Per superare quarant’anni di neoliberismo serve una nuova battaglia delle idee

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Apr 2, 2025 - 07:42
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Per superare quarant’anni di neoliberismo serve una nuova battaglia delle idee

Per gentile concessione dell’autore e della casa editrice, pubblichiamo di seguito un estratto di “Il neoliberismo è vivo e lotta contro di noi. Il peso delle idee per il cambiamento della società“, pubblicato dall’attivista e giornalista Luigi Pandolfi per Pensare il Mondo, la nuova collana di Infinitimondi per leggere criticamente il tempo presente e aprire uno slargo di orizzonte sul futuro.


Quarant’anni di neoliberismo hanno distrutto la società e fatto esplodere le disuguaglianze, consegnando tutto il potere nelle mani di un club esclusivo di super-ricchi che prospera all’ombra di un’economia sempre più assoggettata alle logiche della speculazione finanziaria. A dispetto di questa realtà tutt’altro che razionale, nondimeno, le classi dominanti sono state capaci di infondere nella coscienza collettiva l’idea che a tale stato di cose non ci siano alternative. […] Ma anche che il compito dei governi sia in ultima analisi solo quello di garantire condizioni ottimali all’esercizio dell’intrapresa privata, dal cui successo dipenderebbe l’avanzamento di tutta la società.

«Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse. Noi non ci rivolgiamo alla loro umanità, ma al loro egoismo e con loro non parliamo mai delle nostre necessità, ma dei loro vantaggi», avrebbe meglio detto il vecchio Adam Smith. Ciò che qualche secolo dopo, ma con più raffinatezza – e con l’aiuto della matematica – sarebbe diventato il mantra degli economisti cosiddetti “neoclassici”: l’individuo, che in questo caso coincide con l’impresa, tendendo alla massimizzazione del profitto, contribuirebbe al benessere dell’intera società, in un quadro di mercati equi ed “efficienti”. Un mondo fatato, nel quale le classi sociali scompaiono, e con loro lo sfruttamento del lavoro e l’iniqua distribuzione del prodotto sociale. Rimangono i produttori e i consumatori con i loro comportamenti, naturalmente “razionali”. […].

il neoliberismo è vivo luigi pandolfi
La copertina di “Il neoliberismo è vivo e lotta contro di noi”, di Luigi Pandolfi © Associazione Infiniti Mondi

Ma non è stato sempre così. O non proprio. […] il Novecento è stato il terreno di un duro scontro tra il politico e l’economico. Ma anche di una contesa fruttuosa tra contrapposte visioni della società e dell’economia. Secolo della rivoluzione proletaria e di grandi lotte sociali, del tentativo di costruzione di società socialiste, liberate dal dominio del mercato e dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, nei paesi a capitalismo avanzato ha visto l’affermarsi di quello che comunemente viene chiamato il “compromesso keynesiano”, tra ricerca della piena occupazione, crescita economica e dei profitti, stabilità dei prezzi e forme sempre più efficaci di protezione sociale.

Eppure, quando si dice, con un certo compiacimento, che “il Novecento è ormai finito”, quasi sempre si pensa alle pagine negative che l’hanno tragicamente segnato (guerra, totalitarismo, campi di sterminio). E si tira un sospiro di sollievo. Anche adesso che il rischio di una nuova guerra planetaria incombe sull’umanità. Sono pochi, infatti, nel discorso pubblico, quelli che nella fuoriuscita dal Novecento vedono il segno di ciò che abbiamo perso. Come la convinzione – e la speranza – che il progresso avrebbe ineluttabilmente accorciato le distanze tra gli uomini e tra i paesi, tra i continenti. Distanze di reddito, nell’accesso al benessere.

Perché così erano andate le cose fino ad un certo punto: per decenni le nuove generazioni sono cresciute nell’idea (e nella prospettiva) che la loro vita sarebbe stata migliore di quella dei loro padri. Invero, sia il progresso tecnologico che la cosiddetta “globalizzazione”, sono stati determinanti nella riduzione dei divari di reddito “tra paesi”, quindi delle disuguaglianze su scala globale. Ma a questi passi in avanti oggi fa da contraltare una più iniqua, e a volte scandalosa, distribuzione dei redditi all’interno dei singoli paesi (l’inversione di tendenza è maggiormente visibile nei paesi avanzati, ovviamente).

Le cause? Scelte politiche che hanno anteposto il privato al pubblico, la competizione ai diritti collettivi, il profitto alla sicurezza sociale, gli interessi del capitale ai diritti del lavoro, la finanza alla produzione reale. Il prodotto, in sintesi, della lotta di classe alla rovescia, dall’alto verso il basso, che è stata anche lotta, vincente, per l’«egemonia» ideologica e culturale delle classi dominanti. 

[…] A proposito di alienazione, invece, appare ormai chiaro che i processi tecnologici e capitalistici in atto ne abbiano accentuato i tratti pervasivi e disumanizzanti. Siamo più alienati oggi che al tempo di Marx, o della grande fabbrica tayloristica, ma tutto appare, ovvero ci viene fatto apparire, più “naturale” e più libero, dentro un contesto narrativo sempre più totalitario. Potenza della tecnica, che in questo caso significa algoritmi, internet, social network, community.

Tutto ciò che negli ultimi due decenni ha fatto da supporto alla costruzione di una forma molto più subdola di dominio del capitale, in quanto esercitato col consenso manipolato dei sottoposti. Ci sentiamo liberi e creativi sui social, nel nostro isolamento lavorativo cosiddetto smart, nel nostro essere sempre connessi, nelle nostre comunità virtuali, senza accorgerci di essere ingabbiati dentro una grande macchina che lavora per gli interessi di una minuscola minoranza della società. […] Per questo, accanto alle lotte sociali, serve una nuova battaglia delle idee.

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