Stories Milano, Design Couture
Incontro con un brand cha ha fatto della sostenibilità, dell’eccellenza e dell’individualità la propria cifra stilistica.

Stories Milano è un brand fondato dal designer piemontese Stefano Giordano insieme all’amico Valerio Bemer con lo scopo di approcciare l’universo fashion in maniera innovativa e creativa, celebrando l’eccellenza e l’individualità, alla base dello storytelling c’è la volontà di trasformare l’ordinario in straordinario, la moda che interpreta è capace di ascoltare e osservare il mondo esterno lasciandosi catturare dalla quotidianità. La mission di questo marchio risiede nella capacità creativa applicata all’uso di tessuti di altissima gamma e filati naturali, tutti rigorosamente Made in Italy, lo stilista crea delle capsule che sono delle vere opere d’arte, ognuna di queste può essere personalizzata oppure fatta su misura, il tema della sostenibilità non è complementare al brand, ma fondamentale per un marchio che ha fatto dell’eccellenza eco-frendly la propria linea guida. Ogni creazione è pensata come un diario visivo, dove non si cerca di inseguire le tendenze, ma di cogliere gli stati d’animo, analizzare le stagioni interiori, visualizzare le trasformazioni silenziose, uno stile quello del brand che è immediatamente riconoscibile per la sua pulizia formale e il suo linguaggio discreto, tagli morbidi ma rigorosamente strutturati, volumi fluidi e naturali, un minimalismo con accenti poetici.
Questo particolare approccio alla moda di Stories Milano viene definito dallo stilista “Design Couture” un concetto che va ben oltre la creatività e lo stile, si basa principalmente in un mix perfetto tra eccellenza dei materiali e la loro progettazione, Stories Milano trae ispirazione dal mondo industriale, mantenendo al suo interno un elemento di quel fenomeno estetico noto a tutti come art déco, uno stile che si distingue per la sua sintesi volumetrica, l’aerodinamicità e per il suo carattere forte. La maison non crea solo capsule collection o abiti su misura per uomini e donne, ma collabora spesso con aziende per la creazione di abiti/divisa che abbiano un certo stile e raffinatezza, tra queste collaborazioni citiamo quella con Lavazza, dove attraverso un nuovo microprogetto attento all’italianità e alla valorizzazione dell’artigianalità, ha firmato le divise di sala e cucina per il nuovo San Tommaso 10: lo storico ristorante del Gruppo Lavazza nel centro di Torino, rinnovato dopo un lavoro di restyling, un altro singolare approccio alla moda del marchio del designer piemontese sta nel concetto di Revintage, che è la riedizione di abiti militare vintage.
Per l’occasione, QF Lifestyle ha incontrato Stefano Giordano, co-fondatore e designer di Stories Milano per farsi raccontare qualche dettaglio in più di un brand che ha fatto della sostenibilità, dell’eccellenza e dell’individualità la propria cifra creativa.
Quando ha sentito che il suo futuro sarebbe stato la creazione di abiti?
Sin dai tempi della scuola avevo la vocazione per il disegno, poi le aziende di famiglia mi hanno portato altrove, da pochissimo mi sono ripreso il tempo per ciò che è la mi vera passione, è stato quindi un impulso grafico a farmi decidere di disegnare collezioni di moda inizialmente da uomo. sono partito dalle basi, dai tessuti, carta e penna alla mano, mi sono chiesto se accanto ai Principe di Galles, ai gessati o ai finestrati che da sempre dominano il guardaroba maschile potessero trovar posto altri segni e disegni, rigorosi eppure innovatori, mi è venuto naturale cogliere queste forme geometriche e trasformarle in pattern da stampare o da tessere.
C’è uno stilista in particolare che ha ispirato la sua professione?
L’eleganza di Yve Saint Laurent e il genio di Alexander McQueen ecco di cosa mi nutro.
Che differenza c’è nel suo caso, nel creare abiti su misura, con creare collezioni Prèt-à-porter?
Sono 2 mondi, ho scelto il su misura perché sentivo l’esigenza di arrivare direttamente a dialogare con il cliente finale, da qui la progettazione degli abiti e i croquis, gli schizzi originali da cui scegliere come faceva Maria Callas con Alain Reynaud, lo stilista che Biki, la sarta dell’alta borghesia milanese aveva “scippato” al parigino Jacques Fath, quindi un percorso a due, un dialogo per decidere, oltre il modello, il tessuto, la mia presenza alle prove come una première perché tutto sia perfetto, su misura, artigianale.
