Obbligo di bonifica dei siti inquinati, Edison contro l’Italia alla Cedu. I Movimenti per l’acqua: “Un pericolo”
Edison ha intentato davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo due cause contro lo Stato italiano e gli obblighi imposti alla società di provvedere alle bonifiche dei siti nazionali inquinati di “Bussi sul Tirino” (Pescara) e “Laghi di Mantova e Polo chimico“. E la Cedu le ha ritenute entrambe ammissibili, riunendo i due […] L'articolo Obbligo di bonifica dei siti inquinati, Edison contro l’Italia alla Cedu. I Movimenti per l’acqua: “Un pericolo” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Edison ha intentato davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo due cause contro lo Stato italiano e gli obblighi imposti alla società di provvedere alle bonifiche dei siti nazionali inquinati di “Bussi sul Tirino” (Pescara) e “Laghi di Mantova e Polo chimico“. E la Cedu le ha ritenute entrambe ammissibili, riunendo i due procedimenti in un unico fascicolo e chiedendo allo Stato di depositare una propria memoria. Al centro della causa, due storie travagliate dalle quali sono scaturiti processi penali e amministrativi, ricorsi e sentenze con le quali si ordina a Edison di provvedere. A Bussi nel 2007 è stata scoperta la discarica di veleni più grande d’Europa, quasi 190mila metri cubi di inquinanti, come metalli pesanti e cloroformio. Lì, secondo le ricostruzioni, sono state sepolte le sostanze tossiche prodotte nel polo chimico. Le attività sono iniziate agli inizi del secolo scorso con la Società Elettrochimica Volta, nel 1966 il sito è passato in mano a Montedison e poi alle sue controllate, tra cui Edison. Le discariche individuate in realtà sono tre: la TreMonti di circa 35mila metri quadrati sotto il cavalcavia dell’autostrada, dove Edison è partita con la bonifica, la 2A e 2B, rispettivamente di 12mila e 8mila metri quadrati, a ridosso del centro abitato e dove si è ancora nella fase della messa in sicurezza. A Mantova, invece, è in corso un altro processo per le omesse bonifiche del Sin che vede coinvolte Edison, Versalis e Syndial. In entrambi i casi (Bussi e Mantova) la società ritiene che, con le azioni intraprese, lo Stato italiano abbia violato i diritti fondamentali dell’azienda, ad esempio il diritto di proprietà, obbligandola a bonificare anche per contaminazioni che risalgono ad anni in cui, secondo Edison, non ci sarebbero state normative specifiche. E così ha fatto causa.
Il Forum H2O: “Un precedente pericoloso” – “Ma si è ben guardata dal divulgare la notizia” commenta a ilfattoquotidiano.it Augusto De Santis, portavoce del Forum dei Movimenti per l’Acqua che, sulla vicenda, organizza una conferenza il 27 marzo, presso la sede della Cgil di Pescara. Secondo il Forum H2O si tratta di “una causa estremamente delicata, anche se del tutto infondata”, in quanto mette in dubbio principi fondamentali che riguardano potenzialmente non solo Bussi e Mantova, ma tutti i siti italiani con contaminazioni storiche, per un valore delle bonifiche di diversi miliardi di euro. “Non sapevamo nulla dell’azione intrapresa da Edison e contro cui può costituirsi solo l’Avvocatura dello Stato ma, non appena l’abbia scoperto, abbiamo chiesto di poter intervenire. L’unico modo in cui abbiamo potuto farlo – spiega a De Santis – è stato quello di depositare una nostra memoria, rispondendo a domande specifiche che ci ha posto la Cedu”.
