L’Europa è ormai nel Dna degli spagnoli: una piccola rivoluzione culturale
In Spagna, come nel resto d’Europa, in queste settimane di turbolenze geopolitiche si discute molto del sentimento europeo e di quanto l’Unione incida nella vita dei cittadini. Sondaggi, analisi sociologiche, riflessioni di opinionisti si susseguono sui principali quotidiani per spiegare il rapporto con le istituzioni europee o per individuare nuove rotte in un mare aperto, […] L'articolo L’Europa è ormai nel Dna degli spagnoli: una piccola rivoluzione culturale proviene da Il Fatto Quotidiano.

In Spagna, come nel resto d’Europa, in queste settimane di turbolenze geopolitiche si discute molto del sentimento europeo e di quanto l’Unione incida nella vita dei cittadini. Sondaggi, analisi sociologiche, riflessioni di opinionisti si susseguono sui principali quotidiani per spiegare il rapporto con le istituzioni europee o per individuare nuove rotte in un mare aperto, sconosciuto.
Non è più tempo di ‘luna di miele’, quando la Spagna conobbe la passione e la concretezza del sogno europeo. Il traguardo di Bruxelles, raggiunto con la faticosa adesione del 1986, ha indicato un orizzonte più ampio segnando la chiusura definitiva dei decenni bui del blocco franchista, fatto di isolamento e autarchia, e ha marcato l’avvio della grande modernizzazione del paese. Tutti i grandi cantieri infrastrutturali degli anni ’90 hanno avuto l’insegna europea, con un paese che, come pochi, ha mostrato efficienza nell’utilizzazione dei fondi Ue.
L’ottica è cambiata, la percezione dell’Europa è divenuta più razionale, perfino fredda o distaccata, ma la ‘luna di miele’ non è condizione permanente. Gli indicatori demoscopici (Eurobarometro) oggi dicono che il sentimento di appartenenza degli spagnoli alla Ue è al 70%, 7 punti in più della media europea, con uno spirito europeista particolarmente avvertito nell’area degli elettori del Psoe di Pedro Sánchez e dei Populares di Alberto Núñez Feijóo, meno tra i votanti dell’ultradestra di Vox. E con un elemento che unisce gli intervistati: la difficoltà di spiegare in quali ambiti incide in modo significativo la politica dell’Unione europea.
Questi ultimi dati sono tra i più interessanti: capire come si atteggia la formazione di Santiago Abascal nel panorama internazionale, ora che – con la Lega di Salvini – ha sposato in pieno nazionalismo e trumpismo, e le contraddizioni delle istituzioni europee le quali legiferano su tutto e ciononostante sono poco percepite. Vox, come la Lega, non perde occasione per attaccare l’Europa, trincerandosi dietro lo slogan dell’Europa delle Nazioni, una formula generica che dice poco, tant’è che non si intende se deputata a trovare, di volta in volta, accordi su singole questioni, e se su base bilaterale o all’interno di questo consesso internazionale o di altra organizzazione da costruirsi. Di certo, né Abascal né Salvini propugnano un referendum per uscire dalla Ue, non ne hanno la forza politica, i sondaggi peraltro sono impietosi, e i risultati disastrosi della Brexit non aiutano.
Santiago Abascal sarà chiamato nei prossimi mesi ad affrontare una contraddizione palese: la sua spinta nazionalista dovrà fare i conti con il crescente imperialismo di Trump che crea imbarazzo, se non sconcerto, nell’opinione pubblica spagnola. Un recente rilevamento dell’istituto demoscopico YouGov mette in mostra come una maggioranza consistente degli spagnoli (il 75 per cento) vede il presidente Usa come una grande minaccia, al pari di Putin. Considerazioni negative sui grandi della Terra che spingono il 62% degli intervistati a vedere di buon occhio la costituzione di un comune esercito europeo. Altra contraddizione che l’ultradestra dovrà gestire, ora che si scopre pacifista pur di mettersi di traverso rispetto al ‘ReArm Europe’ di Bruxelles.
Tuttavia, gli antieuropeisti continuano ad alimentare le loro fortune avendo nelle istituzioni comunitarie un sicuro alleato. In effetti l’Unione comunica con difficoltà risultati e conquiste acquisite, non a caso gli stessi dati demoscopici rilevano la poca conoscenza dei cittadini su scopi e obiettivi frutto di politiche comuni.
L’Europa non è solo moneta, progetto Erasmus o Pnrr: direttive e regolamenti incidono molto di più nella vita quotidiana dei cittadini: i permessi lavorativi per le coppie di fatto, equiparati a quelli delle persone unite da vincolo matrimoniale, trovano la loro fonte nel diritto europeo. Così anche i permessi per la cura di familiari affetti da invalidità o pure le misure per la stabilizzazione dei precari di lunga durata, questione ben nota nel settore dei paramedici. Un’attività legislativa intensa che, nel quinquennio 2019-2024, ha portato i due rami del Parlamento di Madrid ad approvare il 53% delle proprie leggi come atti di derivazione comunitaria. In particolare su 246 provvedimenti adottati, 51 sono promanazione di regolamenti e direttive e 81 contengono riferimenti a raccomandazioni, programmi o iniziative della Ue.
Bruxellex comunica poco e male quello che fa, una afasia che fa prevalere la razionalità sulla passione, ma l’Europa è oramai nel dna degli spagnoli e le politiche ostili degli Usa fanno ravvivare la fiamma unitaria. Un 45% si sente oggi spagnolo ed europeo, trent’anni fa solo il 21% riconosceva questa doppia identità. Una piccola rivoluzione culturale che non fa notizia.
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