Tasse sulle banane, prodotti Dop, pagamenti in ritardo della Sanità e le barriere su cinema e tv: ecco perché Trump vuole i dazi contro l’Italia
Per il tycoon non si tratta di tariffe qualunque ma «reciproche», una risposta a un torto subito. Dal cinema alla tv, dalle dogane agli Ogm: ecco tutti gli «ostacoli» che l'Italia avrebbe alzato contro l'economia americana L'articolo Tasse sulle banane, prodotti Dop, pagamenti in ritardo della Sanità e le barriere su cinema e tv: ecco perché Trump vuole i dazi contro l’Italia proviene da Open.

Un documento di 397 pagine con i Paesi ordinati dalla A alla V, solo perché fino alla Z i dazi americani non hanno colpito. In copertina, sotto l’aquila e la bandiera a stelle strisce, campeggia il titolo: «Barriere estere al commercio». All’interno, Stato per Stato, la Casa Bianca passa in rassegna tutti i presunti ostacoli all’economia americana che, come fosse una naturale conseguenza, sono valsi tariffe «reciproche» aggiuntive. Una sorta di lunga disamina delle motivazioni per cui è giusto per Washington «vendicarsi» degli altri Paesi e pareggiare così i conti. Qui, in 34 pagine, è affrontato per filo e per segno anche il tema dell’Unione europea. Dagli ogm alla difesa, dall’etichettatura del vino fino al cinema e ai diritti televisivi: l’amministrazione Trump sembra aver tenuto nota di ogni singolo «ostacolo persistente» posto da Bruxelles e dai singoli Stati membri. Il primo a essere citato è proprio l’Italia.
La gestione delle dogane e la tassa sulle banane
La prima recriminazione contro Roma risale al 2010, quando le autorità doganali italiane avrebbero preteso il «pagamento retroattivo di dazi doganali» aggiuntivi, a causa della reinterpretazione di alcune norme europee sull’importazione di banane. Una decisione che poi, nel 2017, la stessa Corte di Cassazione avrebbe sanzionato come illecita ordinando la restituzione dei dazi riscossi alle parti interessate americane. Nonostante ciò, si legge nel documento, «le autorità doganali italiane continuano a riemettere alcuni degli accertamenti retroattivi precedenti».
Ogm, Dop e Igp: la protesta contro le etichette esclusive che tagliano fuori l’America
E dalle banane, si passa facilmente alla produzione agricola. Non solo al vino, riguardo a cui Trump lamenta l’impossibilità di utilizzare termini americani (“tawny” o “ruby”) a livello di etichettatura. Ma anche, e soprattutto, nell’ambito di ogm e delle protezioni di indicazioni geografiche. Riguardo alla coltivazione di piante geneticamente modificate, nello specifico di sementi biotecnologiche, l’Italia è uno dei Paesi che ha rinunciato a questa possibilità. Una rinuncia valida, dato che Bruxelles con una normativa comunitaria aveva lasciato ai membri dell’Ue libera scelta in materia per la coltivazione non scientifica. Ma che per Washington è assimilabile a un rifiuto del partner americano, che nel 2023 ha fatturato 67,7 miliardi di dollari solo con la vendita di «biotech seeds». Per quanto concerne le protezioni di indicazioni geografiche, su tutte Dop (denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazioni geografiche protette), la critica è portata su livello dell’equo scambio. Secondo gli Stati Uniti, infatti, la gestione di queste etichette non garantirebbe «un accesso al mercato» a pari condizioni. E, inserendo proprio l’Italia tra i principali artefici di questo esclusivismo, suggerisce la valutazione delle protezioni sulla base di «accordi bilaterali», che possano quindi premiare anche i prodotti americani. Una negoziazione che, secondo Trump, Roma starebbe attivamente ostacolando.
L’industria farmaceutica e i pagamenti «in ritardo» ai fornitori americani
Dall’agricoltura si salta all’industria. Prima quella energetica, in cui le aziende statunitensi avrebbero lamentato «procedure poco chiare e lunghi ritardi», così come ostacoli «legali e burocratici». Condizioni che avrebbero «frenato la loro capacità di richiedere e ottenere licenze o permessi per progetti di investimento nel settore energetico e infrastrutturale in Italia». Un particolare focus è riservato all’industria farmaceutica, europea e italiana: decisioni troppo lente su prezzi e rimborsi, procedure non trasparenti e lo scarso coinvolgimento «di stakeholders americani». Nel nostro Paese, specifica il documento, gli operatori statunitensi troverebbero «un ambiente commerciale imprevedibile» a causa dell’attuazione «molto variabile del governo italiano di complesse politiche di prezzi e rimborsi». Così come i continui ritardi nel pagamento dei fornitori di dispositivi medici, «oltre la soglia stabilita dalla norma europea».
Cinema, tv e libero mercato: la rabbia di Donald Trump
Infine, tra le decine di temi passati in rassegna, c’è anche quello dei diritti televisivi e del cinema. Per Washington è assolutamente inaccettabile il contenuto del Testo unico dei Servizi di media audiovisivi, pubblicato nel novembre 2021 e aggiornato lo scorso anno. In particolare, nel mirino della Casa Bianca ci sarebbe la richiesta che il 50% delle ore di trasmissione ammissibili sia dedicato a opere di produzione europea. E che i canali tv dedichino il 16,6% delle ore a prodotti italiani. Dopo aver snocciolato una serie di altri, dalle percentuali richieste per i servizi on-demand ai cataloghi sui film e le serie finanziate da produttori indipendenti, Donald Trump sottolinea ancora una volta come si tratti di una normativa contraria al libero mercato. Ma soprattutto una legge che ostacola il dominio di Hollywood, e quindi di tutta l’America. E che per questo richiede, così come tutti gli altri «ostacoli» posti all’economia americana, una risposta sotto forma di «tariffe reciproche».
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