Usaid ha sprecato un sacco di soldi
La maggior parte dei fondi Usaid confluisce negli aiuti allo sviluppo ma spesso questi sforzi hanno portato a una cattiva allocazione delle risorse e non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. Il commento di Rainer Zitelmann, saggista e autore di "La forza del capitalismo", per l'Istituto Bruno Leoni

La maggior parte dei fondi Usaid confluisce negli aiuti allo sviluppo ma spesso questi sforzi hanno portato a una cattiva allocazione delle risorse e non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. Il commento di Rainer Zitelmann, saggista e autore di “La forza del capitalismo”, per l’Istituto Bruno Leoni
Il Presidente Donald Trump ha recentemente emesso un ordine esecutivo che sospende per 90 giorni tutti i programmi di aiuto allo sviluppo dell’Usaid (Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale), al fine di condurre una revisione approfondita. Il New York Times ha inoltre riportato la notizia che il personale dell’Agenzia sarà significativamente ridotto da oltre 10.000 a circa 290 unità.
Ma a cosa serve l’Usaid? Esistono tre categorie fondamentali di intervento: (i) Aiuti allo sviluppo, ossia misure volte a promuovere lo sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo e quindi a combattere la povertà; (ii) Aiuti umanitari; (iii) Progetti ideologici, principalmente nel campo Dei (Diversity, Equity, Inclusion).
La maggior parte dei fondi confluisce negli aiuti allo sviluppo. Nel mio libro How Nations Escape Poverty, mi baso su un’ampia varietà di ricerche scientifiche per dimostrare che questi sforzi hanno spesso portato a una cattiva allocazione delle risorse e non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati.
William Easterly, un’autorità sul tema dell’economia dello sviluppo, ha scritto molte pagine per dimostrare come gli aiuti allo sviluppo siano in gran parte inutili e spesso addirittura controproducenti. Mi limito a riportare un solo esempio: in due decenni sono stati spesi 2 miliardi di dollari per la costruzione di strade in Tanzania. Ma la rete stradale non è migliorata minimamente. Poiché non veniva fatta alcuna manutenzione, le strade si deterioravano più velocemente di quanto i donatori riuscissero a costruirne di nuove. “La Tanzania produceva più di 2.400 rapporti all’anno per i suoi donatori – ha scritto Easterly – che a loro volta hanno inviato ogni anno nel paese beneficiario propri funzionari attraverso un migliaio di missioni”. Gli aiuti esteri non hanno fornito ciò di cui i poveri avevano bisogno (le strade), ma hanno fornito molto di ciò di cui i poveri avevano poco bisogno (la burocrazia).
Oltre a Easterly, numerosi altri studiosi sono giunti alle medesime conclusioni. Nel 2017, gli economisti tedeschi Axel Dreher e Sarah Langlotz hanno esaminato gli effetti degli aiuti allo sviluppo su 96 Paesi beneficiari nel periodo compreso tra il 1974 e il 2009, scoprendo che gli aiuti bilaterali non possono fare nulla per aumentare la crescita economica.
Nonostante riceva più aiuti allo sviluppo rispetto all’Asia, l’Africa rimane il continente più povero. La povertà in Asia è diminuita solo perché molti Paesi hanno introdotto riforme di mercato. Le riforme avviate da Deng Xiaoping in Cina, ad esempio, hanno ridotto la percentuale di popolazione cinese che vive in condizioni di estrema povertà dall’88% (1981) a meno dell’1%. Le riforme attuate in Vietnam (Doi Moi, avviate nel 1986) hanno ridotto la percentuale di vietnamiti poveri da quasi l’80% nel 1993 al 3% di oggi.
Al contrario, non esiste un solo esempio nella storia di un Paese che abbia superato il problema della povertà grazie agli aiuti allo sviluppo.
(Estratto dalla newsletter dell’Istituto Bruno Leoni)