Basket: si ritira Elena Delle Donne, un pezzo di storia WNBA
Un titolo WNBA, due nomine da MVP, sette da All Star, l’oro olimpico di Rio 2016, l’oro mondiale di Spagna 2018. Questo e molto altro è Elena Delle Donne, che ha annunciato nelle scorse ore il proprio ritiro dalla pallacanestro giocata all’età di 35 anni e dopo aver giocato dal 2013 al 2016 per le […]

Un titolo WNBA, due nomine da MVP, sette da All Star, l’oro olimpico di Rio 2016, l’oro mondiale di Spagna 2018. Questo e molto altro è Elena Delle Donne, che ha annunciato nelle scorse ore il proprio ritiro dalla pallacanestro giocata all’età di 35 anni e dopo aver giocato dal 2013 al 2016 per le Chicago Sky e dal 2017 al 2023 per le Washington Mystics, con cui però non giocava appunto da due anni perché nel 2024 aveva deciso di prendersi una pausa.
Una carriera, la sua, particolare per parecchi motivi. Innanzitutto, la malattia di Lyme, scoperta nel 2008 dopo che era stata morsa da una zecca nella proprietà di famiglia nel Delaware. Questo è stato anche il motivo che l’ha spinta a non giocare in WNBA nel 2020, in piena pandemia di Covid: non voleva esporsi anche (e soprattutto) a quello.
Nella sua carriera le doti tecniche sono sempre state indiscutibili: grande tiratrice, movimento di piedi in grado di darle soluzioni in numero molto più elevato di tante altre, ha avuto un rendimento sostanzialmente leggendario ai tiri liberi. In WNBA, infatti, la sua percentuale è del 93,7% in carriera, dato che aumenta al 95,4% se si includono i soli playoff. Per dare un’idea dell’enormità di tale dato, Steph Curry ad oggi si assesta nella zona del 91% e Steve Nash ha finito la carriera al 90,4%. A livello realizzativo come miglior annata è la 2015, con 23,4 punti di media ad allacciata di scarpe. Con il suo metro e 96 non poteva non essere un fattore ovunque scendesse in campo. Ma quell’ovunque ha riguardato soltanto gli USA (e, solo in un breve periodo del 2017, la Cina).
In Europa non è mai andata, nonostante tantissimi tentativi da parte di numerosi club (tra i quali si può annoverare anche il Famila Schio), perché nel resto del tempo in cui non giocava badava alla sorella Elizabeth, universalmente nota come Lizzie, più grande di lei e nata sorda, cieca e muta, oltre che autistica e con una paralisi cerebrale. All’atto pratico, comunicava, e comunica, soltanto con il tatto. Anche per questo non si è mai spinta di qua dall’Oceano, dove sarebbe stata ben accolta in senso assoluto in qualunque luogo le fosse toccato andare.
E fu proprio su di lei (ma non solo) che Kobe Bryant espresse uno degli ultimi pensieri pubblici prima della tragica morte. Il Black Mamba, infatti, osservò come ci fossero tre precise giocatrici perfettamente in grado di giocare in NBA così com’erano: Diana Taurasi, Maya Moore ed Elena Delle Donne. Una è riconosciuta come la più grande di tutte, la seconda ha vissuto una parabola sia sportiva che umana molto importante e della terza stiamo parlando in questo momento.
Questo il messaggio finale della giocatrice su Instagram: “Uno dei miei libri per bambini preferiti aveva una domanda: ‘Com’è che si è fatto tardi così presto?’. Me lo sono chiesta un sacco di volte mentre prendevo la decisione di ritirarmi dalla pallacanestro giocata. Essere capace di dirlo ad alta voce è stata una delle parti più difficili della mia carriera. Pare che il mio corpo abbia preso questa decisione prima che la mia mente lo accettasse, ma ora so davvero che questa è la cosa giusta per me, e al momento giusto. Le parole non possono esprimere adeguatamente quanto sono grata alla mia famiglia, alle mie incredibili compagne, ai miei amici, dirigenti, sponsor, staff, e soprattutto ai tifosi che mi hanno accompagnata in questo viaggio. Questo gioco è stato la mia vita e sono davvero felice per i ricordi e quanto mi abbiano dato. Fa star bene chiudere questo capitolo sapendo di aver dato il massimo e non vedo l’ora di scoprire cosa c’è dopo“.