The Handmaid’s Tale 6×04 – La Recensione: una necessaria boccata d’aria

Dopo la centrifuga emotiva ricca di colpi di scena che sono stati questi primi tre episodi della stagione conclusiva di The Handmaid’s Tale, questo quarto episodio può apparire come un momento di stasi. Una boccata d’aria prima del grande salto, che si intuisce imminente. Mayday sta pianificando l’attacco contro i comandanti di Gilead, che partirà… Leggi di più »The Handmaid’s Tale 6×04 – La Recensione: una necessaria boccata d’aria The post The Handmaid’s Tale 6×04 – La Recensione: una necessaria boccata d’aria appeared first on Hall of Series.

Apr 15, 2025 - 19:11
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The Handmaid’s Tale 6×04 – La Recensione: una necessaria boccata d’aria

Dopo la centrifuga emotiva ricca di colpi di scena che sono stati questi primi tre episodi della stagione conclusiva di The Handmaid’s Tale, questo quarto episodio può apparire come un momento di stasi. Una boccata d’aria prima del grande salto, che si intuisce imminente. Mayday sta pianificando l’attacco contro i comandanti di Gilead, che partirà da Jezebel, l’inferno delle ex ancelle. Dopo il rocambolesco salvataggio da parte di June con l’aiuto di Nick, Moira e Luke decidono che la loro pelle, tutto sommato, val bene una guerra. Tutti e due sono ansiosi di partire per una missione che rischia di essere suicida: entrambi sono inesperti (Luke non è mai stato a Gilead, Moira non ci torna da anni), animati più dal fuoco partigiano che dal buon senso. 

Un fuoco che rischia di bruciare più innocenti che carnefici. Nel loro piano, Mayday non ha considerato che i comandanti, nel momento in cui si vedranno attaccati, non esiteranno a farsi scudo delle ex ancelle che considerano meno che animali. I “danni collaterali” della guerra, che per la resistenza sono numeri ma che per June e Moira sono sorelle prigioniere. Tra loro c’è anche Janine, e vedere il suo volto e i suoi occhi senza più luce è ciò che motiva le due amiche (che in questo episodio attraversano una grossa frattura) ad affrontare nuovamente il volto bestiale e degradante del regime.

Scendere a Jezebel, un inferno dantesco di violenza e sopraffazione, per poi, forse, risalire.

Il compito di June è, nuovamente, salvare Luke e Moira (anche da loro stessi). “Sono stanca di vivere la tua vita”, le rinfaccia un’animosa Moira, quando si vede soffiare da June la possibilità di andare a Jezebel e avvertire le ex ancelle del pericolo.

Anche Luke, seppur per motivi diversi, non sopporta che sua moglie si metta di traverso alla sua crociata. Come biasimarlo: è rimasto per anni rifugiato in un altro Paese, aspettando e struggendosi nell’attesa di poter riabbracciare sua moglie. Poi ha passato altro tempo, insieme a Moira, a crescere la figlia di June, con un pezzo di cuore sempre con la figlia perduta, Hannah. Ognuno trova le sue motivazioni per fare la guerra: per una nazione libera, per la propria famiglia, per una figlia perduta, per se stesso, perché nessun altro debba soffrire ciò che abbiamo sofferto noi. La quinta puntata di The Handmaid’s Tale potrebbe mostrarci l’improbabile terzetto June/Luke/Moira gettarsi nella mischia e fronteggiare a testa alta il regime. Una scelta da un punto di vista narrativo difficile da gestire perché forse un po’ troppo “ingenua” ma anche incredibilmente romantica. 

A Nuova Betlemme, Serena continua a fiorire come le aiuole di cui si occupava a casa del padre. L’attrazione con il comandante Wharton comincia a farsi sempre più magnetica: in lui Serena vede, forse, una proiezione di ciò che avrebbe voluto vedere in Fred. Un compagno (apparentemente) amorevole, abbastanza progressista da pensare che “Tutti i bambini meritano una possibilità, non solo quelli nati nel privilegio” e sfrontato quel che basta per coinvolgerla in un ballo clandestino in mezzo alla strada. Una relazione, la loro, che potrebbe significare un nuovo inizio per Serena ma che la vedrebbe nuovamente legata (e chissà, forse nuovamente ingabbiata, anche se in mezzo ai fiori di Nuova Betlemme) a un uomo, invece di provare a trovare la sua strada da sola. 

Quello a cui, forse, Rita sta puntando con il suo arrivo nella colonia che rappresenta il volto “presentabile” di Gilead (ammesso che resti così: i tentacoli del regime sono ancora tropo vicini). Rifarsi una vita, semplice e genuina, insieme a sua sorella, da donna libera.

Abbracciati dal buio, prima del grande salto nel vuoto, June e Luke finalmente parlano a cuore aperto, da marito e moglie, anche se “rotti” dall’incolmabile mancanza della figlia Hannah. Il loro rapporto, tenuto insieme dal filo dei ricordi e della lotta, forse non reggerà a un ipotetico futuro di pace, in Alaska o negli Stati Uniti ricostruiti. In The Handmaid’s Tale, la guerra può essere un collante più resistente della pace, quando stare insieme aiuta a sentire meno il vuoto di chi non è presente. Affrontare la battaglia e fronteggiare la morte insieme può ricostruire il loro rapporto oppure spezzarlo del tutto: è un’incognita ma vale la pena tentare, perché i sogni impossibili sono il carburante della lotta.

In una puntata di quasi metà stagione di preparazione, sicuramente meno dinamica delle precedenti, è la presenza di Lawrence a tenere alta l’emozione. Il comandante si dimostra, ancora una volta, uno dei personaggi meglio scritti di The Handmaid’s Tale, nel suo alternare macchiavellismo e profonda umanità, spregiudicatezza e un senso morale sottile ma forte, come quando finge di appartarsi con Janine per sottrarla alle attenzioni degli altri comandanti e darle il disegno che ha fatto sua figlia. Le sue interazioni con i personaggi di Janine e di Angela, verso le quali si pone quasi come un ponte, per non far cadere nella disperazione l’ex ancella ora prostituta, sono pura poesia su piccolo schermo.

La scelta di Lawrence di leggere La piccola principessa, il classico di Frances Hodgson Burnett ad Angela non è casuale. La storia di una bambina nata ricca e privilegiata (ma soprattutto amata) che sprofonda nella povertà e sperimenta l’esclusione sociale è una metafora della condizione di tutte le figlie delle ancelle a Gilead e vedere le parole dell’autore prendere vita nella scena, intima, di lettura davanti al fuoco, fa venire un brivido di malinconia. Lawrence si comporta con la piccola Angela come un padre goffo ma sincero: lo strappo che Gilead ha creato tra lei e sua madre è irricucibile, ma questa dolce e triste storia di fine Ottocento ci porta ad allenare la nostra parte bambina e a pensare che anche i sogni più impossibili si possono realizzare. 

Intanto vi lasciamo con una notizia preziosa per i fan della serie: The Testaments, il SEQUEL di The Handmaid’s Tale, ha ufficialmente ottenuto il via libera da Hulu!

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