Magistrati, alla fine sono sempre e comunque assolti
Sciupafemmine o amiconi, fulminei o lumaconi, arruffapopolo o inermi. Il catalogo è vario. C’è una sezione del Csm che si chiama disciplinare. Giudica i supposti illeciti dei magistrati, insomma. La riforma della giustizia, però, prevede di trasferire questa funzione a un’Alta corte. Garantirebbe maggiore indipendenza, assicura il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Per l’Associazione nazionale di categoria, invece, significherebbe mandare a ramengo la propria indipendenza. Sarebbe un danno collaterale della mefitica separazione fra le carriere. Il sindacato si rivolta. Lo scorso 27 febbraio, con la costituzione stretta tra le mani, tante toghe hanno scioperato.Nel frattempo, la procura generale della Cassazione rivela gli ultimi dati su queste violazioni. Nel 2024, ne hanno segnalati 1.715: quasi due terzi sono stati già archiviati. «Il 95 per cento e passa finisce nel nulla» dice Nordio. «I magistrati d’Italia sono giudicati eccellentissimi. Non esiste al mondo, credo, un organismo in cui i suoi componenti sono sempre considerati bravissimi». La definitiva riprova arriverebbe da altri numeri, appena diffusi: l’anno scorso sono state avviate 80 azioni disciplinari e il Csm ha emesso 90 sentenze. Insomma, cifre piuttosto esigue. A quel punto, la giustizia è almeno uguale per tutti? Fate voi: 38 archiviazioni, 28 assoluzioni, 24 condanne. E le pene, che peraltro possono essere impugnate, non sembrano esemplari. Dieci censure: ovvero, «dichiarazioni formali di biasimo». Buffetti, praticamente. Ancora: otto perdite d’anzianità e quattro sospensioni dalle funzioni. Infine, la sanzione più grave: la rimozione. Arrivata soltanto in due casi: l’1,8 per cento dei provvedimenti. Eppure, sempre nel 2024, lo Stato ha dovuto risarcire 552 persone per ingiusta detenzione. Spesa totale: quasi 27 milioni di euro.Invece, pare che i magistrati non sbaglino quasi mai. Le accuse della procura generale e del ministero non sono quisquilie, però. Nell’archivio della sezione disciplinare sono pubblicate le «decisioni storiche». L’ultima risale all’ottobre dell’anno passato. Riguarda un giudice che in cinque anni, tra l’aprile 2016 e il marzo 2021, deposita 29 sentenze civili «con ritardo superiore al triplo del termine previsto». Per altre 119, la lentezza è persino maggiore: «Superiore a duecento giorni dalla data di riserva». Il considerevole record spetta a quella consegnata dopo 2.555 giorni: sette anni, più o meno. Il giudice, davanti ai colleghi del Csm, si difende: colpa delle carenze d’organico in tribunale e della salute di alcuni suoi familiari. È una vecchia conoscenza, «avendo già riportato in passato sei condanne per la medesima fattispecie». La toga viene dunque punita con due anni di «sospensione dalle funzioni». Segue trasferimento in un altro tribunale nella sezione civile. Nel nuovo ruolo, si suppone, diverrà solertissimo e fulmicotonico. Non è il solo, comunque. Un altro giudice, tra il 2015 ed il 2019, «in un tempo superiore al quadruplo del termine di legge» non deposita 350 sentenze civili: quasi un terzo, avevano oltre un anno di ritardo. Con lui, però, il Csm è più clemente: basta una censura.Queste decisioni, scrive la sezione disciplinare, testimoniano la «deontologia professionale dei magistrati». C’è anche la storia del pm che seppellisce per 16 anni le accuse di abusi sessuali e maltrattamenti su alcuni bambini. L’inchiesta viene aperta a maggio 2004. Gli orchi erano già stati identificati mesi prima, «come da annotazione di polizia giudiziaria in atti». Ma solo a novembre 2010 vengono indagati. Passano altri dieci anni. Il pubblico ministero chiede l’archiviazione: «Dopo più di 16 anni di totale inerzia investigativa e oltre ogni ragionevole termine di durata delle indagini preliminari, nonostante la assoluta rilevanza dei fatti denunciati in danno di minori» spiega la sentenza.I ragazzini, aggiunge, avevano «reso dichiarazioni univoche e coincidenti dinanzi ad altri operatori della struttura alla quale erano stati affidati, e ritenute dal consulente nel complesso attendibili». Così com’erano ritenute veritiere, in un altro procedimento, le accuse di una quattordicenne sui presunti abusi sessuali dello zio. Il fascicolo viene assegnato a ottobre 2010. La richiesta di rinvio a giudizio arriva dopo un decennio: a novembre 2020. Il pm, però, se la cava con sei mesi di sospensione e il trasferimento al tribunale come giudice civile. La «negligenza inescusabile» verrà spazzata via nel nuovo ruolo?A proposito di ritardi. Tra le decisioni pubblicate c’è anche quella sul magistrato che tarda a eseguire l’arresto di un uomo. La condanna a tre anni è del 2020. Diventa irrevocabile a dicembre 2021. L’ordine di esecuzione, però, arriva solo a giugno 2022. Insomma, il condannato resta uccel di bosco per sei mesi. Nel frattempo, viene arrestato per duplice omicidio. Il Csm decide di punire la toga con una blanda censura, nonostante «la condotta dell’incolpato ha provocato conseguenze concrete gravissime». Capi


