Squatrito, passione senza età. 90 anni di gioia e pallone per il decano degli allenatori
Ha avvicinato alla disciplina intere generazioni di atleti. Per il compleanno è stata organizzata una festa a sorpresa per ringraziarlo del suo impegno

La Spezia, 28 aprile 2025 – Per serietà e stile, lo spezzino Enzo Squatrito si è sempre distinto, brillando, prima da calciatore e poi da allenatore delle squadre giovanili provinciali. Alla festa dei suoi 90 anni, compiuti il 20 marzo, erano in tantissimi (tra gli altri Mattia Biso, Marco Biloni, Mirko Fanan e Sebastiano Fontana, oltre agli assessori Manuela Gagliardi, Cristopher Casati e Giulio Guerri) e svariate centinaia di messaggi (pure quello di mister Sergio Carpanesi) hanno raggiunto il suo cellulare o quello dei suoi figli Luca, Daniele e Patrizia, che hanno organizzato l’evento al Dlf di Fossitermi. Migliaia, impossibile contarli, i giovani calciatori che ha guidato dirigendo le Scuole Calcio di Spezia, Canaletto, Migliarinese, Don Bosco, Inter Club, Ausonia Brin, Vigor e Foce Vara. Nella sua carriera, dal 1952 al 2000, ha cresciuto numerose promesse del calcio nostrano, molti quelli che hanno spiccato il volo, mentre altri purtroppo hanno dovuto appendere le scarpette al chiodo. Tra gli spezzini sulle vette, ricorda con piacere proprio Biso e poi Alessandro Cesarini.
Come è diventato un allenatore di calcio giovanile?
“Fin da ragazzo ho coltivato questa passione, da quando giocavo nella Polisportiva Migliarinese. Perché i miei fratelli maggiori avevano allestito una squadra di giovani calciatori, l’Audax, ed io mi fermavo ad allenargli. Il mio desiderio è sempre stato quello di allenare i bambini, per tentare di trasmettere la mia passione per il calcio, insegnando la tecnica calcistica e la lealtà in campo”.
Qual è la sua filosofia pratica per i giovani calciatori?
“Lo sviluppo del bambino è necessario che sia sempre al centro del progetto. A quella età, il risultato va messo in secondo piano”.
Come si bilancia lo sviluppo tecnico con l’aspetto divertente del gioco?
“Il bambino deve poter imparare divertendosi. Quando è al campo e non pensa ad altro, che tornarci di nuovo per allenarsi. Nessuna forzatura, può essere libero di sbagliare parecchie volte per arrivare a migliorarsi calcisticamente e personalmente”.
Come si gestiscono le diverse abilità e personalità?
“Non è facile, ma durante gli allenamenti e in partita, spetta al tecnico far sentire ogni bambino importante, facendoli giocare tutti e magari dare l’indicazione ai bimbi più dotati di aiutare quelli che lo sono meno, per crescere insieme come un gruppo coeso”.
Qual è il suo approccio alla disciplina e alla motivazione?
“Ho sempre provato ad educare i piccoli, insegnando loro il rispetto e la lealtà in tutte le situazioni, in campo e fuori. E che prima di tutto, il calcio è un gioco. Ho cercato di stimolarli ad un miglioramento continuo, credendo nelle loro qualità”.
Numerosi i suoi successi. Ne racconta qualcuno?
“Aver visto arrivare i miei bimbi al professionismo è per me motivo di grande orgoglio e mi ripaga di tutta la passione che ho messo in questo sport. Perché, come dice il titolo del mio recente libro, ho passato una vita nel Calcio ed il Calcio è stata la mia vita. A livello sportivo oltre ai tanti trofei vinti e premi personali non posso non ricordare i provini sostenuti per la Fiorentina o per squadre che militavano in serie A”.
In che modo si può contribuire allo sviluppo personale dei ragazzi?
“L’allenatore è anche un educatore dei bambini ed io ho cercato di stare al fianco di ognuno di loro, comunicando fiducia nelle proprie qualità in particolare nei momenti di difficoltà”.
Come si gestiscono e si mediano le aspettative dei genitori?
“Quello dei genitori è sempre stato un problema. Devono capire che il bimbo necessita di esprimersi in piena libertà, soprattutto di poter sbagliare un tiro, un passaggio, una parata. Per essere un campione avrà tempo”.
Quali sono le principali sfide di un allenatore di calcio giovanile?
“La maggiore è quella di comprendere che ogni bambino vede la figura del mister come un punto di riferimento, non solo per lo sport ma anche un esempio da seguire nel quotidiano. In alcune occasioni possiamo perfino divenire una figura paterna. Per questi aspetti e responsabilità, tanti tecnici preferiscono allenare gli adulti piuttosto che i giovani”.
Come è cambiata la figura dell’allenatore delle giovanili dai suoi inizi a oggi?
“Forse adesso è sempre più esasperata la ricerca del risultato, il vincere un campionato oppure un trofeo, piuttosto che cercare di far crescere personalmente e tecnicamente il singolo calciatore. Voglio ricordare tra tutti, con tanta stima ed affetto Libero Salvietti, il primo mister che ha creduto nelle mie qualità e mi ha trasmesso tutta la sua passione per questo sport”.