Algoritmi e cloud computing. Quando il lavoro è assicurato
CONOSCERE gli algoritmi ed elaborare Big Data è come avere nel cassetto una polizza assicurativa contro la disoccupazione. Per i...

CONOSCERE gli algoritmi ed elaborare Big Data è come avere nel cassetto una polizza assicurativa contro la disoccupazione. Per i recruiter, infatti, padroneggiare competenze digitali avanzate vale più del possesso di una laurea. E quindi aumenta significativamente la probabilità di trovare lavoro, sia per ruoli manageriali sia tecnici, con effetti rispettivamente del +7,6% e del +6,7%. Lo certifica una ricerca condotta da Fondazione Bruno Kessler e Università di Trento su tre dei maggiori mercati del lavoro europei, ovvero Italia, Germania e Regno Unito. Non si tratta però di generiche competenze digitali, come l’uso aziendale dei sistemi operativi (Office o Windows), dei social network e di Internet, ma di abilità specifiche come la capacità di usare linguaggi di programmazione avanzata, l’utilizzo di software scientifico-statistici, la gestione di progetti, piattaforme di cloud computing e tecnologie di elaborazione dei Big Data, la conoscenza di algoritmi, strutture dati e basi dei sistemi distribuiti. I ricercatori hanno utilizzato un esperimento fattoriale per studiare come chi si occupa delle assunzioni all’interno delle aziende valuti le competenze digitali nei tre Paesi presi in esame. Sono stati coinvolti oltre 700 recruiter e human resource manager per ciascun Paese, chiamati a valutare quattro diversi profili professionali e tre differenti livelli di padronanza delle competenze digitali (avanzato, intermedio e base).
In particolare, lo studio ha voluto indagare l’impatto delle capacità tecnologiche dei candidati sulla valutazione dei recruiter nel processo di assunzione e gli effetti delle stesse skill digitali nella distribuzione delle opportunità di assunzione per profili con diversi livelli di istruzione, alla ricerca di lavori ad alta o medio-bassa qualifica. L’elemento emerso in tutti e tre i Paesi è che le competenze digitali avanzate aumentano sempre e considerevolmente le probabilità di assunzione, mentre le competenze intermedie avvantaggiano solo nel caso in cui il candidato si stia proponendo per un ruolo manageriale e, in termini di effetti sulla riuscita positiva del processo di selezione, possono essere paragonate al possesso di un titolo di studio pari alla laurea (che incide per un modesto +3% sulle probabilità di assunzione).
I risultati mostrano, inoltre, effetti maggiori delle competenze digitali nel Regno Unito (+10,21%), un mercato del lavoro flessibile, orientato alla valutazione delle abilità pratiche e specifiche e meno alla valorizzazione del titolo formale. Diversamente, in Europa continentale, il titolo di studio gioca ancora un ruolo protagonista nel processo di selezione del personale – soprattutto in Italia (+4,58%) – e le competenze aiutano solo quando si tratta di competenze digitali avanzate. Infine, le competenze digitali si rivelano un potente strumento compensativo nei casi di mismatch educativo-occupazionale, a favore del candidato nel caso di gap tra percorso di studio e professione.
"Lungi dal creare disoccupazione tecnologica – commenta Paolo Barbieri (nella foto), professore di Sociologia economica all’Università di Trento e promotore della ricerca – l’innovazione e le competenze digitali aiutano a creare lavoro qualificato e a favorire il matching fra domanda e offerta di lavoro. Ciò fornisce indicazioni chiare sull’importanza di fornire ai nostri studenti quelle competenze che li aiuteranno a farsi strada in un mercato del lavoro sempre più globale e qualificato".