Mediobanca-Generali, l’economista Rossi: “Decide il mercato. Lo Stato si limiti a essere arbitro”

L’ex consigliere di D’Alema a Palazzo Chigi: “Mancano grandi progetti di politica industriale”

Apr 29, 2025 - 06:35
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Mediobanca-Generali, l’economista Rossi: “Decide il mercato. Lo Stato si limiti a essere arbitro”

Roma, 29 aprile 2025 – Mediobanca, Generali, Mps, Unicredit. La partita del risiko bancario è entrata nella fase più calda. Dobbiamo preoccuparci?

“L’elemento che desta qualche preoccupazione è il ruolo dello Stato, che dovrebbe limitarsi a fare l’arbitro del mercato – risponde Nicola Rossi, economista, membro del cda dell’Istituto Bruno Leoni e consigliere economico di Palazzo Chigi ai tempi della presidenza D’Alema –. Quando ciò non avviene, prima o poi si creano situazioni la cui pericolosità può emergere anche a distanza di tempo. Per il resto, francamente, ci sono molte vicende che si intersecano e non è chiaro quante di queste operazioni siano veri e propri progetti di politica industriale e quante, invece, semplici sistemazioni interne. L’elemento unificante è che si tratta essenzialmente di operazioni carta contro carta; non si vedono girare euro cash”.

Come cambierà la finanza italiana dopo questo riassetto?

“Non credo cambierà molto, dal momento che non intravedo grandi progetti di politica industriale dietro queste operazioni. Spesso e volentieri sono le stesse persone, le stesse entità che comprano e vendono. Più rilevante è, invece, la progressiva identificazione di alcuni istituti bancari con alcuni soci imprenditori. È già successo in passato e non sono state esperienze positive. Credo che sia necessaria molta attenzione”.

Eppure è sempre Mediobanca il grande crocevia del capitalismo italiano. Non le sembra un ritorno al passato?

“Non è più così da tempo. Anzi, l’unica vera operazione che potrebbe davvero cambiare il volto del sistema bancario è il matrimonio fra Unicredit e Commerzbank. Se andasse in porto, segnerebbe un’evoluzione molto significativa a livello europeo. Un’operazione che meriterebbe – e non ho dubbi che questo accadrà – che il governo italiano si muova per chiedere all’Europa nient’altro che il rispetto delle regole”.

Proprio contro Unicredit, il governo ha deciso di ricorrere alla golden power, trattandola quasi come se fosse una banca straniera...

“C’è molto anacronismo in questa decisione, perché se la mettiamo su questi termini, francamente, le banche italiane partecipate da istituti stranieri sono tante. Inoltre, fra i paletti posti dal governo c’è anche la richiesta di investire in Btp. Un grave errore, perché se un istituto investe in titoli pubblici italiani lo fa perché sono redditizi. È un segnale di debolezza che, francamente, il governo poteva risparmiarsi”.

C’è anche chi legge nell’Ops di Mediobanca su Banca Generali la cronica resistenza della finanza milanese contro qualsiasi soggetto estraneo.

“Non so arrivare a valutazioni di questa profondità... Se posso essere franco, a me sembra che il tema vero sia quello della gestione del risparmio degli italiani. È un argomento in cui la politica non deve entrare, che va risolto sul mercato offrendo ai risparmiatori italiani società di gestione solide, robuste e sufficientemente grandi per competere con i giganti internazionali. Questo è il vero interesse collettivo della battaglia in corso”.