L’alleanza delle banche per il clima allenta le sue (già insufficienti) regole
Come preventivato, l'alleanza delle banche per il clima sacrifica il suo obiettivo più ambizioso. E la banca etica Triodos se ne va L'articolo L’alleanza delle banche per il clima allenta le sue (già insufficienti) regole proviene da Valori.

Nella giornata del 15 aprile, i 129 membri rimasti nella Net Zero Banking Alliance (Nzba) – la principale alleanza globale di banche per il clima – hanno votato a schiacciante maggioranza per la revisione delle proprie linee guida. «Accolgo la decisione dei membri di far progredire la Nzba nel suo nuovo capitolo», afferma in un trionfalistico comunicato stampa Shargiil Bashir, presidente dell’alleanza e vicepresidente esecutivo di First Abu Dhabi Bank. Peccato solo che questi cambiamenti allentino palesemente gli standard della coalizione. Archiviando quello che in un primo momento doveva essere il suo principio cardine: l’allineamento dei portafogli a un riscaldamento globale di 1,5 gradi.
L’alleanza delle banche per il clima sacrifica il suo obiettivo principale
Da tempo la destra americana non vede di buon occhio gli attori della finanza che assumono impegni ambientali, sociali e di governance (Esg). Con la schiacciante vittoria elettorale di Donald Trump, questa parte politica è tornata a dettare l’agenda della prima economia del mondo. JPMorgan Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley non si sono fatte pregare e hanno silenziosamente abbandonato l’alleanza delle banche per il clima nell’arco di poche settimane. Prontamente imitate anche dai colossi giapponesi, canadesi e australiani.
Come sottolinea la Ong BankTrack, la Nzba aveva davanti a sé due strade. La prima: considerato che ad andarsene erano i maggiori finanziatori globali dei combustibili fossili, gioco forza restii ad assumere impegni troppo vincolanti, la coalizione poteva approfittare della loro defezione per puntare in alto. Per imporre, finalmente, una coerenza tra dichiarazioni e azioni. L’alternativa era quella di annacquare i propri standard pur di tenersi stretti i membri rimasti. L’alleanza delle banche per il clima ha scelto questa seconda strada.
Le precedenti linee guida dicevano esplicitamente che i firmatari dovevano allineare i propri portafogli alla limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi rispetto al livello preindustriale. E presentavano già di per sé un macroscopico punto debole: non impedivano di finanziare i combustibili fossili. La versione approvata ad aprile, oltre a far riferimento al target meno ambizioso di 2 gradi, lascia una discrezionalità molto più ampia. Nei fatti, diventa solo un insieme di raccomandazioni. Salta anche la richiesta di includere nei target climatici le operazioni nei mercati dei capitali.
La banca etica Triodos abbandona la coalizione
Un piano inaccettabile per Triodos Bank, banca etica olandese che figura tra i fondatori della Global Alliance for Banking on Values. L’istituto ha votato contro queste modifiche e, immediatamente dopo la loro approvazione, ha lasciato l’alleanza delle banche per il clima. Mettendo nero su bianco come limitarsi a «incoraggiare» i membri a fissare e comunicare i propri obiettivi a sostegno dell’Accordo di Parigi sia decisamente troppo poco, perché concede margini di manovra eccessivamente larghi. Per non parlare, poi, della rinuncia al target degli 1,5 gradi.
«La verità è che l’economia globale non è sulla strada giusta per mantenersi entro livelli di riscaldamento sicuri. E bisogna fare di più, non di meno», si legge nel comunicato diffuso da Triodos Bank. «Per di più, le banche hanno una responsabilità etica e morale di guidare la transizione verso pratiche sostenibili, assicurando che le loro azioni contribuiscano positivamente allo sforzo globale per combattere i cambiamenti climatici». La Nzba aveva promesso con toni altisonanti di diventare il punto di riferimento internazionale per questa transizione collettiva. Ma, con armi così spuntate, difficilmente servirà a qualcosa.
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