Transizione energetica e Green Deal: gli interventi regionali non possono ostacolare gli obiettivi nazionali ed europei
Con la recentissima Sentenza n. 28 emessa l’11 marzo 2025, la Corte Costituzionale è intervenuta al fine di decidere in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della Legge della Regione Sardegna n. 5 del 3 luglio 2024. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, incardinava il giudizio al fine di ottenere la declaratoria […] L'articolo Transizione energetica e Green Deal: gli interventi regionali non possono ostacolare gli obiettivi nazionali ed europei proviene da Iusletter.

Con la recentissima Sentenza n. 28 emessa l’11 marzo 2025, la Corte Costituzionale è intervenuta al fine di decidere in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della Legge della Regione Sardegna n. 5 del 3 luglio 2024.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, incardinava il giudizio al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’articolo in commento con riferimento all’art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, al Decreto Legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 1° dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, alla medesima direttiva 2018/2001/UE, al regolamento (UE) 2021/1199 del Parlamento europeo e del Consiglio, all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 ed agli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna.
L’articolo 3 contestato introduceva, invero, misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili “nelle more dell’approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d. lgs. n. 199/2021, nonché dell’approvazione del PRS, dell’aggiornamento della strategia per lo sviluppo sostenibile e inoltre dell’aggiornamento, adeguamento e completamento del Piano paesaggistico regionale” indicando, in ogni caso, un lasso di tempo non superiore a diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge regionale.
In altre parole, dunque, si consentirebbe ad una legge regionale di imporre una sostanziale moratoria alle procedure autorizzative e, per l’effetto, un effettivo divieto di realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili ponendosi dunque in critico contrasto con la normativa nazionale che demanda ai decreti ministeriali l’individuazione dei principi e criteri omogenei in materia.
La Corte Costituzionale rileva, preliminarmente, che in materia di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, l’art. 117 della Costituzione prevede la competenza concorrente tra Stato e Regioni osservando che, in ogni caso, l’autonomia statutaria patisce il limite dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato e, nel caso di specie, anche dalla normativa europea.
Richiamando, infatti, la propria sentenza n. 103/2024, la Corte ribadisce di aver ricostruito i tratti essenziali dell’evoluzione normativa nazionale in materia di individuazione delle aree idonee all’installazione degli impianti di energia rinnovabile. Lo stesso D. Lgs. n. 199/2021, invero, è stato adottato al fine di “accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili”, nella prospettiva delineata dal Green Deal europeo.
Il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla normativa europea in materia, infatti, rappresenta una indiscussa priorità al fine di contrastare il cambiamento climatico favorendo la diffusione di fonti energetiche rinnovabili.
Tale normativa, prosegue la Corte, “è frutto di una diversa impostazione rispetto alla più tradizionale disciplina delle aree non idonee. L’individuazione delle aree idonee da parte delle regioni con un intervento legislativo persegue il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli operatori di conoscere in modo chiaro e trasparente le aree in cui è possibile installare impianti FER seguendo una procedura semplificata; dall’altro, di garantire il rispetto delle prerogative regionali che, nel selezionare in quali aree consentire l’installazione agevolata di FER, possono esercitare la più ampia discrezionalità, fermi restando i limiti imposti dallo Stato in termini di classificazione e obiettivi annui di MW da raggiungere, così come stabilito dal d.m. 21 giugno 2024, fino al 2030. Si tratta quindi di una riforma che muta l’approccio rispetto al passato, in quanto prevedendo come inderogabile il raggiungimento di predefiniti livelli di energia da fonti rinnovabili, salvaguarda però al contempo le prerogative regionali in materia paesaggistica, mediante la definizione delle aree idonee con legge regionale”.
La Corte conclude, dunque, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della Legge della Regione Sardegna n. 5 del 3 luglio 2024 in quanto le disposizioni impugnate, se pur evidentemente finalizzate alla tutela del paesaggio, nell’imporre un divieto all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili si pongono in netto contrasto con i principi fondamentali così come determinati dalla normativa nazionale ed europea che, in materia di produzione dell’energia, prevalgono sulle competenze statutarie.
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