L’endorsement dietro l’abbraccio. Il decano a Parolin: "Doppi auguri"

La mossa del cardinale Re durante la messa per l’elezione del Pontefice. Il peso della Curia romana

Mag 8, 2025 - 06:38
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L’endorsement dietro l’abbraccio. Il decano a Parolin: "Doppi auguri"

De Robertis

Le omelie della messa pro eligendo pontefice non sono mai banali, anche quando all’apparenza non si discostano dai classici canoni del linguaggio ecclesiastico, facendo appello ai più nobili sentimenti che escono dalla contemplazione delle Sacre scritture. Non sono banali perché arrivano al termine delle Congregazioni generali e sono pronunciate da un cardinale che vi ha preso parte eminente (spesso le ha presiedute), e quindi possono essere lette anche come una sorta di conclusione del lavoro che i porporati hanno svolto nei lunghi giorni dei novendiali. Non fu banale l’omelia del cardinale Ratzinger nel 2005, e anzi, quel discorso assunse un significato particolare perché pronunciato da colui che si apprestava a entrare in conclave da front runner, e in effetti furono interpretate come una sorta di personale manifesto programmatico. Non furono banali le parole del cardinale Angelo Sodano nel 2013, che parlò delle necessità di un Papa con il cuore generoso a cui affidare un annuncio di misericordia. Il giorno successivo fu eletto il Papa che scelse miserando atque eligendo come motto pontificale.

Ora come dodici anni fa l’omelia viene proposta ai confratelli da uno dei principi della Chiesa che non entrerà nella Sistina e che data l’età, 91 anni, è fuori dai giochi, ma le parole dette ieri mattina in San Pietro dal decano Giovanni Battista Re hanno certamente attirato l’attenzione di coloro che ieri pomeriggio si sono chiusi nella clausura destinata a terminare solo con la fumata bianca, domani o venerdì o quando lo Spirito Santo si sarà degnato di spirare.

Anche perché alle parole, Giovanni Battista Re, decano del Sacro Collegio ma anche della Curia romana, un porporato lombardo che ha svolto la sua carriera nelle nunziature e all’interno delle Mura leonine, ha fatto seguire un abbraccio particolarmente affettuoso con l’ex segretario di stato Pietro Parolin, il candidato al momento più accreditato, profilo come quello di Re cresciuto e lievitato nelle fila della diplomazia vaticana. "Auguri doppi", si è lasciato scappare Re, dove il "doppi" si deve intendere per il compito di guida del Conclave che Parolin ha assunto da ieri sera (questione procedurale abbastanza complicata da spiegare: è il più anziano di ruolo nell’ordine dei cardinali vescovi) ed evidentemente per il destino che potrebbe attendere il porporato vicentino, oggi o domani. Il gesto di Re, che non sposta niente e di cui la stragrande maggioranza dei cardinali non si è neppure accorta (e magari può anche essere letta come una manifestazione cortese di attenzione) testimonia però quanto la Curia romana tifi per l’ex numero uno delle segreteria. Uno di loro, uno che almeno per molti può essere garanzia di continuità. Non è un caso che uguale espressione di auguri accompagnata da sorrisi e abbracci sia stata formulata anche da Leandro Sandri, argentino (fu il cardinale che annunciò nel 2005 in piazza San Pietro la morte di Giovanni Paolo II) e membro di spicco della Curia.

Per gli orecchi fini che da quelle parti non mancano mai, Re ha poi lanciato il messaggio che voleva lanciare, e nel quale molti hanno letto un ulteriore endorsement a Parolin e alla sua lunga esperienza diplomatica, alludendo alla necessità di un Papa in grado di navigare nei difficili marosi del momento internazionale. "Siamo qui per invocare l’aiuto dello Spirito Santo, per implorare la sua luce e la sua forza perché sia eletto il Papa di cui la Chiesa e l’umanità hanno bisogno in questo tornante della storia tanto difficile e complesso". Un auspicio personale e del gruppo curiale che sta intorno a Re? Oppure, come accaduto in passato, un sentiment che Re ha colto nell’aula delle congregazioni, e che ha deciso di rilanciare davanti a tutti? Per adesso non è dato saperlo. Si può solo ricordare che da Vatileaks in poi i rapporti tra la Curia vaticana e la Chiesa sparsa nel resto del mondo non sono mai stati idialiaci (Francesco non ha contribuito ad addolcirli), e non è chiaro quanto la mano sulla spalla del principe della Curia al candidato della Curia sia una mano che solleva o una mano che spinge e fondo.