Trump fa marcia indietro sui dazi: salvi i dispositivi elettronici come iPhone e computer. Ecco perché

Donald Trump esclude smartphone e chip dai dazi "reciproci" per evitare il caro prezzi su prodotti come l’iPhone. Apertura a Xi Jinping, definito "un amico". Intanto cala il turismo europeo verso gli Usa: pesa l’immagine di una frontiera ostile L'articolo Trump fa marcia indietro sui dazi: salvi i dispositivi elettronici come iPhone e computer. Ecco perché proviene da FIRSTonline.

Apr 13, 2025 - 07:34
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Trump fa marcia indietro sui dazi: salvi i dispositivi elettronici come iPhone e computer. Ecco perché
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Donald Trump cerca di limitare i danni. Come riportato da Bloomberg, il presidente americano ha deciso di escludere smartphone, computer, hard disk, processori e chip dalle nuove tariffe “reciproche” introdotte nei giorni scorsi. L’esenzione, pubblicata dall’Agenzia statunitense per la dogana (CBP), riduce in modo sostanziale la portata dei dazi, evitando un’escalation che avrebbe colpito direttamente colossi come Apple e Samsung e, con loro, milioni di consumatori americani.

Ufficialmente, la scelta è dettata da ragioni “tecniche”: si tratta infatti di prodotti che gli Stati Uniti non producono in casa e per i quali non esistono, almeno nel breve termine, alternative manifatturiere interne. Ma dietro questa spiegazione si intravede una motivazione ben più pragmatica: Trump ha capito che un aumento improvviso dei prezzi dei dispositivi elettronici – primo fra tutti l’iPhone, il cui prezzo avrebbe potuto lievitare anche oltre il 50% – avrebbe avuto un impatto immediato e negativo sull’opinione pubblica e sui mercati. Meglio dunque una ritirata tattica, almeno temporanea, per evitare contraccolpi elettorali e finanziari.

Apple era corsa ai ripari: aerei di iPhone contro i dazi

Apple, intuendo il pericolo, si era già mossa. Temendo una corsa agli acquisti e una possibile interruzione nella catena logistica, l’azienda aveva organizzato il trasporto urgente di scorte dagli stabilimenti in Cina e India: ben cinque aerei pieni di iPhone erano decollati nei giorni scorsi verso gli Stati Uniti per garantire la disponibilità dei dispositivi nei mesi successivi all’entrata in vigore dei dazi. Una vera e propria operazione logistica in stile “economia di guerra”, che racconta meglio di qualsiasi analisi quanto fossero concrete e immediate le conseguenze delle decisioni impulsive di Trump.

Ma l’elenco dei prodotti esclusi non si ferma agli articoli consumer. L’amministrazione ha risparmiato anche i macchinari necessari alla produzione di semiconduttori, probabilmente per non scoraggiare i massicci investimenti promessi da aziende come Taiwan Semiconductor e altri grandi attori globali della tecnologia. Un segnale che, anche nel suo nazionalismo economico, Trump è disposto a fare eccezioni quando c’è di mezzo la Silicon Valley.

Trump corteggia Xi, nemici-amici?

La marcia indietro sui dazi arriva mentre Trump – in un registro ormai familiare fatto di ambiguità e autocelebrazione – si mostra più morbido nei confronti della Cina. “Xi è molto intelligente”, ha dichiarato Trump, “è un mio amico, mi piace e lo rispetto. Ma non hanno trattato bene il nostro Paese. Certo, lo incontrerei, penso che arriverà qualcosa di positivo”. Dopo aver portato l’insieme delle tariffe fino a un incredibile 145% – un mix di dazi globali e specifici contro la Cina – ora Trump sembra voler gettare acqua sul fuoco.

Il cambio di tono è evidente: da “America First” a “forse possiamo trovare un accordo”. Il problema è che l’imprevedibilità resta. L’esenzione potrebbe essere solo temporanea, sostituita da un altro tipo di tariffa (forse più bassa, intorno al 10%) nel prossimo futuro. Il presidente americano si barcamena tra l’aggressività di facciata e la necessità di non scatenare una crisi commerciale che gli si potrebbe ritorcere contro politicamente.

Con i dazi meno turisti negli Stati Uniti

Intanto, mentre Trump corteggia Xi, gli effetti collaterali della sua politica economica si fanno sentire. Secondo il Financial Times, i viaggiatori europei verso gli Stati Uniti sono diminuiti del 17% a marzo su base annua, con punte oltre il 20% da Paesi come Irlanda, Norvegia e Germania. Le tensioni politiche e l’immagine di una frontiera ostile hanno scoraggiato turisti e viaggiatori d’affari dal mettere piede nel Paese.