Vogliamo approfondire il concetto di Design Couture?
Design Couture è un nome coniato da un mio carissimo amico giornalista di moda (Paolo B.) che quando ha visto i miei disegni che poi sono diventati capi ha definito il mio stile: “Design che declina rigore e decorativismo, un barocco grafico? un’esplosione geometrica? E così stravaganza ed eccentricità sono coniugate con estrema educazione, una bella contaminatio, che dimostra che il latino serve nella moda”.
Quanto è importante la sostenibilità nel suo settore e come si muove in questa direzione?
Per noi la sostenibilità è ormai parte integrante del nostro processo produttivo a partire dal disegno perché è da lì che tutto ha inizio, la responsabilità di noi creativi è quella di disegnare un capo senza tempo di qualità che avrà molte vite tramandato di padre in figlio. Poi c’è tutto il resto, la tracciabilità dei tessuti e dal processo produttivo, animal walfer e responsabilità sociale tutto questo è contenuto nel nostro Manifesto composto da 6 linee guida!
Cosa ne pensa dell’obbligatorietà del passaporto digitale?
Non mi sono mai posto questa domanda.
Quali sono i tessuti con cui ama confrontarsi maggiormente?
Amo le lane e soprattutto la lana merino, quella certificata ZQ la più pregiata, grazie a Reda un importante lanificio biellese ho imparato a conoscere a fondo e sperimentare tessuti tecnologici e sostenibili. Oggi è possibile tracciare tutto il percorso produttivo partendo dalla fattoria in cui è allevata la pecora da cui deriva la lana dell’abito design-couture del mio prossimo cliente.
Che differenza vi è tra un abito su misura, rispetto ad uno di una collezione già pensata e prodotta?
Un abito su misura pensato e disegnato per il mio cliente, sarà unico ed irripetibile proprio come lui, un abito che contraddistingue e celebra la sua personalità, un capo di una collezione se pur di un brand di lusso sarà sempre una dei tanti.
Per la sua professione l’AI è un valore aggiunto, oppure un pericolo?
Non amo dialogare e farmi consigliere da una macchina.
Se potesse creare un abito per un uomo famoso del passato, chi le sarebbe piaciuto vestire e cosa avrebbe creato ad hoc per lui?
Bella domanda, grazie, rispondo Leo Gasperl che nel 1932, ha ottenuto il primato di velocità sugli sci nel c.d. chilometro lanciato, dal 1935 è stato allenatore della squadra nazionale di sci italiana. Un uomo elegante anche sulla neve, avrei disegnato e creato per lui uno smoking per sciare con tessuti tecnici, ma che mantenesse un sapore slanciato ed elegante.
Se potesse scegliere una sua creazione che più delle altre la rappresenta, quale sarebbe?
Non ne ho una in particolare, perché tutte sono diverse, ma con un unico comune denominatore, l’educazione e il rigore, amo l’estetica della misura che non impedisce voli pindarici, ma li tiene a bada, non serve stupire con l’eccesso, perché se arginata, anche l’eccentricità diventa eleganza silenziosa e compone un linguaggio che sa durare nel tempo quanto rinnovarsi.
E’ l’imperfezione a rendere un abito speciale, è d’accordo con questa affermazione?
Un abito diventa speciale quando è dominato dalla persona che lo indossa perché è la persona stessa che si sente speciale con quel capo, anche se non è perfetto.
In alcune interviste fatte ad esperti del settore, sono emersi alcuni concetti, tra questi uno in particolare: “la moda è morta”, cosa ne pensa di questa dichiarazione così forte?
La moda non muore mai, è certo che oggi sta attraversando un momento di crisi di identità, non sono d’accordo sul concetto di fluidità di genere che crea confusione, ritorno al concetto di prima: un capo deve essere riconosciuto per la sua fisionomia, la sua grinta e la sua costruzione, non condivido la logo-mania urlante degli ultimi tempi, preferisco soluzioni silenziose, quasi anonime ma dotate di una normalità speciale.