“Si nascondono insidie in quello 0,2% fuori dal suo controllo. Ecco cosa rischia ora Chiara Ferragni, altro che ‘rinascita perfetta’”: il retroscena
La premessa è di quelle che dicono tutto, o almeno molto: “Le favole non esistono. Ma so che sto provando a costruire qualcosa di nuovo”. Chiara Ferragni ieri ha annunciato via social di essere diventata azionista di maggioranza della società che controlla il suo brand e di essere pronta a rimettere mano alla sua storia […] L'articolo “Si nascondono insidie in quello 0,2% fuori dal suo controllo. Ecco cosa rischia ora Chiara Ferragni, altro che ‘rinascita perfetta’”: il retroscena proviene da Il Fatto Quotidiano.

La premessa è di quelle che dicono tutto, o almeno molto: “Le favole non esistono. Ma so che sto provando a costruire qualcosa di nuovo”. Chiara Ferragni ieri ha annunciato via social di essere diventata azionista di maggioranza della società che controlla il suo brand e di essere pronta a rimettere mano alla sua storia di imprenditrice. Se la favola sarà o meno a lieto fine è presto per dirlo, perché nonostante Ferragni ora controlli il 99,8% del capitale di Fenice – un’operazione che le è costata 6,39 milioni di euro -, dietro quello 0,2% nelle mani di Pasquale Morgese “si nascondono insidie”. Lo scrive il Corriere della Sera, riscostruendo nel dettaglio lo scontro con i soci Paolo Barletta, fino a poche settimane fa primo azionista di Fenice con il 40% delle quote, e Pasquale Morgese (27,5% del capitale), che nell’ultima infuocata assemblea si era espresso contro l’aumento di capitale proposto dall’amministratore unico della società, il super manager Claudio Calabi.
“Se ne deduce che si è sfilato del tutto il principale socio di Fenice, la società Alchimia di Paolo Barletta, amico di vecchia data di Chiara, che aveva il 40%. E si deduce anche che l’altro storico azionista, l’imprenditore Pasquale Morgese (27,5%), assai critico con la gestione Ferragni-Barletta, avrebbe sottoscritto solo poche azioni, riducendo ai minimi termini di uno zero virgola la partecipazione”, osserva il Corriere. Ma cosa c’è dietro la scelta di Morgese, che alla fine ha partecipato all’aumento sborsando 12mila 800 euro per mantenere lo 0,2% di Fenice? Secondo Repubblica lo avrebbe fatto per “valutare un’eventuale azione di responsabilità”, tesi sostenuta anche dal Corriere, secondo cui “l’unica ragione per cui l’imprenditore calzaturiero le ha ancora in portafoglio sarebbe quella di esercitare determinati diritti del socio”. Dunque, Morgese potrebbe non solo impugnare il bilancio e la delibera di ricapitalizzazione ma anche “promuovere in tribunale un’azione di responsabilità, contro gli ex amministratori Ferragni, Barletta e il direttore generale Fabio Damato per una presunta, e tutta da provare, violazione dei doveri nella gestione di Fenice fino a novembre 2024, quando poi è subentrato Calabi”.
Il nuovo inizio di Ferragni rischia dunque di essere complicato, per quanto la gestione della società sia affidata a Calabi, manager di lunga esperienza considerato uno dei migliori in Italia nell’ambito di ristrutturazioni e rilanci di aziende. Fenice potrebbe cambiare nome, svela il Corriere, e nel frattempo fare i conti con un fatturato passato dai 14 milioni del 2022 agli appena 2 del 2024. “Il futuro di breve termine non si dovrebbe discostare da queste cifre e da un mercato di riferimento fatto di clienti nel settore della pelletteria, make up, gioielleria sempre con un target giovane (15-28 anni) e magari più internazionale”, guardando a realtà dove il “Pandoro gate” e le altre inchieste non hanno intaccato la credibilità della Ferragni. Che da settembre dovrà rispondere in Tribunale a Milano di “truffa continuata e aggravata” e affrontare una vicenda giudiziaria che rischia di essere lunga e complessa. Altro che “rinascita perfetta”.
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