Nato, Groenlandia e non solo. Ecco i veri piani di Trump e Vance
Mosse, annunci e strategie dell'amministrazione Trump su Nato, Groenlandia e non solo. L'approfondimento di Francesco D'Arrigo

Mosse, annunci e strategie dell’amministrazione Trump su Nato, Groenlandia e non solo. L’approfondimento di Francesco D’Arrigo
La domanda che sta assillando l’Europa e che sta facendo passare notti insonni ai Capi di governo ed ai cittadini europei (ed americani), rimane sospesa e senza una risposta univoca: cosa vuole davvero il presidente Trump e fino a quando l’Europa potrà contare sulle garanzie di sicurezza degli Stati Uniti?
Molti, scioccati dai provvedimenti adottati dalla Casa Bianca, così come i politici che condividono il programma e l’ideologia nazionalista-isola
Le ripetute minacce del presidente Trump, sostenute da una larga parte del partito repubblicano, di voler annette
Il 28 marzo 2025, il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance, accompagnato dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz e dal segretario all’Energia Chris Wright, si è presentato davanti alle truppe americane nella base della Space Force di Pituffik, un remoto avamposto della costa occidentale della Groenlandia. Una presenza preceduta da forti polemiche e tensioni con le istituzioni danesi e groenlandesi, che hanno costretto la delegazione statunitense a modificare il programma della loro “visita di cortesia”, restringendolo ad una ispezione alla base ed un incontro con il contingente militare. Davanti alle truppe schierate, il vicepresidente Usa ha pronunciato un altro dirompente discorso, alimentan
La Danimarca teme che le pressioni americane contro la Groenlandia abbiano come obiettivo primario l’
Di fronte a questa incertezza, sia il Canada che la Danimarca stanno cercando di rafforzare i propri legami con la Nato, i propri vicini artici e le potenze europee.
Oltre ad aver aderito alla Nato sin dalla sua fondazione, il 27 aprile 1951 la Danimarca firmò un ulteriore accordo di difesa con gli Stati Uniti, che ha permesso di consolidare la presenza militare americana in Groenlandia, in particolare con la costruzione della base aerea di Thule (recentemente diventata base spaziale di Pituffik) che da quel giorno ospita un contingente statunitense, che ha integrato l’isola nel sistema Nato. Quell’accordo conferisce agli Stati Uniti ampi diritti militari sul territorio della Groenlandia.
Tuttavia, con lo scioglimento dei ghiacci, il dominio artico si sta trasformando sia dal punto di vista ambientale che strategico. Stanno diventando sempre più accessibili alle estrazioni i giacimenti minerari di materie prime critiche che si sono formati grazie alla diversità degli ambienti geologici della Groenlandia, conseguentemente le opportunità del loro sfruttamento stanno catalizzando l’interesse delle maggiori potenze mondiali, inclusa l’Europa. Possibilità di sfruttamento che è assolutamente garantita per gli Stati Uniti, proprio grazie all’accordo del 1951 con la Danimarca ed al Trattato Atlantico. La premessa di quell’accordo di difesa si basa sul fatto che la Danimarca non può difendere da sola tutto il territorio e le acque territoriali groenlandesi. Si tratta quindi di una responsabilità condivisa, e prevede una certa divisione dei compiti tra Danimarca e Stati Uniti quando si tratta della difesa della Groenlandia. Tuttavia, le due nuove rotte artiche che collegano l’Oceano Atlantico al Pacifico: le 6 rotte del NorthWest Passage (NWP) – una serie di rotte che attraversano l’arcipelago canadese nel Mar Glaciale Artico costeggiando la Groenlandia, sfociando poi nello stretto di Bering, al confine tra Stati Uniti e Russia – e la Northern Sea Route (NSR) – che la Federazione Russa considera come la spina dorsale della sua strategia artica nazionale – richiedono anche ulteriori sforzi economici e militari per tutelare la libera navigazione e la sicurezza marittima, ed è incontestabile il fatto che la Danimarca, da sola, non è in grado di occuparsi di tutti i fattori che determinano la sicurezza della Groenlandia e la difesa del “nuovo” dominio artico, nell’attuale battaglia strategica per l’Artico.
