Alessia, l’amicizia e gli incontri di una donna trans con Papa Francesco: “Chiamiamoci per nome, così si abbattono i pregiudizi”

Hanno fatto il giro del mondo le immagini di suor Geneviève Jeanningros, dell’ordine delle Piccole Sorelle di Gesù, grande amica di Papa Francesco, che ha infranto il protocollo ed è rimasta per diversi minuti immobile a piangere e pregare davanti al feretro del Pontefice dentro la Basilica di San Pietro. La religiosa francese di 82 […]

Apr 24, 2025 - 21:44
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Alessia, l’amicizia e gli incontri di una donna trans con Papa Francesco: “Chiamiamoci per nome, così si abbattono i pregiudizi”

Hanno fatto il giro del mondo le immagini di suor Geneviève Jeanningros, dell’ordine delle Piccole Sorelle di Gesù, grande amica di Papa Francesco, che ha infranto il protocollo ed è rimasta per diversi minuti immobile a piangere e pregare davanti al feretro del Pontefice dentro la Basilica di San Pietro. La religiosa francese di 82 anni si è sempre spesa per l’accoglienza e l’assistenza verso gli ultimi, in particolare transessuali, circensi, poveri, prostitute. In diverse occasioni Bergoglio era andato personalmente a trovarla a Ostia, nel suo mondo di fede e beneficenza creato dentro il luna park alle porte di Roma.

Nel 2020, durante la pandemia, insieme al parroco della Beata Vergine Maria di Torvaianica, Andrea Conocchia, aveva chiesto all’elemosiniere del Papa, il cardinale Konrad Krajewski, di portare aiuti ai lavoratori dei luna park e alla comunità trans. Inoltre, ogni mercoledì, suor Geneviève portava alle udienze generali gruppi di omosessuali e transessuali, per un incontro faccia a faccia con Francesco, in piena sintonia con l’idea del Papa di una Chiesa “ospedale da campo”, aperta a “tutti, tutti, tutti”. Ne abbiamo parlato con una di loro, Alessia Nobile, donna transgender che per tre volte ha avuto modo di incontrare Bergoglio, ricevendo anche una sua lettera.

Com’è nato questo rapporto con Papa Francesco?
“Il primo incontro è avvenuto nel giugno 2022, grazie all’invito di suor Geneviève. Poi l’ho incontrato di nuovo ad ottobre di quell’anno, mentre l’ultima volta è stata a dicembre, poco prima dell’apertura del Giubileo”.

Cosa ricorda di quegli incontri?
“Era subito dopo il periodo della pandemia, e il Papa – tramite il suo elemosiniere – aveva aiutato alcune sex workers transgender di Torvaianica, che si trovavano in difficoltà economica a causa delle restrizioni per il Covid. Francesco poi aveva voluto incontrare personalmente queste ragazze trans, perché era interessato a conoscere senza pregiudizi il loro mondo. Io avevo da poco scritto un libro sulla mia storia, “La bambina invisibile”, e così ho avuto l’opportunità di partecipare a questo incontro. Era durante una delle sue udienze, e Francesco mi ha invitato a scrivergli una lettera, che ho poi consegnato a suor Geneviève. Sono rimasta assai sorpresa da questa accoglienza, perché avevo sempre immaginato la Chiesa come un mondo molto chiuso, transfobico. In estate, con mia grande emozione, ho ricevuto la lettera di risposta del Pontefice, scritta a penna.


“Cara sorella, grazie tante per la tua mail. Mi ha commosso. Sono d’accordo con te sul problema dei pregiudizi. Fanno tanto male! Agli occhi di Dio tutti siamo i suoi figli, e questo è quello che conta! Abbiamo un Padre che ci ama, che è vicino con compassione e tenerezza. A tutti, nessuno escluso. Proprio questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza. Prego per te, per favore fallo per me. Che il Signore ti benedica e la Madonna ti custodisca. Fraternamente, Francesco”, si legge nella missiva del Papa.

Un grande dono.
“Senz’altro. Sin dal primo incontro, Francesco mi ha invitato a non presentarmi come donna transgender, ma semplicemente con il mio nome: “Come ti chiami?”, mi ha detto. Mi ha fatto capire che non dobbiamo autodenunciarci, altrimenti alimentiamo noi stesse il pregiudizio. “Chiamiamoci per nome – aggiunse Bergoglio – io come uomo, prima che come Papa, e tu come donna, prima che transgender. Davanti a Dio siamo tutti uguali”. Francesco aveva voglia di vederci e scambiare qualche parola durante queste udienze del mercoledì, e così sono andata nuovamente a ottobre. Si era creata, mi sento di poter dire, un’amicizia. L’ultimo incontro risale allo scorso dicembre. Suor Geneviève mi disse che il Papa voleva salutarci, forse sentiva che le sue condizioni di salute stavano peggiorando. In quell’occasione, essendo io pugliese, gli ho portato dei taralli e gli ho consegnato una lettera”.

