Bologna, il Cassero Lgbtqia+ prende le distanze dalla manifestazione per l’Europa del 15 marzo
Intervista alla presidente Camilla Ranuro del Cassero LGBTQIA+ Center Bologna durante la manifestazione dell’8 marzo, che ha visto la partecipazione di circa 10.000 persone. Le attiviste e gli attivisti LGBTQIA+ di Bologna affermano la loro distanza dalla manifestazione del 15 marzo a Roma, convocata da Michele Serra, e contestano la decisione di Arcigay di aderire, […]

Intervista alla presidente Camilla Ranuro del Cassero LGBTQIA+ Center Bologna durante la manifestazione dell’8 marzo, che ha visto la partecipazione di circa 10.000 persone.
Le attiviste e gli attivisti LGBTQIA+ di Bologna affermano la loro distanza dalla manifestazione del 15 marzo a Roma, convocata da Michele Serra, e contestano la decisione di Arcigay di aderire, accusandola di strumentalizzazione del movimento per i diritti civili.
Una polemica simile ha investito la Cgil, con le Rsu che hanno indirizzato una lettera critica al segretario Maurizio Landini, chiedendogli di non partecipare. Queste tensioni sottolineano le fratture all’interno della sinistra e dei movimenti, sollevando interrogativi su quale direzione politica e sociale debba essere seguita.
Alla testa del corteo dell’8 marzo, Camilla Ranuro dichiara che il Cassero LGBTQIA+ Center di Bologna si distanzia nettamente dalla manifestazione del 15 marzo: “In una piazza di un blu indistinto, così come al tavolo con la Roccella: noi non ci stiamo!”, dice.
Il riferimento alla bandiera blu dell’Unione europea e al recente incontro tra Arcigay e la ministra della Famiglia Eugenia Roccella evidenzia le criticità di un movimento che, secondo il Cassero, rischia di smarrire la propria coerenza politica nel tentativo di trovare alleanze ambigue.
Le attiviste del Cassero fanno eco alle parole di Ranuro, affermando che l’associazione ha aspettato troppo a lungo per prendere parola, sperando di poter ricucire dall’interno, ma che ora non è più possibile restare in silenzio di fronte all’avvicinamento del movimento a posizioni che non lo rappresentano e che rischiano di tradire le lotte di chi ogni giorno subisce discriminazioni multiple.
Uno degli elementi più controversi della manifestazione del 15 marzo è il suo legame con la politica di rafforzamento militare dell’Unione europea. Mentre guidava il corteo, Ranuro sottolinea che il Cassero e altre realtà LGBTQIA+ si dichiarano contrari a un evento che, pur dichiarandosi europeista, non prende le distanze in maniera chiara dalla corsa agli armamenti promossa dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
“Non possiamo ignorare che la retorica della difesa e della sicurezza nasconde spesso logiche nazionaliste e di potenziamento delle frontiere, che sono in netta contraddizione con i nostri principi di solidarietà e inclusione”.
La questione palestinese è un altro tema centrale del discorso. “Non possiamo accettare una manifestazione che non condanna apertamente l’occupazione e la pulizia etnica in atto in Palestina. Se crediamo nei diritti umani, dobbiamo farlo sempre, non a intermittenza”.
Altro punto di forte contestazione è l’incontro tra Arcigay e la ministra Roccella, ex portavoce del Family Day e figura ostile ai diritti LGBTQIA+. Ranuro esprime sdegno per la scelta di sedersi al tavolo con chi ha sempre osteggiato la comunità LGBTQIA+, senza un confronto collettivo con le altre realtà del movimento e soprattutto escludendo l’attivismo trans. Il timore, secondo Ranuro, è che una parte del movimento LGBTQIA+ sia tentata da una politica di sopravvivenza, pronta a sacrificare le istanze più radicali per garantirsi una posizione negoziale.
Ribadisce che non si può lasciare indietro le persone trans e non binarie, non si possono scendere a compromessi su principi fondamentali, non si può chiudere gli occhi di fronte alla militarizzazione dell’Europa.
Mentre il corteo avanza per le strade della città, Ranuro conclude la sua dichiarazione affermando che il movimento LGBTQIA+ è antifascista e non può dialogare con i fascisti. Ribadisce che non esiste politica queer senza le persone trans e non binarie, senza solidarietà internazionale, senza un rifiuto netto della corsa agli armamenti. Esorta la comunità a ricordarsi da che parte stare se si vuole davvero essere un movimento di liberazione.