L’Esercito punta su mezzi e tecnologia “Preparare la guerra favorisce la pace”

Il capo di Stato Maggiore, Masiello: meno burocrazia, più innovazione per essere pronti a ogni evenienza. Richieste anche nuove competenze, dall’utilizzo dei droni agli scontri negli scenari urbani e sotterranei

Mag 1, 2025 - 03:59
 0
L’Esercito punta su mezzi e tecnologia “Preparare la guerra favorisce la pace”

Roma, 1 maggio 2025 – Generale Carmine Masiello, Capo di stato maggiore dell’Esercito, 4 maggio 1861 - 4 maggio 2025: 164 anni di storia. Che Esercito è?

“L’Esercito Italiano ha saputo adattarsi ai nuovi scenari e alle esigenze di difesa, deterrenza e sicurezza del Paese. Negli anni recenti, ha dimostrato capacità trasversali, attraverso un ampio spettro di strumenti di intervento insieme alle Forze Armate sorelle, a sostegno alla società civile e nelle missioni internazionali per il ripristino della pace, con qualità che hanno reso unici i militari italiani in ambienti complessi. L’Esercito ha bisogno di un contenuto tecnologico all’altezza delle minacce e delle sfide attuali e si addestra agli scenari peggiori. Ci attrezziamo per essere all’altezza delle aspettative dell’Italia”.

Il generale di Corpo d'Armata Carmine Masiello

Meno burocrazia ed essere preparati alla guerra?

“L’Esercito non nasce per fare burocrazia, ha il dovere di prepararsi ad ogni evenienza. Non sono ammessi fraintendimenti: più saremo preparati per la guerra e maggiori probabilità ci saranno per la pace. Significa avere la capacità mettere a nudo le inefficienze, le procedure standardizzate e gli schemi superati dalla storia. Occorre rivedere i processi che rallentano l’innovazione e le capacità di adattamento, che non permettono all’Esercito di trasformarsi alla velocità necessaria e che non consentono ai più giovani di partecipare al cambiamento. Con questo spirito sono nate iniziative come la casella di posta “meno burocrazia”, col fine di azzerare le distanze tra il vertice e le “periferie”, coinvolgendo tutto il personale nell’ ammodernamento, anche culturale. Le idee non hanno gradi”.

L’Esercito è attrezzato sul piano tecnologico?

“Oggi l’Esercito o è tecnologico o non è. L’acquisizione di tecnologie è necessaria per sopravvivere sui campi di battaglia. Ciò implica adeguati strumenti all’avanguardia, ma anche la disponibilità di personale con le competenze specialistiche necessarie. Per troppo tempo si è pensato che l’Esercito fosse solo scarponi, zaini e fucili. Abbiamo avviato iniziative per ridurre la distanza tecnologica che ci separa dalle Forze armate sorelle e dai potenziali avversari. Alla base vi è lo sviluppo della “Bolla Tattica”, cioè l’utilizzo combinato di capacità cibernetiche, di gestione dello spettro elettromagnetico e di sistemi satellitari per creare uno schermo protettivo. Così le nostre unità possano muoversi senza essere visibili, attaccando e limitando la capacità avversaria. A parità di altri fattori, vince chi ha la superiorità tecnologica”.

I droni sono destinati ad entrare stabilmente nei conflitti?

“In Afghanistan i soldati italiani erano ossessionati dagli ordigni esplosivi improvvisati (Ied). Avevamo sempre gli occhi a terra per individuare la minaccia. Oggi il soldato ucraino e russo guarda in aria, il pericolo viene dall’alto: i droni sono i nuovi Ied. Questi sistemi hanno già dimostrato di essere un “game changer” capace di riequilibrare il divario tra forze ucraine e russe. L’impatto dei droni sarà sempre più pervasivo nelle operazioni militari, anche attraverso l’Intelligenza artificiale per realizzare sciami robotici autonomi e letali. L’Esercito ha avviato l’acquisizione di droni per diverse funzioni operative e percorsi formativi per le prime due Brigate che verranno, passatemi il termine, dronizzate”.

Gaza insegna che esiste un modulo di guerra sotterraneo. “Questo conflitto ha confermato l’importanza strategica dei centri urbani, che richiedono tattiche, tecniche e procedure peculiari, oltre a strumenti, sistemi e apparecchiature specifiche. Tra i livelli di questo ambiente vi è quello sotterraneo, dove è necessario mantenere l’iniziativa. Noi abbiamo capito di non essere sufficientemente pronti a questo tipo di combattimento sul piano della specializzazione, dei reparti, dei mezzi e degli equipaggiamenti. Abbiamo perciò strutturato un’unità specialistica, inquadrata nella Brigata Folgore, che si sta addestrando. Presto sarà operativa”.

Dove bisogna investire?

“Stiamo puntando al rinnovamento anche con una nuova generazione di carri armati e veicoli da combattimento cingolati, allo sviluppo della capacità di difesa integrata contro minacce provenienti dalla terza dimensione. Per la capacità di precisione in profondità, ci stiamo dotando sia di nuovi sistemi lanciarazzi (Himars) che di obici semoventi ruotati e obici leggeri. Cito anche il programma del nuovo elicottero da Esplorazione e Scorta (Nees), l’AH-249 “Fenice”, il meglio della tecnologia. Entrerà in servizio nel 2027”.

L’Africa, fronte sud dell’Europa, è un punto critico?

“Certo , le minacce provenienti dall’Africa includono implicazioni di matrice terroristica, contrabbando, gestione delle risorse e dei flussi migratori. Costituiranno alcune delle sfide per la sicurezza nei prossimi 20-30 anni. L’Europa sul fianco sud deve agire su più livelli. Gli approcci non sono adeguati all’era odierna. Occorre individuare le domande a cui dare risposta domani, non limitandosi a reagire agli eventi, ma cercando di prevenirli. È un salto culturale”.