Spalletti: “Ilary Blasi una piccola donna. Il Napoli? Sono andato via per De Laurentiis”
Oggi, martedì 6 maggio, esce per Rizzoli “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, libro autobiografico di Luciano Spalletti, scritto dal commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio insieme al giornalista Giancarlo Dotto. Nel libro – secondo le anticipazioni pubblicate da Corriere della Sera e La Repubblica – ci sono alcuni passaggi in cui l’allenatore ricostruisce senza […]

Oggi, martedì 6 maggio, esce per Rizzoli “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica”, libro autobiografico di Luciano Spalletti, scritto dal commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio insieme al giornalista Giancarlo Dotto. Nel libro – secondo le anticipazioni pubblicate da Corriere della Sera e La Repubblica – ci sono alcuni passaggi in cui l’allenatore ricostruisce senza filtri due fra i momenti più delicati della sua carriera: il litigio con Francesco Totti nel 2017 e l’addio al Napoli nel 2023, dopo la storica conquista dello scudetto.
Spalletti assicura di aver ricomposto il rapporto con l’ex capitano della Roma, ma usa parole durissime nei confronti dell’ex moglie del calciatore, la showgirl Ilary Blasi. “Francesco – scrive il tecnico – per me sarà sempre come un figlio. La sua ex moglie, però, non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente, capii quanto fossi fortunato ad avere accanto una donna intelligente, che non si è mai intromessa con arroganza e maleducazione nel mio lavoro. Può capitare di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei”.
Il riferimento è alla canzone “Piccolo uomo”, che Blasi dedicò proprio a Spalletti nei giorni più turbolenti della polemica fra l’allora suo marito e l’allenatore, colpevole di relegare il campione troppo spesso in panchina. “Molti hanno sostenuto che sono stato io a far ritirare Totti. Falso”, scrive Spalletti. “Il mito di Totti, la bandiera, erano aspetti che andavano gestiti dalla società, non da me. L’avevo chiesto con chiarezza al mio ritorno. Non mi si doveva mandare al massacro in quell’uno contro tutti. Io ho sempre messo in campo la formazione con cui pensavo di vincere, né più né meno. Ma la Sud a un certo punto si è schierata contro di me”.
E ancora: “Se avessi fatto un torto al loro capitano, gente come De Rossi, Strootman, Nainggolan o Maicon mi avrebbe fermato. Non successe”, ricorda Spalletti. “A nulla è servito ribadire, nei mesi successivi, che non sono stato io ad allontanare Totti dalla Roma. Ero disponibile ad assecondare qualunque sua scelta. Per rafforzare questo concetto e ‘liberare’ Totti dal ‘nemico’ Spalletti, ho detto pubblicamente che non avrei rinnovato il contratto con la Roma: mi sono dimesso anche per questo motivo, per evitare che mi fosse addossata una responsabilità che non avevo e che non era giusto darmi. La verità è che, giusto o sbagliato che fosse, il destino del numero 10 a Trigoria era segnato. Ma la verità, si sa, è solo di chi la vuole vedere. Abbiamo sbagliato tutti in quella situazione”.
Interessanti sono anche i passaggi del libro che l’allenatore dedica alla sua esperienza al Napoli, tra il 2021 e il 2023. E qui arrivano riferimenti al veleno per il presidente Aurelio De Laurentiis: “In tutta la mia storia a Napoli – scrive Spalletti – ho giocato due partite contemporanee: quella con gli avversari e l’altra con il presidente”.
“La stagione dello scudetto – ricorda – alla vigilia di una partita difficile, il presidente mi scrisse, secondo lui per motivarmi: ‘Puoi andare dodici punti da solo in testa, carica i ragazzi!’. Aveva aperto il rubinetto dell’acqua calda. Gli risposi: ‘Grazie del prezioso consiglio, presidente, ne terrò conto'”.
Il tecnico riconosce tuttavia De Laurentiis di aver dimostrato il suo amore per il Napoli astenendosi in quelle stagioni dai suoi consueti interventi mediatici. “Fu un silenzio che fece rumore. Il più grande sacrificio per uno come lui, intrattenitore e uomo di spettacolo che ama occupare il centro della scena”, si legge nel libro. “Il Napoli stava marciando alla grande, giocava un calcio bellissimo e riconosciuto nel mondo, tutto filava alla perfezione e lui, uomo arguto come pochi, capì in fretta che tanta bellezza avrebbe trascinato altrettanta economia”.
Ma poi arrivano nuove stoccate. Spalletti rimprovera al presidente di essere “sparito” proprio nel momento dei festeggiamenti per lo scudetto. “L’eccesso di riservatezza lo indusse a non farsi vivo nemmeno con una telefonata per condividere se non altro l’impresa, mentre la città intera impazziva di gioia”, riflette amaro l’allenatore.
Ed ecco spiegata la decisione di lasciare Napoli: “Sono andato via perché non avevo più la voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, a cui la città deve tanto, ma con un ego molto, forse troppo grande”, spiega. “Il presidente era quello che metteva la ceralacca sulle cose, su tutto, che certificava se una scelta era giusta o meno. Ero stanco di fare battaglie per ogni questione. Che fosse dare una maglia ai giocatori che la chiedevano per i loro figli o il dover cambiare gli alberghi di continuo per i motivi più disparati. Anche in questo, il Sultano sapeva sorprenderci”.
“Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa ci volesse per rivincere – conclude Spalletti – alla fine sarei rimasto. In ogni caso, lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli”.
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