Rigenerazione degli immobili pubblici, la svolta green vale 200 miliardi

Rigenerazione urbana, debito pubblico e transizione ecologica: ecco come gli immobili pubblici possono diventare un’opportunità per rilanciare l’Italia e ridurre le emissioni

Apr 14, 2025 - 21:04
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Rigenerazione degli immobili pubblici, la svolta green vale 200 miliardi

In Italia oltre 44.000 immobili pubblici potrebbero rappresentare una risorsa per affrontare le sfide della transizione ecologica, della rigenerazione urbana e della riduzione del debito pubblico. A dirlo è il più recente rapporto dell’Agenzia del Demanio, secondo il quale il valore complessivo di questi beni ammonta a 62,8 miliardi di euro, ma molti sono sottoutilizzati o in stato di degrado.​

La rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico non è solo una questione ambientale quindi, ma anche economica e sociale. Attraverso interventi mirati, infatti, è possibile ridurre i consumi energetici e abbattere le emissioni di CO₂.

44 mila beni pubblici da rigenerare

L’Italia possiede un tesoro nascosto: oltre 44 mila immobili pubblici, tra fabbricati e aree, dal valore complessivo di 62,8 miliardi di euro. Non solo uffici e caserme, ma anche foreste, aree archeologiche, chiese e persino montagne.

Il 70% di questi beni ha un valore inferiore ai 200 mila euro e molti sono sottoutilizzati o in disuso. Per questo, l’Agenzia del Demanio ha avviato un piano di rifunzionalizzazione, con un investimento complessivo previsto di oltre 4,7 miliardi di euro entro il 2026. Si punta a digitalizzazione, sostenibilità ambientale e collaborazione con i territori.

Solo nel 2023 sono stati avviati 648 interventi, in aumento del 62% rispetto al 2021. Alcuni esempi:

  • la Manifattura Tabacchi di Torino, trasformata in campus culturale;
  • l’ex carcere di Perugia, rinato come Cittadella della Giustizia;
  • l’ex Città dello Sport di Roma Tor Vergata, ripensata come Green City per il Giubileo 2025.

Non si tratta solo di rigenerare edifici, ma di restituire valore alle città, creare spazi pubblici accessibili e ridurre i consumi energetici abbattendo le emissioni di CO₂.

Quanto si risparmia rigenerando?

Il settore edilizio italiano consuma il 42% dell’energia nazionale e produce quasi un quinto delle emissioni di gas serra (18%). Numeri che, secondo diversi report, parlano chiaro: se si vuole affrontare la sfida della decarbonizzazione, dobbiamo partire dagli edifici. E quelli pubblici sono in prima linea.

Oggi il 56% degli edifici pubblici italiani è ancora classificato nelle fasce energetiche più basse (E, F o G), con un preoccupante 24% in classe G. Solo il 4% ha prestazioni eccellenti. In questo modo lo Stato spende ogni anno 50 miliardi di euro solo per i consumi termici ed elettrici.

Per questo il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede che dal 2025 al 2030, almeno il 3% annuo degli edifici pubblici dovrà essere riqualificato. La realtà è però più lenta: nel 2022, il tasso effettivo di riqualificazione si è fermato a solo lo 0,7%. A frenare il cambiamento sono la solita burocrazia, la mancanza di personale tecnico specializzato, la difficoltà di usare i fondi e il ricorso alla logica del cosiddetto “massimo ribasso”, che spesso penalizza proprio qualità e innovazione.

Eppure i vantaggi sarebbero enormi: meno sprechi, bollette più leggere, meno CO₂ nell’aria. Una leva per sbloccare questo potenziale inespresso è Il Partenariato Pubblico-Privato (Ppp): poco usato in Italia, ma capace di accelerare i lavori, ridurre i costi e attrarre innovazione. Secondo gli esperti, è ora di puntarci seriamente.

Rigenerare: 200 miliardi di motivi per farlo

Nel 2025 il debito pubblico italiano supera quota 3.000 miliardi di euro, con una spesa per interessi stimata in 86 miliardi solo nel 2024. Un fardello pesante, che mette a rischio la competitività del Paese. Una risposta concreta potrebbe arrivare proprio dagli immobili pubblici.

Secondo Deloitte, il patrimonio immobiliare dello Stato, stimato in circa 300 miliardi di euro, rappresenta una miniera ancora poco sfruttata. Se valorizzato attraverso un piano di rigenerazione ambizioso, potrebbe generare fino a 200 miliardi di euro di plusvalenza netta, aumentando il valore complessivo fino a 1.100 miliardi.

La strategia proposta da Deloitte è: coinvolgere investitori privati e istituzionali, tramite strumenti come il Partenariato Pubblico-Privato (Ppp) e garantire ritorni su base di mercato. Casse di previdenza, fondi pensione e assicurazioni potrebbero finanziare interventi su immobili oggi in disuso o sottoutilizzati, trasformandoli in spazi produttivi, efficienti e strategici per la collettività.

Questo approccio è descritto come capace di generare due vantaggi:

  • ridurre il debito senza svendere i “gioielli di famiglia”;
  • stimolare la crescita economica, creando occupazione e valore urbano.

Come spiega Deloitte, un edificio pubblico abbandonato in centro città potrebbe essere riconvertito in chiave green: co-working, servizi, spazi culturali, edilizia sociale. Il suo valore aumenterebbe, così come la qualità della vita del quartiere.

Fit for 55: l’importanza degli edifici pubblici

Anche l’Unione Europea ha puntato agli edifici pubblici da rigenerare. Per raggiungere  la neutralità climatica, infatti, ha messo appunto il pacchetto legislativo Fit for 55, che mira a ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Questo obiettivo è parte integrante del Green Deal europeo, che punta a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.

Tra le misure chiave del pacchetto, spicca proprio la revisione della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, che stabilisce:

  • dal 2030, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero;
  • gli edifici esistenti dovranno essere ristrutturati per diventare a emissioni zero entro il 2050;
  • per gli edifici non residenziali, sono introdotti standard minimi di prestazione energetica, con l’obiettivo di eliminare gradualmente quelli con le peggiori performance.

Le direttive impongono agli Stati membri di accelerare la riqualificazione del proprio patrimonio edilizio, con particolare attenzione agli edifici pubblici, che rappresentano una quota significativa del totale.

Per l’Italia, dove oltre il 56% degli edifici pubblici si trova nelle classi energetiche più basse, la sfida è doppia: da un lato, adeguarsi agli standard europei; dall’altro, cogliere l’opportunità di valorizzare un patrimonio immobiliare spesso sottoutilizzato. C’è anche chi teme questo approccio, perché alcuni di questi standard hanno un costo elevato e renderebbero difficile la costruzione o le future ristrutturazioni degli edifici.

Al momento quello che è certo è che l’Italia dovrebbe investire 80-100 miliardi di euro all’anno per i prossimi 5-10 anni per restare competitiva e alla pari. Forse un obiettivo lontano, ma non impossibile se il risultato è comunque una rivalutazione complessiva fino a 1.100 miliardi di euro.