Nessun obbligo di ripianare le perdite in capo al socio
È nulla per impossibilità dell’oggetto la delibera assembleare che imponga ad un socio di una s.r.l. di ripianare le perdite sociali. Così si è pronunciato il Tribunale di Milano, con una sentenza dell’11 luglio scorso, al termine di un giudizio introdotto da una società a responsabilità limitata nei confronti del socio di minoranza al fine […] L'articolo Nessun obbligo di ripianare le perdite in capo al socio proviene da Iusletter.

È nulla per impossibilità dell’oggetto la delibera assembleare che imponga ad un socio di una s.r.l. di ripianare le perdite sociali.
Così si è pronunciato il Tribunale di Milano, con una sentenza dell’11 luglio scorso, al termine di un giudizio introdotto da una società a responsabilità limitata nei confronti del socio di minoranza al fine di ottenere la condanna di quest’ultimo a ripianare le perdite sociali.
La vicenda trae origine dal rifiuto del socio di minoranza di attuare una delibera assembleare della società (adottata a maggioranza, sebbene senza la partecipazione del socio di minoranza stesso) con la quale si era stabilito che il solo socio di minoranza avrebbe dovuto ripianare le perdite della società, il cui capitale si era ridotto di oltre un terzo. A fronte di tale rifiuto, la società agiva giudizialmente per ottenere la condanna del socio di minoranza al versamento dell’importo deliberato e ritenuto necessario per la ricapitalizzazione della società stessa.
Il Tribunale, però, ha rigettato la domanda attorea mancando qualsivoglia titolo giustificativo della pretesa, che “troverebbe la sua asserita causa petendi nell’obbligo del socio di una società a responsabilità limitata di ripianare le perdite sociali”, nonostante sia noto che nel nostro ordinamento non vi è alcuna disposizione che imponga ad un socio di s.r.l. di ripianare le perdite, neppure in caso di riduzione del capitale di oltre un terzo.
In tale ultima ipotesi, infatti, l’art. 2482-ter c.c. impone all’organo amministrativo di convocare, senza indugio, l’assemblea dei soci per deliberare la riduzione del capitale e contemporaneamente l’aumento dello stesso al fine di ristabilire il capitale minimo previsto ex lege, rispetto al quale “i soci possono esercitare il diritto di opzione”.
In generale, infatti, indipendentemente dalle ragioni che hanno portato a deliberare un aumento di capitale, i soci possono discrezionalmente aderire allo stesso e sottoscriverlo, esercitando il “diritto di opzione” loro attribuito, che, tuttavia, costituisce appunto un diritto – e non un obbligo – per il socio. Conseguentemente, l’eventuale mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale non può, in nessun caso, ripercuotersi sulla sfera patrimoniale del socio che può tutt’al più essere diluito e, dunque, vedere ridursi la propria percentuale di capitale sociale detenuto in ragione della mancata adesione, ma certamente non può essere obbligato a sottoscrivere l’aumento di capitale deliberato, qualsivoglia sia la ragione dello stesso.
In virtù di tale principio, il Tribunale dichiarava “nulla” la delibera assembleare assunta in violazione del suddetto principio e delle specifiche prerogative patrimoniali-personali dei soci “per impossibilità giuridica dell’oggetto ex art. 2379 c.c.” e rigettava, dunque, la domanda della società attrice.
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