Battaglia Generali Mps-Mediobanca il prossimo scontro
L a tanto attesa assemblea di Generali si è conclusa all’insegna della continuità, portata avanti dal primo azionista privato al 13% del capitale, Mediobanca. Come nel 2022, quando la lista del cda uscente aveva prevalso su quella di maggioranza concorrente presentata dal socio Francesco Gaetano Caltagirone, anche nel 2025 a fare la differenza è stato […] L'articolo Battaglia Generali Mps-Mediobanca il prossimo scontro proviene da Iusletter.

L a tanto attesa assemblea di Generali si è conclusa all’insegna della continuità, portata avanti dal primo azionista privato al 13% del capitale, Mediobanca. Come nel 2022, quando la lista del cda uscente aveva prevalso su quella di maggioranza concorrente presentata dal socio Francesco Gaetano Caltagirone, anche nel 2025 a fare la differenza è stato il mercato. Cioè i fondi internazionali che nel loro complesso pesano per il 30-32% del capitale della compagnia e che in entrambi i casi hanno votato compatti a favore delle liste del cda (nel 2022) e di Mediobanca (2025). Non una delle preferenze dei fondi è andata alle liste presentate da Caltagirone che hanno invece raccolto consensi tra i soci privati della compagnia, come Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio), Fondazione Crt, Edizione della famiglia Benetton (che nel 2025 si è però astenuta).
Fino a che i fondi saranno determinanti nelle assemblee sia ordinarie che straordinarie si può affermare che Generali è una public company, un po’ anomala in quanto gli azionisti privati hanno comunque un peso rilevante (arrivano al 25% del capitale). In questa ultima tornata si è aggiunto al fronte dei soci italiani anche l’Unicredit guidata da Andrea Orcel, che ha spiegato la sua mossa con la volontà di superare il presidio di Piazzetta Cuccia su Generali, con la dubbia valenza strategica, industriale e finanziaria dell’accordo con Natixis e con la possibilità di migliorare il piano triennale dell’ad Philippe Donnet.
Tutti questi punti terranno banco da qui in poi e potrebbero influenzare, in estate, l’esito dell’altra battaglia finanziaria in corso, l’Ops del Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca, che potrebbe avere effetti a catena proprio su Generali. Il primo nodo che verrà presto al pettine è quello dell’alleanza con i francesi di Natixis, una joint venture paritetica che secondo i piani dovrebbe portare sinergie e dimensione per competere nell’enorme mercato dell’asset management mondiale. Questa operazione è stata fin da subito osteggiata dai tre consiglieri Generali eletti nel 2022 con la lista Caltagirone e confermati adesso (Flavio Cattaneo e Marina Brogi) con l’arrivo di Fabrizio Palermo al posto di Stefano Marsaglia. I rischi che sono stati indicati riguardano il controllo della nuova entità, da spartire con una banca francese, e il presidio delle decisioni di investimento delle masse gestite che potrebbero non essere più nel pieno controllo della compagnia italiana ma influenzate dai soci francesi. Donnet ha sempre ribattuto a questi rischi enunciando i vantaggi dall’avere 1.200 miliardi di masse in gestione e assicurando che i processi decisionali sull’investimento dei risparmi assicurativi rimangono in capo a Generalicosì come la proprietà di queste masse continua a essere dei clienti assicurati.
La versione di Donnet non ha però convinto il governo Meloni che è sceso in campo attribuendosi la facoltà di difendere i risparmi degli italiani quale bene strategico per il paese, la cui sovranità sarebbe messa a rischio dall’ingombrante presenza dei francesi. Ora bisognerà vedere se il nuovo cda procederà con l’operazione Natixis, di cui deve essere ancora firmato il contratto vincolante. L’operazione comunque dovrà passare l’esame della normativa sul golden power che affida al governo poteri speciali in materia di sicurezza e ordine pubblico di settori strategici.
Il tema della governance e dell’influenza dominante della Mediobanca di Alberto Nagel su Generali avrà invece una risposta con l’esito dell’offerta di scambio di Mps che partirà a luglio. Gli attaccanti, tra cui ancora Caltagirone eDelfin – che hanno rastrellato quasi il 10% a testa del capitale Mps – si fanno forti del fatto che diversi fondi internazionali hanno votato per l’aumento di capitale al servizio dell’operazione. Alcuni sono presenti anche in Mediobanca e dovrebbero consegnare le loro azioni. Ma non è detto che sia così. In Mediobanca c’è più del 50% del capitale controllato dai fondi e più del 15% tra patto di consultazione e azionisti forti come Unipol. Costoro potrebbero non trovare conveniente consegnare azioni che finora hanno sempre fruttato bene a una banca commerciale con una strategia diversa. Anche qui sarà determinante il mercato poiché Mps può di certo contare sul 27% di Caltagirone e Delfin ma per arrivare almeno al 50% più un’azione l’ad Luigi Lovaglio dovrà convincere i fondi della bontà del suo progetto.
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