Olio vegetale, come garantirne la sostenibilità ed evitare la deforestazione
Garantire una produzione di olio vegetale sostenibile e non soggetta a deforestazione è fondamentale per proteggere gli ecosistemi ricchi di carbonio e mitigare i cambiamenti climatici.

Da una parte c’è l’attenzione alla salute, con la dieta EAT-Lancet e il richiamo ad un maggior consumo di alimenti di origine vegetale, anche sul fronte delle proteine, come strategia per limitare sovrappeso, malattie metaboliche, patologie cardiovascolari e non solo. Questo modello prevede tra l’altro una riduzione degli alimenti ad elevato impatto.
Dall’altra ci sono i bisogni del pianeta e la sostenibilità. Nel mezzo ci sono le scelte che dovranno consentire di conciliare tutti questi aspetti, alla luce di previsioni che dicono come entro il 2050 la produzione globale di olio vegetale per uso alimentare aumenterà del 74%, richiedendo 317 milioni di ettari di terreno in più. Con un incremento del 68% rispetto al mantenimento degli attuali livelli di consumo.
Ad offrire indicazioni per affrontare questa sfida è una ricerca pubblicata su Global Change Biology, che mette in evidenza l’impatto dell’aumento del consumo di olio vegetale nell’ambito della dieta EAT-Lancet sull’uso del suolo globale, sulla deforestazione e sulle emissioni di gas serra. In particolare lo studio, intitolato “Pressure on Global Forests: Implications of Rising Vegetable Oils Consumption under the EAT-Lancet Diet”, esamina le potenziali conseguenze del cambiamento dei modelli dietetici raccomandati dalla Commissione EAT-Lancet. La ricerca è stata coordinata da Maria Vincenza Chiriacò del CMCC, con il contributo di M. Cristina Rulli e Nikolas Galli del Politecnico di Milano, oltre che di Melissa Latella del CMCC. I ricercatori del CMCC sono impegnati a studiare i legami tra produzione alimentare, sostenibilità e cambiamenti climatici. Attraverso progetti come FOODCLIC e SWITCH, forniscono risultati scientifici a sostegno di scelte alimentari consapevoli e sostenibili.
Dieta e ambiente
L’approccio prevede un’alimentazione che punti a migliorare la salute dell’individuo garantendo un adeguato fabbisogno nutrizionale e prevenendo le patologie croniche. Ma non bisogna dimenticare che un’alimentazione adeguata deve essere anche sostenibile, ovvero come anche ribadito dalla EAT-Lancet Commission (gruppo di lavoro che ha visto la partecipazione di ricercatori di 16 diversi Paesi) e soprattutto sana e rispettosa delle risorse naturali e della biodiversità.
L’obiettivo deve essere duplice: da un lato favorire la disponibilità di cibo sicuro per chi lo consuma e per il pianeta, dall’altro offrire un’alimentazione equamente disponibile che garantisca a tutti un adeguato apporto di nutrienti. In particolare, nell’ambito di per una potenziale dieta “globale”, un piatto tipo dovrebbe comprendere per una metà frutta e verdura, per l’altra metà per lo più cereali integrali, proteine di origine vegetale, acidi grassi insaturi, ed eventualmente modeste quantità di proteine di origine animale.
La “dieta planetaria” proposta mira a ridurre il consumo di alimenti ad alta intensità di risorse, come carne e uova, aumentando al contempo l’assunzione pro capite globale di oli insaturi (come soia, girasole e colza) del 67% e mantenendo gli attuali livelli di consumo di olio di palma. Mentre la dieta EAT-Lancet quindi prevede una riduzione di alimenti ad alto impatto, liberando potenzialmente terreno, la sostituzione dell’olio di palma con oli vegetali alternativi aumenterebbe ulteriormente la richiesta di nuovo terreno fino a 385 milioni di ettari, peggiorando i rischi di deforestazione.
