Mistica del 4-3, il risultato dell’epica: premia l’umiltà dell’Inter e punisce la superbia del Barcellona di Flick
Lo 0-0 secondo Annibale Frossi, medaglia d’oro con la nazionale olimpica ai Giochi del 1936 e ribattezzato il Dottor Sottile – era laureato in Legge – era il risultato perfetto. L’1-0 è il simbolo del cortomuso, sofferenza cinica e bara. Il 2-0 è il punteggio all’inglese. Il 3-0 umilia lo sconfitto. Il 4-3 è l’epica, […] L'articolo Mistica del 4-3, il risultato dell’epica: premia l’umiltà dell’Inter e punisce la superbia del Barcellona di Flick proviene da Il Fatto Quotidiano.

Lo 0-0 secondo Annibale Frossi, medaglia d’oro con la nazionale olimpica ai Giochi del 1936 e ribattezzato il Dottor Sottile – era laureato in Legge – era il risultato perfetto. L’1-0 è il simbolo del cortomuso, sofferenza cinica e bara. Il 2-0 è il punteggio all’inglese. Il 3-0 umilia lo sconfitto. Il 4-3 è l’epica, da Italia-Germania del 17 giugno 1970 a Inter-Barcellona del 6 maggio 2025: guarda caso, sorride sempre al calcio italiano.
Ancora una volta, il 4-3 è stato pathos, follia, bellezza, lampi di genio, errori. Al Meazza, mentre scendeva la pioggia e le luci artificiali illuminavano Milano, si è arrivati al 4-3 che ha catapultato l’Inter verso la finale Champions del 31 maggio dopo una serie incredibile di colpi di scena. Poteva finire 4-2 per il Barça, se il rasoterra scagliato da Lamine Yamal al 92’ non avesse colpito il palo. Poteva restare 3-2 dopo la rimonta blaugrana, se Hansi Flick avesse saggiamente ordinato la gestione del risultato: beccare il 3-3 al 93’, sul guizzo di un difensore (Acerbi) travestito da centravanti, è da re dei polli e azzera persino le polemiche sulla pulizia dell’intervento di Dumfries.
E invece. Invece 4-3, con la rete di fino di Frattesi e la deviazione da urlo di Sommer al 114’, sulla sassata a giro di Lamine Yamal. La parata del portiere svizzero, che ha messo il timbro sulla finale di Monaco di Baviera, è già consegnata alla memoria collettiva, non solo del popolo nerazzurro, ma di tutti coloro che amano il calcio. Il 4-3, come dimostrò l’Italia nel mondiale messicano del 1970, premia chi sa nuotare meglio nella sofferenza. Chi non si vergogna dei propri limiti, nel caso dell’Inter il cedimento fisico della ripresa, figlio di una squadra su con gli anni (Acerbi 37, Sommer e Mkhitaryan 36, Darmian 35, De Vrij 33, Taremi 32, Calhanoglu 31). Premia chi ha l’umiltà, in certi momenti, di scagliare anche il pallone in tribuna, o di chiudersi per proteggere un risultato di vitale importanza, sportiva ed economica.
Il 4-3 fa rima con i tempi supplementari: giocare 120’, forse anche 130’ considerati i recuperi, è uno dei requisiti fondamentali per l’epica calcistica. Si deve passare per la cayenna dei crampi, del sudore che neppure la pioggia riesce a fermare, dello sguardo ansioso rivolto mille volte verso l’orologio, del risultato in bilico fino all’ultimo istante. Il 4-3 premia chi sa indossare la tuta dell’operaio. È l’eterna rivincita del vecchio proletariato, umiliato e deriso dalla storia, quella con la maiuscola. Punisce il ricco che ha dilapidato il suo patrimonio con un atteggiamento snob, radical chic, insopportabile.
Il 4-3 del Meazza è una lezione di umiltà che farà bene a un gruppo ricco di talento e di classe, ma che deve ancora imparare un concetto base degli sport di squadra: non basta attaccare, devi conoscere anche l’arte della difesa. E se i giocatori del Barcellona, alcuni giovanissimi, hanno la scusante dell’età, la presunzione di Hansi Flick, che ora contesta l’operato dell’arbitro Marciniak, è invece imperdonabile. L’allenatore tedesco, dall’alto dei suoi 60 anni, dovrebbe aver imparato un concetto fondamentale, dopo una vita trascorsa nel calcio: fare i fenomeni al 90’, quando stai vincendo 3-2 e hai il passaporto per la finale Champions in tasca, è un peccato di superbia e presunzione. Il 4-3 e la sua mistica hanno colpito soprattutto lui e tutti coloro per i quali il calcio ha un unico spartito. Al Meazza non ha vinto forse il più forte, ma ha vinto chi ha saputo soffrire e non si è vergognato dei suoi difetti. Al netto del palo di Lamine Yamal, delle polemiche legate all’arbitro e del talento dei ragazzi del Barça, il 4-3, alla fine, ha premiato chi meritava.
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