Le Università tornano a mobilitarsi contro il Bando MAECI e l’accordo con Israele

Lavoratrici e lavoratori dell’università tornano a protestare contro il Bando MAECI e l’Accordo di Cooperazione tra Italia e Israele, chiedendone la sospensione per «rischio di violazione del diritto internazionale e umanitario». Dopo le mobilitazioni del 2024, una nuova lettera aperta è stata inviata al Ministero degli Affari Esteri (MAECI) e della Cooperazione Internazionale e alla […] The post Le Università tornano a mobilitarsi contro il Bando MAECI e l’accordo con Israele appeared first on L'INDIPENDENTE.

Apr 25, 2025 - 11:48
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Le Università tornano a mobilitarsi contro il Bando MAECI e l’accordo con Israele

Lavoratrici e lavoratori dell’università tornano a protestare contro il Bando MAECI e l’Accordo di Cooperazione tra Italia e Israele, chiedendone la sospensione per «rischio di violazione del diritto internazionale e umanitario». Dopo le mobilitazioni del 2024, una nuova lettera aperta è stata inviata al Ministero degli Affari Esteri (MAECI) e della Cooperazione Internazionale e alla Conferenza dei Rettori delle Università italiane (CRUI), accompagnata da una raccolta firme che ha già superato le 1.350 adesioni. I firmatari denunciano il legame tra il sottofinanziamento della ricerca in Italia e i fondi destinati a Paesi in guerra, come Israele, accusato di violenze indiscriminate contro i palestinesi. «Questo 25 Aprile intendiamo opporci a guerre, violenze e genocidi per difendere la dignità del lavoro e della vita di tutti», si legge nella missiva.

«Ci ritroviamo per il secondo anno a rivolgerci al MAECI, e stavolta anche alla CRUI, per chiedere che venga sospeso il bando per progetti congiunti di ricerca sulla base dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e Tecnologica tra Italia e Israele», scrivono gli accademici nell’apertura della lettera. Il Bando MAECI, nello specifico, prevede progetti di ricerca congiunti negli ambiti della tecnologia del suolo, dell’acqua e dell’ottica di precisione «Apprezziamo l’esplicita esclusione dal bando di progetti che producono tecnologia dual use. Apprezziamo la cautela (già un obbligo, tuttavia, secondo la legislazione vigente) ma questa rimane una misura insufficiente di fronte al crescente disastro umanitario di Gaza (in cui la carestia e i bombardamenti sono esplicitamente rivendicati dal governo israeliano come strumenti di pressione politica legittima), al trasferimento forzato di civili, alle espulsioni e all’incessante opera di espansione territoriale in Cisgiordania, che costituiscono assodati crimini di guerra e azioni genocidarie». All’interno del documento, oltre agli oltre 51mila palestinesi uccisi dalle bombe israeliane, il blocco totale degli aiuti umanitari e l’annientamento del sistema sanitario, educativo e infrastrutturale, si ricorda come, negli ultimi 19 mesi, «le più importanti istituzioni internazionali» abbiano «rilevato un plausibile rischio di genocidio», nonché «condannato le innumerevoli violazioni del diritto internazionale da parte di Israele» e «riconosciuto l’illegalità nella quale Israele opera nei Territori Palestinesi Occupati, siano questi la Cisgiordania, Gerusalemme Est o Gaza». I firmatari evidenziano come numerosi studi e documenti abbiano provato che «le azioni genocidarie dello stato israeliano a Gaza sono rese possibili dai trasferimenti finanziari e tecnologici e al commercio di armamenti degli stati stranieri verso e con Israele».

Da qui si arriva dunque al cuore della denuncia. «La cooperazione in ambito accademico può rendere le università complici in crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale – si legge nel documento –. Come discusso e dimostrato da colleghi israeliani e palestinesi, il sistema universitario israeliano è parte integrante del sistema militare, di apartheid e di occupazione illegale dei Territori Palestinesi. Per evitare ogni complicità, sono decine le università nel mondo che hanno interrotto la cooperazione con le istituzioni accademiche israeliane. Per il secondo anno consecutivo vi chiediamo di fare altrettanto, partendo dalla sospensione di questo bando». Mettendo in luce come il rapporto di co-dipendenza in atto tra il sistema accademico e il sistema militare israeliano renda «potenzialmente illegale» la cooperazione istituzionale con gli atenei italiani, i firmatari entrano nei dettagli: «Per esempio, la Elbit System e l’Israel Aerospace Industry (IAI) non solo sviluppano le tecnologie militari e le armi attualmente utilizzate a Gaza, ma sono nate come spin-off di istituzioni accademiche israeliane e attualmente coinvolte in progetti di ricerca internazionali. Inoltre, diverse istituzioni di ricerca israeliane hanno istituito programmi di sostegno finanziario ai soldati – per esempio, l’“Enhanced financial package”, adottato dall’Università ebraica di Gerusalemme, i “benefit” adottati dal Weizmann Institute of Technology, le iniziative di beneficenza dell’Università di Tel Aviv a favore delle truppe impiegate a Gaza e l’acquisto di equipaggiamento da parte dell’Università di Haifa per l’esercito operante a Gaza. Le università giocano un ruolo importante nella costruzione della difesa di Israele nel procedimento portato dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia: presso l’Institute for National Security Studies (INSS) dell’Università di Tel Aviv da mesi si incontrano giuristi, esperti e funzionari del Ministero della Difesa per formulare la linea difensiva del Paese». I firmatari chiedono dunque al MAECI di «sospendere il bando» e ai rettori della CRUI «che le loro università non partecipino a questo bando» e di «non stipulare nuovi accordi con le università israeliane e sospendere quelli in corso».

Già l’anno scorso migliaia di accademici avevano sottoscritto una lettera indirizzata al ministero degli Affari Esteri per richiedere che il nostro Paese interrompesse l’accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica in vigore con Israele. Successivamente, ricercatori e universitari italiani erano scesi in piazza contro la militarizzazione degli atenei e la collaborazione con Tel Aviv nell’ambito della ricerca, portando alcuni atenei a non rinnovare la partecipazione al bando e molte università ad aderire agli appelli, chiedendo lo stop agli accordi. Per mesi, in decine di città italiane sono andati in scena presidi e occupazioni da parte degli studenti e scioperi del personale universitario. Quest’anno la lotta ricomincia da dove si era interrotta.

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