Un indovino gli disse di fotografare. Gli scatti di Terzani trent’anni dopo

A Udine la mostra “Su quale sponda della felicità?“ ricorda il viaggio in Asia del giornalista e scrittore

Mag 7, 2025 - 07:16
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Un indovino gli disse di fotografare. Gli scatti di Terzani trent’anni dopo

di Álen Loreti
Nel 2014, a dieci anni dalla scomparsa del marito e dopo aver donato i 6000 volumi della sua biblioteca personale, Angela Terzani Staude completò la donazione con i materiali d’archivio, migliaia di documenti tra diari, taccuini, lettere, mappe, foto. Fu così che la Fondazione Cini di Venezia si ritrovò a gestire il lascito di uno dei più grandi viaggiatori del ’900. "Ho scelto la Cini perché a me non interessa che il pensiero di Tiziano sia conservato e basta, m’importa che ci si rifletta sopra" dichiarò all’epoca Angela.

È esattamente ciò che ha fatto Nicole Pecoitz, fotografa e ricercatrice alla Statale di Milano. Concentrando la sua indagine sul rapporto tra fotografia e letteratura odeporica di matrice etnografica, la fotografa milanese – che nel cognome conserva le sue origini basche e argentine –ha prima curato la sezione iconografica dell’edizione illustrata di Un indovino mi disse poi ha scelto trenta foto per una mostra che restituisse il tipo di ricerca compiuta dal viaggiatore fiorentino. "Da dove mi veniva allora la mia voglia di mondo, il mio feticismo per la carta stampata, il mio amore per i libri e soprattutto quella ardente bramosia di lasciare Firenze, di viaggiare, di andarmene lontanissimo? Da dove mi veniva questa smania d’essere sempre altrove?" si chiedeva Terzani in quell’opera che trent’anni fa gli procurò fama letteraria.

La selezione compiuta ci aiuta a trovare quella risposta. Quella “voglia di mondo”, segnata da nostalgia del passato e preoccupazioni sul futuro della globalizzazione, emerge dalle foto. Si coglie la fiducia nell’incontro con gli altri, l’inquietudine verso i conflitti e le disuguaglianze, il fascino della storia e delle rovine, sopra ogni cosa si avverte il desiderio di capire, di conoscere.

Una smania che spinse Terzani a rinunciare a ben tre carriere – a 19 anni quella in banca, a 27 quella di praticante procuratore, a 28 quella di manager in Olivetti – prima di diventare giornalista. Aveva 28 anni quando realizzò che non voleva girare il mondo per vendere macchine per scrivere bensì adoperare la macchina per scrivere per raccontare il mondo. Ma la raffinata meccanica della Lettera 22, regalo del padre, non bastava. Ecco perché fin dal primo reportage del 1966 – Natale negro. Rapporto sulla segregazione in Sudafrica – chiese all’Astrolabio diretto da Ferruccio Parri di inserire le sue foto che mostravano Soweto, periferia di Johannesburg, come una "Dachau più ipocrita". Tutta la verità, nient’altro che la verità. La stessa che avrebbe poi documentato sul fronte vietnamita, nella Cambogia sanguinaria di Pol Pot, nella Cina del dopo-Mao, nell’Urss in disfacimento.

Giurista e umanista di formazione, l’approccio di Terzani alla fotografia è saldamente documentale: le foto sono prove. "Cose vere, cose viste" ripeteva ai giovani giornalisti che lo interrogavano dopo l’11 settembre. Anche in quelle settimane afghane sconvolte dall’Operazione Enduring Freedom non esitò a scattare foto accompagnato dall’amico Abbas, gigante dell’agenzia Magnum. "La grande foto è l’immagine di un’idea. Bisogna capire cosa c’è dietro i fatti per poterli rappresentare. La fotografia – clic! – quella la sanno fare tutti" confessò al figlio Folco prima di morire. Più della ricerca estetica o formale conta quindi l’impegno, lo studio.

Come ricorda Vincenzo Cottinelli, fotografo e maestro del nostro tempo: "Devo a Tiziano Terzani il coraggio di credere nella fotografia come mezzo espressivo indipendente, l’impegno ad usarla come memoria e testimonianza di verità, e lo stimolo a rifiutare le mode estetizzanti e mercantili. Anche per questo, scusate se è poco, continua a mancarmi". Manca a tutti noi e in questi tempi di rimozione, smemoratezza, consumo, vanità e superficialità, la mostra di Udine è un’occasione di riscoperta e integrità.