Infatti, la Strategia Artica 2024 del Dipartimento della Difesa, pubblicata il 22 luglio 2024, identifica la Groenlandia, con i 600 membri della sua base U.S. Space Force Pituffik, come la pietra miliare settentrionale della Nato. La collaborazione con i Paesi artici alleati, come un fondamentale perno per la difesa missilistica interna e del dominio artico, per la capacità di allarme aerospaziale, controllo aerospaziale e allarme marittimo per il Comando binazionale di difesa aerospaziale nordamericano (NORAD), tra Stati Uniti e Canada.
Nondimeno, contraddicendo l’approccio cooperativo Nato di tale strategia, il presidente Trump continua a dichiarare esplicitamente che
Per questi motivi, molti analisti ritengono, che il presidente Trump non è soltanto interessato ad aprire un negoziato per lo sfruttamento delle risorse minerarie, ma pensa davvero di poter annettere, non escludendo l’uso della forza, la Groenlandia.
Fin dalle fasi iniziali del suo ritorno alla Casa Bianca, la postura della sua politica estera è caratterizzata da una miscela distintiva di unilateralismo assertivo, rifiuto della diplomazia transazionale e opportunismo strategico – caratteristiche che collettivamente esercitano pressioni su tutti i propri alleati e partner commerciali, in particolare contro quelli europei. Questa amministrazione, guidata dal presidente Donald Trump e dal vicepresidente Vance, ha rapidamente evidenziato un approccio muscolare alla politica estera, orientata esclusivamente a perseguire il dominio degli Stati Uniti facendo leva su una strategia ibrida caratterizzata da: guerra economica, postura militare, controllo dei mari e degli stretti (vedere campagna di bombardamenti della U.S. Navy in corso nello Yemen contro gli Houti – divenuta pubblica solo grazie al Signal-gate e della quale parla solo Al Jazeera), minacce di annessioni territoriali, (dis)informazione attraverso i social ed escalation retorica.
In questo secondo mandato il presidente Trump vuole riaffermare l’egemonia degli Stati Uniti, non più attraverso le alleanze, ma attraverso la forza militare, i dazi e la coercizione economica e securitaria, minacciando di togliere l’ombrello protettivo americano agli Stati che non si allineano a questa sua politica.
Pertanto, quando il presidente degli Stati Uniti dice di volersi riprendere il controllo del Canale di Panama, di fare del Canada il 51° Stato e che la Groenlandia deve essere annessa, non escludendo la forza, lo pensa davvero. Ecco perché dobbiamo prenderlo sul serio.
Bisogna prendere atto che la postura della Casa Bianca sta rivoluzionando la proiezione degli Stati Uniti nel mondo, e quando gli alleati tradizionali iniziano ad assomigliare ad avversari, le strategie devono essere rielaborate ed aggiornate alla realtà.
EUROPA E FUTURO NATO
Medesimo ragionamento vale anche per la Nato, se sembra impossibile interpretare il presidente Trump e capire cosa vuole veramente, bisogna assolutamente predisporre piani e strategie anche per scenari in cui gli Stati Uniti decidano di ritirarsi dalla Nato, oppure stabiliscano di non intervenire nel caso in cui un Paese membro ma “non allineato” al progetto geostrategico dell’attuale amministrazione, dovesse essere attaccato.
