A lezione in cinque, le chiacchiere con i prof e al bar ti danno "il solito": come si vive in una delle università più piccole d'Italia
Dimenticate il caos delle metropoli universitarie, con aule strapiene, corse contro il tempo per andare a lezione o sostenere un esame. Esistono realtà ben diverse, dove la vita dello studente è più tranquilla, con ritmi più lenti e ambienti più familiari. Aurora, studentessa 20enne iscritta al primo anno di economia aziendale, lo sa bene. Originaria di Bollengo, un paesino vicino Ivrea, in un’intervista al ‘Corriere della Sera - Torino’ racconta il suo colpo di fulmine per l'ambiente più raccolto di Biella: “Diciamo che mi sarebbe convenuto anche andare a Torino, la distanza è più o meno la stessa da casa mia. Poi ho visto la Città degli Studi e mi sembrava di essere negli Stati Uniti: un campus all’aperto e immerso nel verde. Sono andata lì e mi sono innamorata”. Indice Pochi studenti, grande attenzione Un legame che va oltre i libri "Buongiorno" e "il solito": l'atmosfera accogliente Opportunità e "snobismo": la doppia faccia della medaglia Pochi studenti, grande attenzione Nelle città, si sa, ci sono i grandi poli universitari, quelli che più di tutti attirano i giovani studenti. Ma questo ha anche dei risvolti negativi, come le aule sempre piene e il rischio di essere trattati come numeri. Negli atenei di più piccole dimensioni, invece, il numero di studenti in aula è sicuramente ridotto, cosa che permette un apprendimento più coinvolgente. Aurora racconta in quanti seguono le lezioni: “Al massimo una trentina. Altre volte ho 4 colleghi e siamo sempre noi 5 per tutto l’anno. Mi piace seguire corsi con pochi iscritti dove devi passare le ore ad ascoltare. Anche perché se non segui il professore se ne accorge subito”. Un legame che va oltre i libri Il rapporto con i professori non si limita, però, alle lezioni in aula. A testimoniarlo sempre Aurora, che parla di un legame di stima reciproca che può sorprendere: “Bellissimo, credo molto diverso da quanto accade nei grandi atenei”, spiega la studentessa. E per dimostrarlo, riporta un aneddoto curioso: “Tempo fa avevo bisogno di comprare del formaggio e ho chiesto al prof se conosceva un posto”. Una richiesta un po' inusitata, che però alla fine ha avuto i suoi frutti, con il docente che si è prodigato ad aiutarla indicandole un negozio di fiducia. "Buongiorno" e "il solito": l'atmosfera accogliente Nella lista dei pregi c'è poi l'atmosfera: tranquillità e disponibilità sono all'ordine del giorno. Se serve un po’ di silenzio basta uscire, sedersi su una panchina e sentire solo il rumore degli uccellini accompagnato da quello di qualche macchina che passa, ma solo ogni tanto. Cosa che in città è difficile, se non impossibile. Per non parlare della gentilezza: “C’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti: professori, la segreteria (anche oltre l’orario di lavoro). Quando arrivo io so che un “Buongiorno” lo ricevo”. E ancora: “Se vado al bar mi dicono “Vuoi il solito?”, se manco un giorno quando mi vedono la volta dopo mi chiedono: “Ma come mai non c’eri? Tutto bene?” È molto bello”. Opportunità e "snobismo": la doppia faccia della medaglia Nonostante le dimensioni ridotte, i piccoli atenei si difendono bene anche sul lato dello studio e delle possibilità per il futuro. Eppure, i pregiudizi purtroppo non mancano. “Diciamo che siamo un po’ snobbati, è come se non stessi davvero frequentando l’università. Come se studiassimo meno perché non siamo in una grande città, non ci si aspetta che ci sia la stessa qualità. Io, però, non sono mai stata così felice di andare a studiare, i numeri piccoli permettono di lavorare molto meglio”. Aurora infatti ha potuto confrontare la vita universitaria di realtà più grandi come Torino: “Ho provato a seguire una lezione lì, un’aula con più di cento persone. È una modalità che non fa per me”.

