Anche Roche e Novartis accontentano Trump sulle politiche di inclusione
Oltre alle farmaceutiche americane Pfizer, Johnson & Johnson, Biogen, Eli Lilly, e ad aziende Usa di tutti i settori, anche le svizzere Roche e Novartis stanno adeguando i loro programmi dedicati a diversità e inclusione, come richiesto da Trump. Chi invece prova a opporsi, come Ben & Jerry's, ne paga le conseguenze. Tutti i dettagli

Oltre alle farmaceutiche americane Pfizer, Johnson & Johnson, Biogen, Eli Lilly, e ad aziende Usa di tutti i settori, anche le svizzere Roche e Novartis stanno adeguando i loro programmi dedicati a diversità e inclusione, come richiesto da Trump. Chi invece prova a opporsi, come Ben & Jerry’s, ne paga le conseguenze. Tutti i dettagli
La lista di aziende che fanno marcia indietro sui propri programmi aziendali dedicati a diversità e inclusione, noti come DEI, acronimo di Diversity, equity, and inclusion (diversità, equità e inclusione), si allunga e contagia anche il Vecchio Continente.
Le case farmaceutiche svizzere Roche e Novartis sono infatti le ultime ad aver raggiunto l’eterogeneo gruppo di società americane che vogliono essere accondiscendenti con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per evitare di incorrere in indagini e sanzioni.
Intanto, oltreoceano c’è chi addirittura prende provvedimenti tentando di cambiare i vertici di aziende considerate troppo progressiste nell’attuale panorama politico. È quanto accaduto in Ben & Jerry’s, secondo cui Unilever, proprietario del marchio, starebbe estromettendo il Ceo del produttore di gelati per “attivismo sociale”.
ROCHE SCEGLIE DI CAMBIARE LINGUAGGIO
Genentech, la divisione statunitense di Roche, aveva già rimosso i riferimenti alla DEI dalla sua relazione annuale, ma adesso, stando a quanto riferito da Quartz, ha anche informato i dipendenti di due importanti cambiamenti nella sua strategia per la diversità.
In primo luogo, i principali uffici per la diversità dell’azienda, sia negli Stati Uniti che nella sede centrale di Basilea, si concentreranno ora “sull’inclusione e l’appartenenza, e le responsabilità saranno ridimensionate di conseguenza”. In secondo luogo, Roche sta eliminando gradualmente gli obiettivi di diversità della forza lavoro globale, passando invece a un impegno più ampio per “promuovere un ambiente inclusivo che ispiri le persone a dare il meglio di sé”.
Anche Pfizer ha recentemente adeguato il suo linguaggio, preferendo parlare di “merito” anziché di “diversità”, proprio come auspicato da un ordine esecutivo firmato da Trump, il quale ha dichiarato “illegali” alcuni elementi delle politiche DEI.
L’INCLUSIVITÀ AI TEMPI DI TRUMP
“Alla luce dei recenti ordini esecutivi degli Stati Uniti sulla diversità, l’equità e l’inclusione (DEI), abbiamo rivisto e adattato le nostre pratiche e i nostri programmi a livello globale e statunitense per rimanere conformi”, ha dichiarato Roche in una dichiarazione inviata a Quartz. “Rimaniamo impegnati a costruire e mantenere una forza lavoro inclusiva, a promuovere un ambiente in cui la diversità di pensieri e opinioni sia valorizzata e a coltivare un senso di appartenenza in cui ognuno possa portare il meglio di sé al lavoro”.
Secondo una nota al personale globale visionata da Reuters, le modifiche sono state apportate per garantire che Roche “possa continuare a fornire farmaci e soluzioni diagnostiche ai pazienti”.
NOVARTIS E GSK SI ADEGUANO (E PURE UBS)
Nel frattempo, ieri anche Novartis ha riferito di aver iniziato a prendere provvedimenti in merito ai suoi programmi di diversità e inclusione. In particolare, all’agenzia di stampa ha detto che “l’evoluzione delle leggi e delle politiche negli Stati Uniti le imporrà di cambiare” e ha citato la fine dell’uso di gruppi di lavoro diversificati per le assunzioni negli Usa come una delle modifiche immediate alle proprie politiche.
All’elenco di case farmaceutiche europee che seguono il volere di Trump si è aggiunta anche la britannica Gsk, la quale ha annunciato che non avrebbe più fissato obiettivi di diversità.
Infine, cambiando settore, tra le società che non hanno sede negli Stati Uniti, pure la banca svizzera UBS questa settimana ha eliminato dal suo rapporto annuale 2024 i riferimenti all’inserimento di donne in ruoli dirigenziali e all’assunzione di dipendenti provenienti da minoranze etniche.
C’È CHI DICE NO
Vanno invece in direzione ostinata e contraria l’anglo-svedese AstraZeneca e la danese Novo Nordisk, che hanno dichiarato di continuare a impegnarsi nei loro programmi DEI.
UNILEVER CONTRO I GELATI TROPPO WOKE
Tra chi si oppone però c’è anche chi rischia di soccombere. È il caso dell’azienda di gelati Ben&Jerry’s, il cui marchio appartiene a Unilever. A proposito dei cambiamenti apportati da Trump, solo poco tempo fa aveva dichiarato: “Crediamo che le aziende che si inchinano timidamente all’attuale clima politico tentando di tornare indietro nel tempo diventeranno sempre meno competitive sul mercato e alla fine saranno giudicate come se fossero state dalla parte sbagliata della storia”.
Tuttavia, a finire sul patibolo è stato Dave Stever, l’amministratore delegato dell’azienda. Ben & Jerry’s, che ha denunciato Unilever di minacce al personale affinché si adegui agli “sforzi della casa madre per mettere a tacere la missione sociale”, ha infatti accusato la multinazionale di aver deciso di estromettere Stever, senza la necessaria approvazione del consiglio di amministrazione, perché le permetteva di esprimersi su questioni di politica sociale.
Già a novembre il produttore di gelati aveva citato in giudizio Unilever per fermare i presunti tentativi di smantellare il suo Cda e porre fine al suo attivismo sociale progressista, che ha incluso la protesta contro la guerra a Gaza, il sostegno a un movimento per il disarmo della polizia e il tentativo di criticare Trump.
Unilever ha dichiarato di sostenere Ben & Jerry’s e il suo lavoro di difesa sociale, ma che la missione sociale si è evoluta nella difesa di “argomenti unilaterali, altamente controversi e polarizzanti che mettono a rischio Unilever, B&J’s e i loro dipendenti”.