L’impatto sull’ambiente
Garantire una produzione di olio vegetale sostenibile e non soggetta a deforestazione è fondamentale per proteggere gli ecosistemi ricchi di carbonio e mitigare i cambiamenti climatici. Utilizzando un algoritmo di allocazione dei terreni spazialmente esplicito, lo studio valuta come la popolazione globale di 9,2 miliardi di persone prevista entro il 2050 potrebbe influenzare la domanda di oli vegetali e i relativi impatti ambientali sugli ecosistemi ricchi di carbonio e sulle emissioni dovute al cambiamento di destinazione dei terreni. Entro il 2050, si prevede che la produzione mondiale di olio vegetale per uso alimentare aumenterà del 74%, richiedendo 317 milioni di ettari di terreno – il 68% in più rispetto a quanto accadrebbe se si mantenessero gli attuali livelli di consumo.
Questa espansione potrebbe portare a una deforestazione su larga scala, con la perdita di 120 milioni di ettari di foreste e un aumento dell’87% delle emissioni dovute al cambiamento di destinazione d’uso dei terreni, che raggiungerebbero 1.210 megatonnellate di CO₂ all’anno.
Tuttavia, la riduzione proposta dalla dieta EAT-Lancet di altri alimenti ad alto impatto potrebbe contribuire a liberare terreno e a ridurre le emissioni globali legate all’alimentazione. Lo studio, in particolare, punta l’attenzione sulla sostituzione di olio di palma con oli vegetali alternativi che aumenterebbe ulteriormente la richiesta di nuovi terreni fino a 385 milioni di ettari, aumentando il rischio di deforestazione. Per mitigare questi impatti, garantire una produzione di olio vegetale sostenibile e senza deforestazione è fondamentale per proteggere gli ecosistemi ricchi di carbonio. Insomma, la ricerca, sulla scorta di lavori precedenti sul tema, evidenzia che sostituire l’olio di palma con oli alternativi potrebbe avere conseguenze ambientali non volute, tra cui un aumento della pressione sull’uso del suolo, della deforestazione e delle emissioni di gas serra.
L’attenzione agli oli sostenibili
“Uno dei risultati principali di questo studio evidenzia il ruolo cruciale di garantire una produzione sostenibile per tutti gli oli vegetali, insieme alla crescente importanza degli schemi di certificazione per catene di approvvigionamento prive di deforestazione”
segnala l’autrice principale Maria Vincenza Chiriacò, responsabile della linea di ricerca sulla neutralità climatica nel settore dell’uso del suolo e in relazione agli obiettivi di politica climatica presso il CMCC.
“Secondo la Roundtable sull’olio di palma sostenibile, 4,8 milioni di ettari – circa il 19% della produzione globale di olio di palma – sono certificati come sostenibili, il che significa che non contribuiscono alla deforestazione provocata dall’agricoltura. Espandere gli sforzi di sostenibilità all’intero settore dell’olio di palma e ad altri oli vegetali è essenziale per prevenire la perdita di biodiversità e la conversione di terreni ricchi di carbonio, garantendo così un consumo sostenibile di olio nelle nostre diete”.
Questo studio fa luce sull’impatto, spesso trascurato, della produzione di olio vegetale sulla conversione dei terreni e sulla deforestazione. Inoltre, esplora le conseguenze ambientali della sostituzione dell’olio di palma – un tema su cui la letteratura scientifica attuale è carente – fornendo nuovi spunti di riflessione sui compromessi necessari per passare a un sistema alimentare globale più sostenibile.
“I nostri risultati sottolineano che la crescente pressione sulle risorse terrestri e sugli ecosistemi richiede un’azione immediata per garantire che l’espansione agricola non avvenga al prezzo del degrado ambientale – commenta M. Cristina Rulli, professoressa di idrologia e sicurezza alimentare e idrica al Politecnico di Milano. Politiche efficaci dovrebbero allineare la crescita economica con la conservazione dell’ambiente, incoraggiando metodi di produzione sostenibili e comportamenti consapevoli dei consumatori per contribuire a proteggere il nostro pianeta per le generazioni future”.