Dimenticate il caos delle metropoli universitarie, con aule strapiene, corse contro il tempo per andare a lezione o sostenere un esame. Esistono realtà ben diverse, dove la vita dello studente è più tranquilla, con ritmi più lenti e ambienti più familiari.
Aurora, studentessa 20enne iscritta al primo anno di economia aziendale, lo sa bene. Originaria di Bollengo, un paesino vicino Ivrea, in un’intervista al ‘Corriere della Sera - Torino’ racconta il suo colpo di fulmine per l'ambiente più raccolto di Biella: “Diciamo che mi sarebbe convenuto anche andare a Torino, la distanza è più o meno la stessa da casa mia. Poi ho visto la Città degli Studi e mi sembrava di essere negli Stati Uniti: un campus all’aperto e immerso nel verde. Sono andata lì e mi sono innamorata”.
Indice
Pochi studenti, grande attenzione
Nelle città, si sa, ci sono i grandi poli universitari, quelli che più di tutti attirano i giovani studenti. Ma questo ha anche dei risvolti negativi, come le aule sempre piene e il rischio di essere trattati come numeri. Negli atenei di più piccole dimensioni, invece, il numero di studenti in aula è sicuramente ridotto, cosa che permette un apprendimento più coinvolgente.
Aurora racconta in quanti seguono le lezioni: “Al massimo una trentina. Altre volte ho 4 colleghi e siamo sempre noi 5 per tutto l’anno. Mi piace seguire corsi con pochi iscritti dove devi passare le ore ad ascoltare. Anche perché se non segui il professore se ne accorge subito”.
Un legame che va oltre i libri
Il rapporto con i professori non si limita, però, alle lezioni in aula. A testimoniarlo sempre Aurora, che parla di un legame di stima reciproca che può sorprendere: “Bellissimo, credo molto diverso da quanto accade nei grandi atenei”, spiega la studentessa. E per dimostrarlo, riporta un aneddoto curioso: “Tempo fa avevo bisogno di comprare del formaggio e ho chiesto al prof se conosceva un posto”. Una richiesta un po' inusitata, che però alla fine ha avuto i suoi frutti, con il docente che si è prodigato ad aiutarla indicandole un negozio di fiducia.
"Buongiorno" e "il solito": l'atmosfera accogliente
Nella lista dei pregi c'è poi l'atmosfera: tranquillità e disponibilità sono all'ordine del giorno. Se serve un po’ di silenzio basta uscire, sedersi su una panchina e sentire solo il rumore degli uccellini accompagnato da quello di qualche macchina che passa, ma solo ogni tanto. Cosa che in città è difficile, se non impossibile.
Per non parlare della gentilezza: “C’è sempre qualcuno pronto ad aiutarti: professori, la segreteria (anche oltre l’orario di lavoro). Quando arrivo io so che un “Buongiorno” lo ricevo”.
E ancora: “Se vado al bar mi dicono “Vuoi il solito?”, se manco un giorno quando mi vedono la volta dopo mi chiedono: “Ma come mai non c’eri? Tutto bene?” È molto bello”.
Opportunità e "snobismo": la doppia faccia della medaglia
Nonostante le dimensioni ridotte, i piccoli atenei si difendono bene anche sul lato dello studio e delle possibilità per il futuro. Eppure, i pregiudizi purtroppo non mancano. “Diciamo che siamo un po’ snobbati, è come se non stessi davvero frequentando l’università. Come se studiassimo meno perché non siamo in una grande città, non ci si aspetta che ci sia la stessa qualità. Io, però, non sono mai stata così felice di andare a studiare, i numeri piccoli permettono di lavorare molto meglio”.
Aurora infatti ha potuto confrontare la vita universitaria di realtà più grandi come Torino: “Ho provato a seguire una lezione lì, un’aula con più di cento persone. È una modalità che non fa per me”.