Sciupafemmine o amiconi, fulminei o lumaconi, arruffapopolo o inermi. Il catalogo è vario. C’è una sezione del Csm che si chiama disciplinare. Giudica i supposti illeciti dei magistrati, insomma. La riforma della giustizia, però, prevede di trasferire questa funzione a un’Alta corte. Garantirebbe maggiore indipendenza, assicura il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Per l’Associazione nazionale di categoria, invece, significherebbe mandare a ramengo la propria indipendenza. Sarebbe un danno collaterale della mefitica separazione fra le carriere. Il sindacato si rivolta. Lo scorso 27 febbraio, con la costituzione stretta tra le mani, tante toghe hanno scioperato.
Nel frattempo, la procura generale della Cassazione rivela gli ultimi dati su queste violazioni. Nel 2024, ne hanno segnalati 1.715: quasi due terzi sono stati già archiviati. «Il 95 per cento e passa finisce nel nulla» dice Nordio. «I magistrati d’Italia sono giudicati eccellentissimi. Non esiste al mondo, credo, un organismo in cui i suoi componenti sono sempre considerati bravissimi». La definitiva riprova arriverebbe da altri numeri, appena diffusi: l’anno scorso sono state avviate 80 azioni disciplinari e il Csm ha emesso 90 sentenze. Insomma, cifre piuttosto esigue. A quel punto, la giustizia è almeno uguale per tutti? Fate voi: 38 archiviazioni, 28 assoluzioni, 24 condanne. E le pene, che peraltro possono essere impugnate, non sembrano esemplari. Dieci censure: ovvero, «dichiarazioni formali di biasimo». Buffetti, praticamente.
Ancora: otto perdite d’anzianità e quattro sospensioni dalle funzioni. Infine, la sanzione più grave: la rimozione. Arrivata soltanto in due casi: l’1,8 per cento dei provvedimenti. Eppure, sempre nel 2024, lo Stato ha dovuto risarcire 552 persone per ingiusta detenzione. Spesa totale: quasi 27 milioni di euro.
Invece, pare che i magistrati non sbaglino quasi mai. Le accuse della procura generale e del ministero non sono quisquilie, però. Nell’archivio della sezione disciplinare sono pubblicate le «decisioni storiche». L’ultima risale all’ottobre dell’anno passato. Riguarda un giudice che in cinque anni, tra l’aprile 2016 e il marzo 2021, deposita 29 sentenze civili «con ritardo superiore al triplo del termine previsto». Per altre 119, la lentezza è persino maggiore: «Superiore a duecento giorni dalla data di riserva». Il considerevole record spetta a quella consegnata dopo 2.555 giorni: sette anni, più o meno. Il giudice, davanti ai colleghi del Csm, si difende: colpa delle carenze d’organico in tribunale e della salute di alcuni suoi familiari. È una vecchia conoscenza, «avendo già riportato in passato sei condanne per la medesima fattispecie». La toga viene dunque punita con due anni di «sospensione dalle funzioni». Segue trasferimento in un altro tribunale nella sezione civile. Nel nuovo ruolo, si suppone, diverrà solertissimo e fulmicotonico. Non è il solo, comunque. Un altro giudice, tra il 2015 ed il 2019, «in un tempo superiore al quadruplo del termine di legge» non deposita 350 sentenze civili: quasi un terzo, avevano oltre un anno di ritardo. Con lui, però, il Csm è più clemente: basta una censura.
Queste decisioni, scrive la sezione disciplinare, testimoniano la «deontologia professionale dei magistrati». C’è anche la storia del pm che seppellisce per 16 anni le accuse di abusi sessuali e maltrattamenti su alcuni bambini. L’inchiesta viene aperta a maggio 2004. Gli orchi erano già stati identificati mesi prima, «come da annotazione di polizia giudiziaria in atti». Ma solo a novembre 2010 vengono indagati. Passano altri dieci anni. Il pubblico ministero chiede l’archiviazione: «Dopo più di 16 anni di totale inerzia investigativa e oltre ogni ragionevole termine di durata delle indagini preliminari, nonostante la assoluta rilevanza dei fatti denunciati in danno di minori» spiega la sentenza.