A Bussi, tra sentenze penali e civili – A Bussi, la scoperta dei tre siti ha dato il via al procedimento penale nei confronti di 19 persone, soprattutto dirigenti e tecnici legati al polo chimico, accusate di disastro ambientale. Nel 2014, il processo di primo grado si è concluso con l’assoluzione degli imputati. Nel 2017, in Appello, sono state invece condannate dieci persone. Ma nel 2018 la sentenza è stata nuovamente ribaltata: la Corte di Cassazione ha assolto tutti, sei imputati per effetto della prescrizione. Per quanto riguarda la giustizia amministrativa, sono cinque le ordinanze della Provincia contro cui Edison, negli anni, ha fatto ricorso davanti a Tar, Consiglio di Stato e Cassazione. Da anni la società sostiene di non essere responsabile per le discariche 2A e 2B e delle zone limitrofe ma, dopo una serie di sentenze e ricorsi amministrativi, la Corte di Appello ha stabilito con una sentenza storica che il colosso debba occuparsi anche delle bonifiche in quelle aree e, nel 2021, anche la Corte di Cassazione ha respinto l’ultimo ricorso chiudendo ogni spiraglio. Nel frattempo, mentre per la discarica TreMonti la bonifica è in uno stadio avanzato, per gli altri due siti si procede a rilento. E non ha certo aiutato, nel 2020, la decisione del ministero dell’Ambiente di annullare la gara d’appalto (da 38 milioni di euro) aggiudicata a febbraio 2018 per la bonifica delle altre due aree. Di fatto, solo a gennaio 2024, il ministero dell’Ambiente ha firmato il contratto per l’intervento da 42 milioni, ma considerando anche la TreMonti, si parla di centinaia di milioni di euro. Cifra che, per Edison, va ad aggiungersi al risarcimento in sede civile. “Nel 2019, infatti, ministero dell’Ambiente e Regione Abruzzo hanno chiesto 1,5 milioni di euro tra danno ambientale e danno d’immagine” ricorda De Santis.
La causa intentata da Edison – A Mantova, invece, nel 2022, sono stati rinviati a giudizio 14 dirigenti e tre aziende del petrolchimico (Versalis, Edison e Syindial) con l’accusa di inquinamento ambientale e omessa bonifica. Reati articolati in 43 capi di imputazione per descrivere l’inquinamento da idrocarburi e da mercurio provocato dalle varie aziende petrolchimiche che si sono succedute fino ai primi anni ’90 nella zona industriale alle porte di Mantova, in riva ai laghi. In particolare, nel mirino della Procura è finita la cosiddetta “collina dei veleni“, mille ettari di terreno dove è stata individuata la presenza di rilevanti quantitativi di sostanze tossiche. “Anche qui, contro le ordinanze della Provincia di Mantova che le imponeva di bonificare una parte dell’area Sin, Edison ha fatto ricorso davanti al Tar e al Consiglio di Stato. Ha perso e ora si è rivolta alla Cedu” aggiunge De Santis. Edison, ritenuta responsabile della contaminazione di alcune aree del sito di Mantova, sottolinea di aver smesso di operare sul sito nel 1991. E, come nel caso di Bussi, sostiene che prima del 1997 non esistevano nell’ordinamento italiano i concetti di “sito inquinato” o di “bonifica”. Insomma, secondo Edison non c’è alcuna interpretazione che consenta di applicare in senso retroattivo la disciplina in materia di bonifica, a fatti avvenuti prima del 1997. E, secondo l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo “nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale”.
Il Forum H2O: “Sui rifiuti normative in vigore dagli anni Trenta” – “In tutti questi anni, anche davanti al Tar e al Consiglio di Stato, Edison ha sostenuto che negli anni Sessanta non ci fossero leggi specifiche che oggi impediscono alcune condotte. Nella nostra memoria spieghiamo che così non è. In realtà, fin dagli anni Trenta – spiega De Santis – sia nel codice penale, sia in quello civile, esistono norme che impongono di gestire i rifiuti secondo alcuni criteri”. Resta il timore per le ripercussioni che può avere la causa nel Paese con circa 30mila siti contaminati e una giurisprudenza granitica sulle contaminazioni storiche. “Se dovesse passare il principio invocato da Edison, ossia che le contaminazioni storiche non trovano un responsabile – commenta De Sanctis – sarebbe gravissimo. Tutte le aziende rincorrerebbero questa scappatoia”.
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