Werner Herzog, il furore del Leone: "Grazie. Ma non sono ancora finito"
Al cineasta il premio alla carriera della Mostra del cinema. E intanto escono le foto del nuovo film “Bucking Fastard“

Mai smettere di sognare. Proprio nel giorno in cui la Biennale di Venezia annuncia che ha deciso di assegnare al regista tedesco di Aguirre, furore di Dio, L’enigma di Kaspar Hauser, Nosferatu, Woyzeck, Fitzcarraldo, il Leone d’oro alla carriera dell’ 82ª Mostra del cinema (27 agosto al 6 settembre), ecco che appaiono le prime foto dell’attesissimo nuovo film di fiction firmato da Werner, film che arriva a ben sei anni dal precedente Family Romance, LLC. Le immagini ritraggono sul set di Dublino le sorelle Rooney e Kate Mara – per la prima volta insieme in una pellicola –: vestite uguali, stessa acconciatura, speculari “come le macchie del test di Rorschach“ le due, 39 e 42 anni, vestono i panni di due gemelle. E le gemelle sono proprio quelle Freda e Greta Chaplin che lo stesso Herzog indicava come soggetti possibili di uno dei tanti film che avrebbe voluto girare nel libro-memoir Ognuno per sé e Dio contro tutti, pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 2023.
"Apparvero brevemente sui tabloid inglesi nel 1981 – raccontava Herzog – e ottennero una certa notorietà come le “gemelle pazze d’amore“ perché perseguitavano a tal punto un vicino, un camionista, che quest’ultimo le denunciò. La loro storia è incredibile. Sono le uniche gemelle che parlano sempre all’unisono. Dicevano le stesse cose nello stesso momento, in totale sincronia". In totale sincronia le due lanciarono in tribunale – sbagliandolo in contemporanea – un epiteto contro il loro oggetto d’amore: invece di “fucking bastard“, entrambe dissero “bucking fastard“. "Avevano fatto lo stesso errore nello stesso momento. Bucking Fastard – scriveva Herzog – potrebbe essere il titolo del film". E così sarà.
A confermarlo è il cineasta 82enne nel messaggio di ringraziamento inviato ieri alla Biennale e al direttore della Mostra Alberto Barbera che ha fortemente voluto questo riconoscimento: "Sono profondamente onorato di ricevere il Leone d’oro alla carriera dalla Biennale di Venezia. Ho sempre cercato di essere un Buon Soldato del Cinema – ha fatto sapere Herzog – e questa mi sembra una medaglia per il mio lavoro. Grazie. Tuttavia non mi sono ancora ritirato. Lavoro come sempre. Qualche settimana fa ho terminato un documentario in Africa, Ghost Elephants, e in questo momento sto girando il mio prossimo lungometraggio, Bucking Fastard, in Irlanda. Sto realizzando un film d’animazione basato sul mio romanzo The Twilight World, e interpreterò la voce di un personaggio nel prossimo film d’animazione di Bong Joon-ho. Non sono ancora finito", ha specificato con un tono tra il burbero e l’ironico (probabilmente più burbero che ironico).
Il Leone alla carriera va a celebrare un "cineasta fisico e camminatore instancabile – sono le parole di Barbera – che percorre incessantemente il pianeta Terra inseguendo immagini mai viste, mettendo alla prova la nostra capacità di guardare, sfidandoci a cogliere ciò che sta al di là dell’apparenza del reale, sondando i limiti della rappresentazione filmica alla ricerca inesausta di una verità superiore, estatica, e di esperienze sensoriali inedite". L’approdo a una verità superiore, "estatica", approdo possibile attraverso il cinema è quanto lo stesso Herzog teorizza da sempre, e che egli ha messo in atto con il racconto di personaggi “estremi“, sognatori outsider ed eroi/antieroi, "eroi nella misura in cui superano le loro condizioni, escono dal proprio schema e vanno ben oltre le loro possibilità, prima di fallire di fronte a questa enorme sfida", spiega lo stesso Werner.
Un Leone, dunque, al grande amico di Chatwin e Kapuściński, al ragazzo che per salvare la vita di Lotte Eisner decise di andare a piedi da Monaco a Parigi (e la salvò), al maestro che è convinto che le uniche due cose da insegnare a chi vuole fare cinema sono come falsificare i documenti e come scassinare le serrature, per viaggiare e trovare posti dove ripararsi. Un Leone al “Buon Soldato“: "ma attenzione – spiegava il cineasta in un’intervista di qualche tempo fa – , quando uso la parola soldato parlando di me non intendo niente di militaresco, ma parlo di certe qualità, come lealtà, senso di responsabilità, senso del dovere, capacità di tenere un avamposto che quasi tutti gli altri hanno abbandonato".
Il Leone a uno degli ultimi leoni del cinema. "Come sarà un mondo senza un linguaggio visivo profondo, in altre parole senza la mia professione? La fine, l’irrevocabile può arrivare", scrive Herzog nell’ultimo capitolo di Ognuno per sé e Dio contro tutti. "Immagino un allontanamento radicale dai pensieri, dalle argomentazioni e dalle immagini, non tanto un’oscurità in cui gli oggetti si possono ancora percepire, ma una condizione in cui gli oggetti non esistono più, un’oscurità piena solo di paura, di mostri immaginari". La fine del cinema come fine del pensiero e della luce. Fine dei sogni. "E io non posso vivere senza sogni" ha sempre detto Werner, dal suo eterno avamposto.