Cosa aveva scritto?
“Per lui contavano le persone, a prescindere dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. Non servono le etichette, perché siamo tutti uguali: in questo modo si abbattono i pregiudizi. Gli avevo parlato della mia idea di creare in Puglia uno sportello di mutuo soccorso, aperto anche di notte, per dare conforto agli ultimi, come sex workers, senzatetto e tossicodipendenti. Il Papa, che è sempre stato molto vicino agli “scartati” della società, aveva appoggiato la mia proposta. Per Bergoglio era importante raccontarsi e far conoscere le nostre storie a chi era più lontano da noi. Mi invitava ad andare a parlare in quelli che definiva “non-luoghi”, cioè posti in cui c’è maggior pregiudizio verso la nostra comunità. Così, grazie alla sua spinta, sono andata a presentare il mio libro in diverse carceri, per scardinare i preconcetti che avevano queste persone. Aveva ragione, perché ho ricevuto una risposta molto positiva da parte dei detenuti, che sono stati solidali e attenti”.

Cosa ha rappresentato per lei Papa Francesco?
“Prima del Papa avevo avuto un’amicizia con Don Gallo, un prete di strada molto attento agli “invisibili”. Un rapporto che poi è proseguito con Francesco, che ritengo una figura paterna a cui sarò per sempre molto legata. Adesso, con la sua scomparsa, mi è rimasto lo stretto legame con suor Geneviève, che sento tutti i giorni. Andremo insieme sabato al funerale. Grazie a lei noi ragazze trans abbiamo stretto questa amicizia con il Santo Padre”.

Bergoglio è stato sicuramente il Papa che più ha fatto per l’accoglienza nella Chiesa della comunità Lgbt. Aperture che gli sono valse le dure critiche dei più conservatori. 
“Lui era solo contro tutti. Tanti in Vaticano lo vedevano di cattivo occhio proprio perché ha aperto le porte a noi. Non sono in molti a volere una Chiesa veramente accogliente: uno dei pochi è il cardinale Zuppi. Francesco ha fatto tutto quello che ha potuto, mettendoci la faccia, come testimoniano i nostri incontri, gli aiuti economici che ha fornito e le parole che mi ha scritto nella lettera. Sapeva che per le giovani generazioni di oggi è più semplice, perché sono stati fatti passi avanti nei diritti e la società è più inclusiva, mentre per noi che siamo già adulti è più difficile, perché il pregiudizio è radicato: siamo le vere dimenticate all’interno della comunità arcobaleno, e per questo Francesco ci era particolarmente vicino”.

In che modo?
“Con suor Geneviève e il gruppo di Torvaianica, il Papa voleva creare una comunità per persone transgender di età avanzata in un bene confiscato alla criminalità, per garantire loro una casa-alloggio. Purtroppo non c’è stato il tempo per realizzarlo prima della sua scomparsa”.

Con la morte di Bergoglio temete di essere dimenticate e tornare di nuovo ai margini nella Chiesa?
“Con Francesco alle udienze eravamo sempre nelle prime file. Ormai persino chi in Vaticano non ci amava si era abituato a vederci lì ogni mercoledì. Anche negli ultimi tempi, quando il Santo Padre era sulla sedia a rotelle, veniva a trovarci e a dimostrare la sua vicinanza. Sono piccoli gesti, ma che valgono tanto e vengono apprezzati da parte di chi nella vita ha subìto violenze e aggressioni. Non sappiamo ovviamente chi sarà il prossimo Papa e che idee avrà. Speriamo in qualcuno che porti avanti e non disperda la straordinaria eredità lasciata dal nostro Pontefice, per non distruggere quanto di bello è stato costruito in questi anni”.

Qual è un ultimo ricordo che porta nel cuore di Papa Francesco?
“Sappiamo che se non ci sarà un Papa che porterà avanti i suoi stessi principi, noi saremo le prime a essere messe alla porta. A dicembre, in quell’ultimo incontro, ci disse: “Ricordatevi che Chiesa e fede sono due cose separate”. In questi giorni ho riflettuto molto su questa frase. Forse voleva dire che in ogni caso dobbiamo continuare a portare avanti la nostra fede, anche se un domani non dovessimo più essere accolte in Vaticano. Prima che un Papa, abbiamo conosciuto un grande uomo, che ci ha fatto del bene, incontrandoci alla pari, semplicemente come persone”.