Altro che Liberazione: per molti studenti il 25 aprile è solo un giorno di vacanza
“Il 25 aprile? La liberazione dalla Repubblica? Non ne ho la minima idea, si fa ponte!”. In un Paese che ha fatto della memoria uno dei pilastri della sua identità democratica, questa risposta – raccolta da un servizio andato in onda durante il programma È sempre Cartabianca, su Rete 4 – suona come una pagina strappata da un libro di storia. La Festa della Liberazione, per tanti studenti, non ha più un volto, né un significato chiaro. È un giorno rosso sul calendario, sì, ma segnato più per la chiusura delle scuole che per ciò che rappresenta. L’indagine televisiva ha scoperchiato un vaso già noto a insegnanti e genitori: una crescente disconnessione tra i giovani e il significato storico del 25 aprile. Tra chi lo confonde con la Festa della Repubblica e chi spara teorie casuali (“Liberazione da qualcosa? Da qualcuno?”), si fa largo una sensazione scomoda. Da qui la rivelazione, forse banale, ma pur sempre da ricordare: la memoria collettiva non si tramanda da sola. E quando non viene coltivata, lascia spazio all’ignoranza, all’indifferenza e, nei casi peggiori, anche a derive inquietanti. Indice "Liberazione dagli ebrei?": la Storia capovolta Scuola, dove sei? “Ci sentiamo lontani”: quando la Storia non parla più "Liberazione dagli ebrei?": la Storia capovolta Se a far notizia fosse solo la scarsa preparazione degli studenti, potremmo archiviare tutto come un problema di programmi scolastici. Ma c’è di più. Alcune risposte raccolte in strada sono vere e proprie provocazioni, che trasformano la storia in una caricatura pericolosa. Un ragazzo si è chiesto: “Liberazione dagli ebrei?”, mentre un altro ha espresso, con disarmante nonchalance, la sua stima nei confronti di Hitler e Mussolini: “A me piacciono”. Non si tratta solo di ignoranza. È la banalizzazione del male, ridotto a preferenza personale, come se si parlasse di due personaggi di un film o di un videogioco. E nel contesto, anche il racconto di un episodio di bullismo – una svastica disegnata sul collo di un compagno gay, senza conseguenze – smette di sembrare un fatto isolato tramutandosi in un campanello d'allarme. Scuola, dove sei? Molti dei ragazzi intervistati puntano il dito proprio contro il mondo della scuola. “Nessuno la prende seriamente, non frega tanto ai professori se non ad alcuni di sinistra”, dice uno studente, lasciando intendere che il 25 aprile sia percepito più come una battaglia politica che come un’eredità comune. Questo è forse uno degli aspetti più spinosi: se la memoria viene incasellata in una parte sola del dibattito, rischia di non essere più di tutti. Il ruolo educativo della scuola, dunque, sembra vacillare, lasciando ai ragazzi l’idea che la storia sia un capitolo opzionale, e che certi temi siano ormai “roba del passato”. “Ci sentiamo lontani”: quando la Storia non parla più “Ormai ci sentiamo così lontani da questa festa e non ne sentiamo il bisogno”, dice con franchezza un altro studente. Una frase che pesa come un macigno, perché non parla solo di mancanza di informazioni, ma di un vuoto emotivo e culturale. Ma se il 25 aprile è ormai percepito come un evento del tutto scollegato dal presente, la colpa non è solo degli studenti. È piuttosto il segnale che in certi casi la narrazione della memoria è un meccanismo arrugginito, forse inceppato, che non tocca più le giuste corde. Che serva un nuovo linguaggio, nuovi strumenti, un modo più contemporaneo di raccontare cosa significhi “liberazione” oggi?

“Il 25 aprile? La liberazione dalla Repubblica? Non ne ho la minima idea, si fa ponte!”. In un Paese che ha fatto della memoria uno dei pilastri della sua identità democratica, questa risposta – raccolta da un servizio andato in onda durante il programma È sempre Cartabianca, su Rete 4 – suona come una pagina strappata da un libro di storia.
La Festa della Liberazione, per tanti studenti, non ha più un volto, né un significato chiaro. È un giorno rosso sul calendario, sì, ma segnato più per la chiusura delle scuole che per ciò che rappresenta.
L’indagine televisiva ha scoperchiato un vaso già noto a insegnanti e genitori: una crescente disconnessione tra i giovani e il significato storico del 25 aprile. Tra chi lo confonde con la Festa della Repubblica e chi spara teorie casuali (“Liberazione da qualcosa? Da qualcuno?”), si fa largo una sensazione scomoda. Da qui la rivelazione, forse banale, ma pur sempre da ricordare: la memoria collettiva non si tramanda da sola. E quando non viene coltivata, lascia spazio all’ignoranza, all’indifferenza e, nei casi peggiori, anche a derive inquietanti.
Indice
"Liberazione dagli ebrei?": la Storia capovolta
Se a far notizia fosse solo la scarsa preparazione degli studenti, potremmo archiviare tutto come un problema di programmi scolastici. Ma c’è di più. Alcune risposte raccolte in strada sono vere e proprie provocazioni, che trasformano la storia in una caricatura pericolosa.
Un ragazzo si è chiesto: “Liberazione dagli ebrei?”, mentre un altro ha espresso, con disarmante nonchalance, la sua stima nei confronti di Hitler e Mussolini: “A me piacciono”.
Non si tratta solo di ignoranza. È la banalizzazione del male, ridotto a preferenza personale, come se si parlasse di due personaggi di un film o di un videogioco. E nel contesto, anche il racconto di un episodio di bullismo – una svastica disegnata sul collo di un compagno gay, senza conseguenze – smette di sembrare un fatto isolato tramutandosi in un campanello d'allarme.
Scuola, dove sei?
Molti dei ragazzi intervistati puntano il dito proprio contro il mondo della scuola. “Nessuno la prende seriamente, non frega tanto ai professori se non ad alcuni di sinistra”, dice uno studente, lasciando intendere che il 25 aprile sia percepito più come una battaglia politica che come un’eredità comune. Questo è forse uno degli aspetti più spinosi: se la memoria viene incasellata in una parte sola del dibattito, rischia di non essere più di tutti.
Il ruolo educativo della scuola, dunque, sembra vacillare, lasciando ai ragazzi l’idea che la storia sia un capitolo opzionale, e che certi temi siano ormai “roba del passato”.
“Ci sentiamo lontani”: quando la Storia non parla più
“Ormai ci sentiamo così lontani da questa festa e non ne sentiamo il bisogno”, dice con franchezza un altro studente. Una frase che pesa come un macigno, perché non parla solo di mancanza di informazioni, ma di un vuoto emotivo e culturale.
Ma se il 25 aprile è ormai percepito come un evento del tutto scollegato dal presente, la colpa non è solo degli studenti. È piuttosto il segnale che in certi casi la narrazione della memoria è un meccanismo arrugginito, forse inceppato, che non tocca più le giuste corde. Che serva un nuovo linguaggio, nuovi strumenti, un modo più contemporaneo di raccontare cosa significhi “liberazione” oggi?