Auto, si va verso nuovi equilibri geopolitici e industriali. La ricerca di Aniasa e Bain & Company

L’automotive mondiale? “È entrato in una fase di stagnazione prolungata, mentre nuovi equilibri geopolitici e industriali mettono in discussione la tenuta dell’intero ecosistema. In Italia si riducono gli acquisti di nuove auto, aumenta il ricorso all’usato, l’elettrico non sfonda e nonostante il forte calo del diesel, le emissioni medie di CO₂ restano superiori a quelle […] L'articolo Auto, si va verso nuovi equilibri geopolitici e industriali. La ricerca di Aniasa e Bain & Company proviene da Il Fatto Quotidiano.

Mag 8, 2025 - 08:53
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Auto, si va verso nuovi equilibri geopolitici e industriali. La ricerca di Aniasa e Bain & Company

L’automotive mondiale? “È entrato in una fase di stagnazione prolungata, mentre nuovi equilibri geopolitici e industriali mettono in discussione la tenuta dell’intero ecosistema. In Italia si riducono gli acquisti di nuove auto, aumenta il ricorso all’usato, l’elettrico non sfonda e nonostante il forte calo del diesel, le emissioni medie di CO₂ restano superiori a quelle del 2015”. Lo dice l’indagine annuale sull’evoluzione del mercato dell’auto e sulla mobilità condotto da ANIASA e Bain & Company.

Se nel periodo 2001-2017 l’Asia – in particolare la Cina – ha guidato la crescita globale del settore auto, per il periodo 2017-2030 si prevede una sostanziale stagnazione in Cina (+0,3%) e un declino nei mercati “maturi” come Europa (-0,6%), Nord America (-0,4%), Giappone e Corea (-1,2%). Al contrario, emergono nuove aree di potenziale espansione come l’Asia meridionale (+2,7% di CAGR) e il Sud America (+1,5%), che potrebbero diventare i nuovi motori della domanda.

“Entro il 2028 l’Europa accumulerà un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Il Nord America segue un trend analogo, con uno scarto negativo di 7,5 milioni di unità”, rivela lo studio: “Queste cifre testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori”.

E a complicare le cose ci si mette anche Trump, coi dazi: le Case tedesche sono tra le più esposte, con circa metà dei propri volumi a rischio. I costruttori teutonici devono affrontare, inoltre, la frenata in Europa e la perdita di slancio in Cina. Per i costruttori giapponesi e coreani, il problema riguarda soprattutto il mercato americano, dove sono fortemente presenti, ma vulnerabili ai dazi. Nel 2024, gli Stati Uniti sono il primo mercato importatore di veicoli leggeri, con circa 5 milioni di unità, il 23% del loro fabbisogno interno. Seguono l’Europa (oltre 4 milioni) e il Medio Oriente. Di contro, Cina e Giappone sono quasi completamente “autosufficienti”. A livello europeo, la diffusione delle auto elettriche resta piatta da oltre tre anni, nonostante la crescita della rete di ricarica. Il mercato risponde alla pressione normativa non con l’elettrico, ma con le ibride, “segno di una transizione ancora fragile e guidata più dall’offerta che da una domanda realmente convinta”, commenta lo studio.

E in Italia? Nel nostro Paese si evidenzia un deciso ritorno all’uso dell’auto privata come mezzo principale per gli spostamenti. Tuttavia, questo non si traduce in un aumento delle vendite di nuove vetture, ma in una crescita dell’usato, a testimonianza del disorientamento causato da normative complesse e prezzi in continuo aumento. Nel primo trimestre del 2025 le ibride raggiungono il 50% del mercato, mentre le elettriche restano ferme al 5%. La sostituzione del Diesel, ormai quasi scomparso, non ha prodotto benefici sulle emissioni medie di CO₂, che rimangono oltre i 115 g/km, superiori anche ai livelli del 2015.

“L’industria automobilistica europea si trova dunque, come evidenziato dallo studio, di fronte a un bivio”, spiega il Presidente di ANIASA, Alberto Viano: “La combinazione tra vincoli normativi stringenti (soprattutto sulla transizione elettrica), domanda stagnante e instabilità geopolitica impone un profondo ripensamento. La frammentazione dell’offerta, la bassa saturazione degli impianti e l’assenza di una visione unitaria minacciano la competitività del continente nel medio periodo”.

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