compiuto l’atto più rivoluzionario della storia della Chiesa".