I ragazzini, aggiunge, avevano «reso dichiarazioni univoche e coincidenti dinanzi ad altri operatori della struttura alla quale erano stati affidati, e ritenute dal consulente nel complesso attendibili». Così com’erano ritenute veritiere, in un altro procedimento, le accuse di una quattordicenne sui presunti abusi sessuali dello zio. Il fascicolo viene assegnato a ottobre 2010. La richiesta di rinvio a giudizio arriva dopo un decennio: a novembre 2020. Il pm, però, se la cava con sei mesi di sospensione e il trasferimento al tribunale come giudice civile. La «negligenza inescusabile» verrà spazzata via nel nuovo ruolo?
A proposito di ritardi. Tra le decisioni pubblicate c’è anche quella sul magistrato che tarda a eseguire l’arresto di un uomo. La condanna a tre anni è del 2020. Diventa irrevocabile a dicembre 2021. L’ordine di esecuzione, però, arriva solo a giugno 2022. Insomma, il condannato resta uccel di bosco per sei mesi. Nel frattempo, viene arrestato per duplice omicidio. Il Csm decide di punire la toga con una blanda censura, nonostante «la condotta dell’incolpato ha provocato conseguenze concrete gravissime». Capita anche il contrario, comunque. Il magistrato che lascia in galera una persona per quasi due anni, nonostante la custodia cautelare fosse scaduta da 578 giorni, «con grave violazione del codice di procedura penale». Già, che sbadato. Quasi due annetti in più in carcere? Colpa anche della cancelleria. Pure in questo caso, comunque, basta una censura. Non si dimentichi, poi, quel giudice in palese conflitto d’interesse: «Consapevolmente ometteva di astenersi dai procedimenti di concordati preventivi». Eppure, con gli avvocati delle società, aveva un lungo e consolidato rapporto di amicizia»: vacanze, cene, telefonate quotidiane. Questi professionisti, spiega la commissione disciplinare, «hanno beneficiato di ruoli nelle procedure più rilevanti del tribunale», ricevendo «compensi complessivi pari a più di un milione di euro ciascuno». Al magistrato coinvolto, il Csm decide di togliere un anno di anzianità.
Ma c’è anche chi dimostra piglio opposto. Il giudice che sentenzia prima delle conclusioni dell’avvocato. «Una volta terminata la lettura del dispositivo» ricostruisce il Csm «pm e difensori si avvicinavano al banco e il difensore rappresentava che non aveva discusso il processo». Una condotta che «cagionava un irreparabile nocumento all’imputato e al suo difensore». Il processo viene annullato, dunque. Dovrà essere ripetuto davanti a altro collegio. Il giudice si difende: reazione acuta da stress. C’è la giustizia senza tempo. C’è anche quella senza avvocato. Cose che possono capitare anche ai migliori. Pure stavolta, basta una censura. Ancora più scoppiettante si rivela il procedimento sul giudice sciupafemmine. Avvocatesse, per la precisione.«Non si sarebbe astenuto dalla trattazione delle procedure fallimentari a lui assegnate nonostante avesse istaurato con le predette relazioni sentimentali» scrive la disciplinare. Poco male. Condannato alla perdita di anzianità di quattro mesi.
Avrebbe dovuto astenersi anche un altro giudice, su cui i colleghi sono chiamati a decidere: motivi simili, attenuati da comprovata fedeltà. «Dodici processi in cui gli accusati sono difesi dall’avvocatessa con cui ha una relazione sentimentale da anni» ricostruisce la commissione disciplinare. Basta una censura. L’amore trionfa sempre. E il valorosissimo che, ai tempi della pandemia, si trasforma in tribuno? Sale sul palco, durante una manifestazione contro iI green pass: «Vogliamo un processo, una nuova Norimberga» arringa. Certo, qualcuno potrebbe eccepire: «A coloro che reputano la mia posizione incompatibile, dico: “Io, tra voi e il popolo, scelgo il popolo sovrano. Lascio la toga!». Fino al partecipato commiato finale: «Vi amo!». Il Csm lo accontenta: sospeso e collocato fuori ruolo. Altro che lentezze e favoritismi. Con il certificato verde, già imposto dal governo giuseppino, non si scherza. La condanna, stavolta, è un memento. Da qualche parte, bisognerà pur cominciare.