Trump cambia strategia: dazi negoziabili sì, ma non con i Paesi “Dirty 15” (l’Europa è tra questi)

Il presidente degli Stati Uniti ha confermato l’entrata in vigore dei dazi a partire dal prossimo 2 aprile, Europa inclusa. Ma si fa strada un’ipotesi. Trump ha lasciato intendere di voler mantenere per gli Usa margini di manovra per eventuali modifiche, pur tenendo alta la guardia sui dazi dei Paesi concorrenti (i “Dirty 15″, come […] L'articolo Trump cambia strategia: dazi negoziabili sì, ma non con i Paesi “Dirty 15” (l’Europa è tra questi) proviene da Economy Magazine.

Mar 25, 2025 - 13:12
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Trump cambia strategia: dazi negoziabili sì, ma non con i Paesi “Dirty 15” (l’Europa è tra questi)

Il presidente degli Stati Uniti ha confermato l’entrata in vigore dei dazi a partire dal prossimo 2 aprile, Europa inclusa. Ma si fa strada un’ipotesi. Trump ha lasciato intendere di voler mantenere per gli Usa margini di manovra per eventuali modifiche, pur tenendo alta la guardia sui dazi dei Paesi concorrenti (i “Dirty 15″, come li chiama lui, che includono Cina, l’Europa dell’Eurozona, Giappone, Corea del Sud, Canada, Messico e Brasile). La mossa suggerisce un possibile cambio di strategia, con la Casa Bianca che potrebbe riconsiderare alcune delle misure annunciate. Il motivo? Evitare contraccolpi e imprevedibili effetti boomerang su settori chiave dell’economia degli Stati Uniti.

Durante un incontro con la stampa alla Casa Bianca, Trump non ha smentito le indiscrezioni secondo cui la sua amministrazione starebbe riconsiderando la strategia sulle tariffe. Anzi, ha lasciato intendere che alcuni Paesi potrebbero beneficiare di condizioni più favorevoli, magari per dividere il fronte europeo e ottenere concessioni più vantaggiose.

Gli Stati Uniti rivedono le scelte, ma insistono sui dazi in Europa

Secondo fonti vicine all’amministrazione Usa, l’idea iniziale prevedeva l’imposizione generalizzata di tariffe elevate su tutti i settori e tutti i Paesi coinvolti, ma la consapevolezza dell’impatto economico ha portato a una revisione della linea d’azione. Le nuove disposizioni sembrano mirare a un’applicazione selettiva delle tariffe, colpendo in particolare le economie con i maggiori surplus commerciali nei confronti degli Stati Uniti, ovvero cosiddetti “Dirty 15”.

L’approccio più cauto potrebbe derivare dalla necessità di proteggere settori strategici come l’automotive, la farmaceutica e la produzione di semiconduttori. Colpire questi comparti con dazi indiscriminati rischierebbe di danneggiare non solo i partner commerciali, ma anche l’economia statunitense stessa, aumentando i prezzi per i consumatori e alimentando l’inflazione.

I dazi di Trump non sono negoziabili in Europa?

Il presidente Trump, a parte i dazi in Europa, ha lasciato intendere che la flessibilità sulle tariffe potrebbe essere utilizzata come leva negoziale. Se i Paesi colpiti decidessero di abbassare o eliminare le loro tariffe nei confronti degli USA, Washington potrebbe fare altrettanto, evitando un’escalation che metterebbe in crisi i mercati globali.

Non a caso da Bruxelles, l’Europa sta cercando di guadagnare tempo sui dati di Trump, rinviando le contromisure in attesa di un possibile compromesso. Il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič, è atteso a Washington per nuovi negoziati, segno che l’Unione Europea potrebbe essere pronta a trovare una soluzione diplomatica per scongiurare una guerra commerciale.

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Dazi incrociati e pressioni geopolitiche

Al di là della questione economica, Trump ha confermato l’introduzione di dazi del 25% per qualsiasi Paese che acquisti petrolio dal Venezuela, con particolare attenzione alla Cina, già bersaglio di precedenti misure punitive. Questo provvedimento si inserisce in un contesto di tensioni geopolitiche, in cui l’amministrazione USA cerca di rafforzare la pressione sul regime di Nicolás Maduro, inasprendo ulteriormente i rapporti con la Cina.

La reazione delle Borse

La reazione dei mercati è stata positiva: le borse hanno accolto con ottimismo la possibilità di un approccio più moderato sui dazi, con rialzi significativi degli indici Dow Jones, S&P e Nasdaq. L’euro, dopo una iniziale flessione, ha recuperato terreno rispetto al dollaro.

 

 

 

 

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