Considerando le modalità con le quali si sono avviate le negoziazioni per porre fine all’aggressione Russa dell’Ucraina, con Washington che ha completamente escluso l’Ue dalle trattative di pace, il tentativo che stanno portando avanti Francia, Germania e Regno Unito, cercando di prepararsi a gestire una situazione in cui gli Stati Uniti potrebbero non essere più disposti a garantire la sicurezza dell’Europa, rappresenta un passo importantissimo per affrontare l’improvviso disallineamento strategico tra le due coste dell’Atlantico, innescato dalla Casa Bianca. Le potenze europee hanno già gest
La difesa collettiva è il cuore del Trattato Atlantico ed è sancita dall’articolo 5. Essa impegna i membri a proteggersi reciprocamente e stabilisce uno spirito di solidarietà all’interno dell’Alleanza. Nonostante l’evoluzione del contesto di sicurezza, il Trattato originale non ha mai dovuto essere modificato e ogni alleato ha la possibilità di applicare il testo in base alle proprie capacità e circostanze.
Il Trattato impegna ogni membro a condividere i rischi, le responsabilità e i benefici della difesa collettiva, un concetto che è alla base dell’Alleanza, che però la stragrande maggioranza dei membri europei ha tradito, non contribuendo con le risorse previste e relegando agli Stati Uniti l’onere ed i costi della difesa europea. Nel 1949, l’obiettivo principale del Trattato era quello di creare un patto di mutua assistenza per contrastare il rischio che l’Unione Sovietica cercasse di estendere il suo controllo sull’Europa orientale ad altre parti del continente. Inoltre, afferma che i membri della Nato formano una comunità di valori unica, impegnata nei principi della libertà individuale, della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto.
Oltre alla difesa collettiva e ai valori comuni chiave, il principio del consenso decisionale e l’importanza della consultazione definiscono lo spirito dell’Organizzazione, insieme alla sua natura difensiva e alla sua flessibilità.
Al Summit dei “volenterosi” dello scorso 27 marzo, la premier Meloni ha ribadito la posizione del governo italiano, secondo quanto riferisce una nota di Palazzo Chigi, per il nostro PdCM il percorso verso una pace “giusta e duratura” necessita di un “continuo sostegno a Kiev” e di “garanzie di sicurezza solide e credibili” che però non possono arrivare dai “volenterosi” ma solo nel “contesto euroatlantico”. La chiave, per il presidente Meloni, è l’estensione dell’articolo 5 del Trattato Nato, per consentire la sicurezza dell’Ucraina pur senza un’adesione di Kiev all’Alleanza. Un’ipotesi su cui, spiega Palazzo Chigi, il presidente Macron ha sollevato “con interesse l’opportunità di un approfondimento tecnico” che il capo del governo italiano ha “accolto con favore”.
Se la Nato è un contesto in cui muoversi, per Roma non si può prescindere da Washington. Il presidente Trump ha un filo diretto con il suo omologo Macron (i due si tengono aggiornati sull’esito degli incontri) e con Starmer, ma per la nostra presidente del Consiglio è importante “continuare a lavorare con gli Stati Uniti per fermare il conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina” anche con “il coinvolgimento di una delegazione americana al prossimo incontro di coordinamento”, ancora non in agenda.
Oltre al noto articolo 5, fino ad oggi invocato soltanto una volta da quando il Trattato è stato sottoscritto a Washington il 4 aprile 1949 dai 12 Stati fondatori – proprio dagli Stati Uniti il 12 settembre 2001, il giorno dopo gli attacchi alle torri gemelle e al Pentagono – dei 14 articoli che lo costituiscono, ce n’è un altro che nell’attuale contesto
l’Articolo 4 – “Le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata”.
Poiché un cospicuo numero di Stati europei, membri della Nato, si sentono minacciati dalla Federazione Russa, attraverso una formale richiesta di consultazione invocando l’art. 4 del Trattato, gli Stati che aderiscono sono vincolati a partecipare e riaffermare la loro fede negli scopi e nei principi dell’Alleanza.
Con tale richiesta di consultazione si potrebbe verificare se vi è la volontà degli Stati Uniti di confrontarsi con i partner Nato, e la conferma (o meno) della determinazione della Casa Bianca a mantenere l’impegno ne