Lavoro, lo stop ai bonus per Sud, donne e giovani frena le assunzioni
Frena l’occupazione. Nel 2024, calcola Inps, sono stati creati il 28% di contratti in meno dell’anno prima, al netto delle cessazioni: 375 mila contro 519 mila. Tra le cause, lo stop ai tre bonus per l’assunzione di giovani, donne e al Sud. Sono scomparse così 803 mila assunzioni agevolate. Nel 2023 erano state un milione […] L'articolo Lavoro, lo stop ai bonus per Sud, donne e giovani frena le assunzioni proviene da Iusletter.

Frena l’occupazione. Nel 2024, calcola Inps, sono stati creati il 28% di contratti in meno dell’anno prima, al netto delle cessazioni: 375 mila contro 519 mila. Tra le cause, lo stop ai tre bonus per l’assunzione di giovani, donne e al Sud. Sono scomparse così 803 mila assunzioni agevolate. Nel 2023 erano state un milione e 800 mila. L’anno scorso poco più di un milione. Un crollo del 44% complessivo. Nello specifico: -64% i giovani, -21% le donne, e -43% al Sud.
Il motivo dello stop è presto detto. Il governo Meloni ha fermato la decontribuzione Sud al 30 giugno 2024. Lasciando lo sgravio del 30%, un minor costo a favore delle imprese, solo per chi a quella data era già assunto. Non sui nuovi contratti. Scommettendo poi su tre nuovi bonus – Zes, giovani under 35 e donne introdotti nel decreto Coesione di maggio, ma ancora non attivi. La legge ne prevedeva la partenza il primo settembre scorso. Ecco perché il 2024 alla fine risulta un anno privato di incentivi per giovani e donne. E con un bonus Sud dimezzato.
I nodi sono ancora tutti al pettine. Il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon, rispondendo mercoledì all’interrogazione del deputato M5S Davide Aiello, ha rassicurato sul bonus giovani. Affermando che «l’esonero non costituisce aiuto di Stato e pertanto la sua applicazione non necessita della preventiva autorizzazione della Commissione Ue». Non è così, visto che lo stesso articolo 22 del decreto Coesione subordina lo sgravio al via libera europeo. Via libera che deve essere doppio. Ilprimo per escludere che il bonus si configuri come aiuto di Stato: e questo è arrivato il 31 gennaio. Il secondo per coprire lo sgravio con i fondi Ue: e questo non è arrivato perché l’Italia non ha fatto i compiti a casa. Deve rinegoziare la fonte di copertura dei bonus, ovvero il “Piano nazionale giovani, donne e lavoro”. Quando lo farà, lo sgravio coperto dai fondi Ue potrà partire però dal 31 gennaio e non dal primo settembre, non sarà retroattivo. Imprese e consulenti del lavoro se ne sono già lamentati.
Il ministero del Lavoro dovrà quindi trovare risorse nazionali per coprire le assunzioni fatte da settembre a tutto gennaio. «Il governo pensava di fare tutto da solo e per decreto senza nessuna consultazionecon la Commissione Europea e con le parti sociali: questi sono i risultati », osserva Ivana Veronese, segretaria confederale Uil. «Nel frattempo il lavoro stabile e di qualità è in calo ». I dati Inps indicano che i nuovi contratti del 2024 – pari a 375 mila assunzioni e trasformazioni al netto delle cessazioni – sono per lo più stabili (84%). Ma avanzano forme precarie: contratti stagionali +66%, contratti intermittenti +4%. Tornano po a crescere, dopo sei anni di calo, i licenziamenti economici (+3%). E salgono pure i beneficiari di cassa integrazione (+18%): da 274 mila a 322 mila medi al mese. Le dimissioni volontarie da contratti a tempo indeterminato scendono di poco (-2,7%). Pur restando al livello mai conosciuto dall’Italia, gonfiato dopo la pandemia: oltre 1 milione e 200 mila. Erano meno di un milione nel pre-Covid.
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