Trump scatena un nuovo shock globale, Wall Street crolla come ai tempi del Covid
Gli analisti lanciano l’allarme: settimana nera per i mercati, tra dazi e recessione, la tempesta perfetta targata Trump è la peggiore crisi dai tempi del Covid.

Questa è stata la peggiore settimana per Wall Street dal marzo 2020, quando la pandemia di Covid-19 congelò l’economia globale e mandò in tilt i mercati. Oggi, a scatenare una nuova ondata di panico finanziario è stato Donald Trump, tornato protagonista della scena politica mondiale con una mossa esplosiva: l’annuncio di nuovi (e maggiori) dazi su tutte le importazioni, da ogni Paese, senza eccezioni.
Il risultato? Un crollo verticale delle principali Borse mondiali.
Borse a picco dopo l’introduzione dei Dazi di Trump
La reazione dei mercati alle nuove politiche tariffarie imposte da Donald Trump è stata immediata e brutale. Nella sola giornata di venerdì 4 aprile 2025, l’indice S&P 500 — considerato il termometro dell’intero mercato azionario statunitense — ha perso quasi il 6%.
Si tratta di un calo che da solo basterebbe a descrivere una seduta drammatica, ma il quadro è ancora più preoccupante se si considera che i principali titoli azionari, come Dow Jones e Nasdaq, hanno ufficialmente imboccato la strada del cosiddetto bear market, ovvero una fase di mercato ribassista, dopo aver perso rispettivamente il 6% e oltre il 20% del proprio valore rispetto ai massimi registrati a dicembre.
L’allarme degli esperti
Secondo le ultime analisi della banca d’affari JP Morgan, l’effetto combinato delle nuove tariffe potrebbe causare un rallentamento significativo dell’economia statunitense, con una contrazione del Prodotto Interno Lordo (Pil) stimata in due punti percentuali per l’anno in corso, che avrebbe un impatto – più grave – a livello globale.
JP Morgan ha rivisto al rialzo la probabilità di una recessione mondiale nel 2025, portandola dal 40% al 60%. In altre parole, esiste oggi una concreta possibilità che l’economia globale entri in una nuova fase di contrazione — un rischio che fino a poche settimane fa sembrava remoto.
Il motivo è semplice: l’imposizione di dazi generalizzati su una vasta gamma di prodotti provenienti da decine di Paesi, tra cui partner strategici come Cina, Unione Europea, Vietnam e persino l’Italia, non solo alza i costi di importazione, ma rischia di paralizzare le catene di fornitura globali, alimentare l’inflazione e ridurre la competitività delle imprese. Il mercato ha già iniziato a scontare questi effetti, e le perdite registrate da alcuni colossi dell’economia statunitense lo dimostrano chiaramente.
Cosa si rischia a livello globale
In questo contesto, le misure di risposta adottate da altri Paesi — come le controsanzioni della Cina, che ha imposto dazi del 34% su diversi prodotti americani e ha limitato l’export di materie prime strategiche — rischiano di innescare una spirale negativa difficile da arrestare. La combinazione di barriere commerciali, l’instabilità finanziaria e il rallentamento degli scambi internazionali formano una miscela potenzialmente esplosiva per un’economia globale ancora fragile dopo la crisi pandemica.
Il rischio è che ci si avvii verso una nuova fase di stagnazione economica sincronizzata a livello mondiale, aggravata da tensioni politiche e da una fiducia in calo da parte di imprese e consumatori. Le decisioni di investimento vengono rinviate, i consumi frenano, e le aziende più esposte — in particolare le PMI — rischiano di non sopravvivere al doppio colpo rappresentato dall’aumento dei costi e dalla contrazione della domanda.
Non a caso, il terremoto finanziario non si è fermato agli Stati Uniti. Il FTSE 100 inglese (l’indice di Borsa più importante del Regno Unito) ha registrato una perdita del 4,9%, la peggiore dal 2020. Quello francese (il CAC 40) è sceso invece del 4,3% e quello tedesco (il DAX) ha lasciato sul terreno quasi il 5%. In Asia, il Nikkei giapponese ha perso il 2,7%, mentre il premier giapponese ha parlato apertamente di una “crisi nazionale”. A dimostrazione della portata globale del fenomeno, anche il prezzo del petrolio ha risentito del clima di incertezza, con il Brent in calo del 6% e prospettive di domanda ridimensionate in un contesto di rallentamento commerciale generalizzato.
Il “Trump shock” apre a una nuova era di caos economico
Eppure, ad oggi, il presidente Donald Trump non sembra intenzionato a fare marcia indietro. “Hang tough, non possiamo perdere”, ha scritto sui social rivolgendosi ai suoi sostenitori, rivendicando l’azione come necessaria per correggere squilibri storici nel commercio internazionale. Una linea dura e promessa in campagna elettorale, ma che ignora – o peggio sottovaluta – gli effetti a catena sull’economia globale.
A provare a rassicurare i mercati è intervenuto anche Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, parlando di un’economia ancora “solida”, grazie a dati positivi sull’occupazione. Ma lo stesso Powell ha poi ammesso che i dazi sono “più alti del previsto” e che gli effetti inflattivi potrebbero rallentare la crescita nei prossimi mesi. Le sue parole, tuttavia, non hanno placato il panico: il sell-off ha coinvolto tutti i settori, inclusi quelli teoricamente più immuni alla guerra commerciale, come i servizi pubblici e l’assistenza sanitaria.
In mezzo a tutto questo, cresce la confusione tra gli investitori, le imprese e i consumatori.
Quello che è certo è che il “Trump shock” di aprile 2025 sarà ricordato come uno spartiacque. Non solo per l’economia americana, ma per l’intero sistema commerciale internazionale. Le sue conseguenze, come quelle del Covid-19, rischiano di cambiare profondamente i paradigmi della globalizzazione per come li abbiamo conosciuti fino a oggi.
E mentre Wall Street guarda con timore al futuro, la domanda è una sola: il mondo saprà trovare un nuovo equilibrio, o stiamo solo entrando in una nuova era di caos economico?