Stefano Massini, da bimbo isolato a istrione: “Il mio debutto? Imitavo i prof. Il riscatto calcando le scene”

Il drammaturgo cresciuto a Campi: “Facevamo i compiti con le galline sul tavolo”. Il Tony Award la svolta: “Come un sogno: io a Broadway a firmare autografi”

Mag 11, 2025 - 01:38
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Stefano Massini, da bimbo isolato a istrione: “Il mio debutto? Imitavo i prof. Il riscatto calcando le scene”

Firenze, 11 maggio 2025 – Stefano Massini che bambino era?

“Un bimbo molto isolato. Non ero in sintonia con miei coetanei. Mi salvai grazie al teatro”. Stefano Massini e la scuola di scrittura: “Guardate dentro di voi e create parole liberamente”

Ci spiega meglio?

“Mi scoprii capace di raccogliere l’attenzione dei compagni facendo le imitazioni degli insegnanti. Quello fu l’incontro con la scena, con il personaggio. E, infatti, iniziai a fare teatro molto presto, nei primi anni del liceo. Ma già alle elementari, pur essendo un bravo alunno, il periodo più bello in assoluto di tutto l’anno scolastico era la recita di Natale. Aspettavo con emozione quel momento: mi impegnavo, ci mettevo tutto me stesso, insomma ero molto preso”.

Ma perché dice che il teatro l’ha salvata?

“Degli anni della scuola ricordo molto bene le attività teatrali ma ricordo altrettanto bene le angherie dei bulli. Mi ferivano, poi col tempo mi sono reso conto che nella vita possono succedere cose incredibili e paradossali. Uno di questi ragazzi l’ho rincontrato dopo trent’anni. Io facevo già televisione, ero già noto. Lui mi ha riconosciuto, si è avvicinato e, dandomi del lei, mi ha chiesto un autografo. E io, con una certa soddisfazione, ho fatto l’autografo a quel ragazzino che mi aveva reso la vita impossibile”.

Oltre al teatro, Massini-bambino che faceva?

“Andavo in bici. Amavo stare all’aperto, in mezzo alla natura nel verde e tra gli animali. Tutte cose che faccio ancora oggi. Nel tempo libero mi piace andare in mountain-bike - mi rilassa -, praticare trekking, possibilmente dove c’è poco genere umano. Mi piace ‘evadere’ in boschi e pinete, nelle isole. Amo molto l’Arcipelago toscano”.

Ma il Massini ‘pubblico’, quello che conosciamo grazie al palco e alla tv, è tutto letture e conoscenza...

“Nel tempo libero sono l’opposto. Mi piacciono i lavori pratici come la falegnameria, gli interventi da elettricista, il giardinaggio”.

In corteo con lo striscione Insorgiamo della ex Gkn e poi a spalare il fango per la città durante l’alluvione del novembre 2023: come nasce il suo legame con Campi?

“Sono nato in zona Scandicci. Poi i miei genitori si sono spostati verso Le Piagge e alle elementari andavo a San Donnino. Così inizia la mia storia con Campi. Era tutto diverso rispetto a oggi, era un luogo d’inizio di campagna. Con alcuni compagni di classe, figli di contadini, facevamo i compiti con le galline sul tavolo. Era un posto di periferia, non c’erano certo i centri commerciali. Era molto diverso rispetto a oggi”.

Tutto nasce dall’aria di campagna respirata in gioventù?

“La passione prende forma in quegli anni caratterizzati da tanti libri, film, cinema e teatro. Al liceo, ho frequentato il Dante a Firenze, già facevo spettacoli di drammaturgia contemporanea. Per anni, per il compleanno mio babbo mi regalava l’abbonamento alla Pergola: avevamo i posti in galleria, fila F, posti alti, i biglietti costavano meno. Adesso, tutte le volte che salgo su quel palco lo sguardo va dritto a quei posti lassù in alto”.

Cosa rappresenta il teatro per lei?

“È il linguaggio più bello, vero e diretto fatto da persone in carne e ossa per altre persone in carne e ossa. Il teatro che più amo è quello con i piedi nel fango che osa raccontare il presente e le sue storie”.

La storia che ancora non ha raccontato?

“Mi piacciono le storie multiple, quelle che al suo interno hanno altre storie. Ora è un cantiere aperto una grande tragedia shakespeariana: il crollo della prima Repubblica e tangentopoli. Prima o poi la racconterò”.

Ci sono delle letture o degli argomenti particolari che alimentano le sue storie?

“Sono decisamente e orgogliosamente onnivoro. Luca Ronconi, il mio maestro, leggeva di tutto. E per me è la stessa cosa. Quando vado in libreria mi addentro nei reparti più di nicchia curiosando tra libri che parlano di equazioni matematiche, di astronomia e altri argomenti che non sono i miei e per questo mi affascinano di più. ‘Lehman Trilogy’ nasce dal fatto che la storia della famiglia Lehman era nelle pagine di economia del giornale, argomento che io saltavo quotidianamente. Poi però ho voluto capirne di più”.

Ed è arrivato a vincere il Tony Award 2022 per la migliore opera teatrale, unico italiano ad ottenere il premio.

“Quello è stato un momento fondamentale per la mia carriera e per me. Mi pareva di essere dentro un sogno: io a Broadway con 2-3mila persone in teatro, 45 milioni di americani che guardano in diretta tv, insieme a personaggi che fino a quel momento avevo solo visto un tv e... l’autore dell’anno ero io. Incredibile a ripensarci ancora oggi”.

Un dietro le quinte?

“Un aneddoto c’è, risale a qualche giorno antecedente la premiazione. Io non amo molto l’etichetta, mi sposto in bici o moto e vesto sportivo. Però quella era un’occasione importante, molto. La mia amica Kasia Smutniak mi chiede se parteciperò o meno alla cerimonia, ricordandomi che essendo finalista sarei dovuto andare. Poi a bruciapelo mi dice: ‘Non ci andrai vestito da Massini? Ti faccio chiamare da un mio amico, indosserai un abito bellissimo’. L’amico era Armani. È stata una serata memorabile. Il giorno successivo per le strade di New York mi fermavano per congratularsi e chiedermi l’autografo”.

Momenti memorabili italiani?

“Il Premio Tondelli per l’opera originale ‘L’odore assordante del bianco’ nel 2005 è stato il primo, ero agli inizi della carriera. Altro momento importante nel 2007 quando Ottavia Piccolo porta in scena per la prima volta il mio testo ‘Donna non rieducabile memorandum teatrale su Anna Politkovskaja’. Memorabile anche il debutto, a gennaio 2015, di ‘Lehman’ al Piccolo Teatro di Milano con la regia di Luca (Ronconi, ndr). E la grande emozione di vivere Sanremo, di calcare quel palco prestigioso, un luogo di cultura di massa del nostro Paese, con un tema forte come le morti bianche, davanti a 16 milioni di telespettatori. Il mio amico Morandi mi aveva avvisato: ‘Quel palco lì fa effetto’.

Nel mondo dello spettacolo c’è spazio per le amicizie?

“L’ambiente facilita conoscenze, contatti e incontri. Anche a ‘Riserva Indiana’ ho l’occasione per avvicinare tantissimi personaggi. In alcuni casi i rapporti diventano profondi, restano nel tempo, come con Ottavia (Piccolo, ndr) che è praticamente una di famiglia. Così come Corrado Formigli: sono oltre 350 puntate di Piazza Pulita che ci conosciamo!”.