Trump fa marcia indietro sui dazi, ipotesi esenzione per alcuni Paesi

Trump torna all’attacco con dazi selettivi, ma valuta esenzioni; l’Italia prova a tenere il passo tra allarmi per l’agroalimentare e la scommessa diplomatica sui mercati esterni

Mar 24, 2025 - 09:39
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Trump fa marcia indietro sui dazi, ipotesi esenzione per alcuni Paesi

Il 2 aprile Donald Trump tornerà a sventolare la bandiera del protezionismo come fosse il vessillo di una crociata personale. Dimenticare i proclami roboanti: questa volta il copione è più sobrio, almeno in apparenza. Le tariffe non arrivano a pioggia, ma seguono una coreografia ragionata, come un balletto di lame. E c’è la concreta possibilità che alcuni paesi possano essere salvati dalla tornata dei dazi. Il suo non è più solo un manifesto ideologico, è un foglio excel con bersagli evidenziati in rosso.

Trump, l’annuncio di “Liberation Day”

Trump ha ribattezzato il 2 aprile “Liberation Day”. Un nome da kolossal, per un annuncio che si preannuncia meno scenografico: nuove tariffe doganali con portata ampia, ma non totalizzante. Alcuni paesi resteranno fuori dal mirino, altri verranno colpiti. I dazi settoriali, per ora, restano fuori dal menu ufficiale.

Il messaggio agli alleati storici è poco accomodante: chi pretende barriere contro le merci americane sarà trattato con lo stesso rigore. Solo chi lascia aperti i propri mercati e consente agli Usa di esportare più di quanto importi potrà tirare un sospiro di sollievo, almeno per adesso.

Trump ha anche ventilato l’ipotesi di colpire settori specifici come auto, microchip, farmaci e legname, ma non è chiaro se queste misure saranno incluse nella giornata del 2 aprile. L’automotive, in particolare, potrebbe tirare un sospiro di sollievo se l’annuncio verrà rimandato.

Come spesso accade con le decisioni dell’ex presidente, la situazione resta fluida. Fonti interne, scrive Fortune, parlano di continue trattative su come applicare concretamente la misura. Trump insiste personalmente per un inasprimento delle imposte sulle importazioni, viste anche come una fonte di entrate alternative.

Mentre da Washington arrivano segnali tutt’altro che distensivi, Roma gioca d’anticipo. Il piano elaborato dalla Farnesina mira a blindare i rapporti economici con gli Stati Uniti, senza rinunciare a piantare bandierine tricolori su nuove rotte commerciali. Tajani sfodera la mappa dei mercati extra-Ue ad alto potenziale: Sud-est asiatico, America Latina, Golfo, Turchia, Africa, India.

Mercati in allerta

Le borse scrutano i movimenti di Trump, con l’indice azionario che inciampa sulle parole “dazi” e “rappresaglia”. Le precedenti ondate hanno colpito metalli, alleati strategici e concorrenti diretti, lasciando segni evidenti nei grafici. Ora, dalla Casa Bianca arriva un segnale di parziale disinnesco: l’elenco dei paesi nel mirino sarà meno affollato e le tariffe preesistenti, come quelle sull’acciaio, non saranno per forza sovrapposte.

Trump, in origine, sognava una tariffa unica per domarli tutti. Poi ha virato su un piano più “personalizzato”, fatto di contromisure su misura e barriere sartoriali. Tra i nomi che girano nei briefing riservati: Unione Europea, Canada, India, Cina, Corea del Sud, Giappone e Messico.

Bloomberg suggerisce però che Bruxelles potrebbe essere risparmiata da una stangata completa. Le misure allo studio sarebbero flessibili, scalabili, perfino accomodanti in alcuni casi. Un modo per non incendiare troppo velocemente i ponti transatlantici. E per dare un contentino ai mercati, sempre sensibili a ogni variazione di tono proveniente dal fronte statunitense.

Settori italiani a rischio: l’allarme dal comparto agroalimentare

Le possibili ricadute delle nuove misure protezionistiche si fanno sentire in modo particolare sull’agroalimentare italiano. Un’analisi di Cia-Agricoltori Italiani, basata su dati Nomisma, ha rilevato che le regioni più esposte in caso di escalation commerciale con Washington sono la Sardegna e la Toscana. La prima, che produce la quasi totalità del Pecorino Romano, destina quasi la metà del suo export alimentare agli Stati Uniti. La seconda, invece, potrebbe subire perdite rilevanti in virtù dell’elevata incidenza dell’olio e dei vini rossi Dop sul proprio commercio estero.

Tra i prodotti che rischiano di più: il sidro di mele, il Pecorino Romano, il vino bianco del Nordest, i rossi toscani e piemontesi, il Prosecco e l’olio extravergine.

Possibili concessioni e ripensamenti su Canada e Messico 

Tra i dossier aperti figura anche la questione dei dazi verso Canada e Messico, imposti per il presunto mancato contrasto al traffico di fentanyl. L’amministrazione sta valutando se rimuoverli o sostituirli con le nuove misure reciproche.

In passato, lo staff dell’ex presidente aveva valutato una strategia a tre livelli, suddividendo i paesi in base alla gravità delle pratiche commerciali. L’idea è stata poi accantonata.

Gli economisti restano guardinghi. Non è chiaro se la macchina dei dazi porterà effettivamente benzina nelle casse federali o solo nuovi attriti nell’ingranaggio già scricchiolante dell’economia americana. Con l’inflazione che fa capolino e la crescita che fatica a uscire dai box, c’è chi vede più rischio che rendimento in questa nuova stagione protezionista.