La zuppa liberista di Cerasa, Giavazzi, Penati e Porro su Mps, Mediobanca e Generali

Ops di Mps su Mediobanca: gran dibattito fra liberisti doc o a corrente alternata. La lettera di Gianluca Zappa

Gen 27, 2025 - 15:21
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La zuppa liberista di Cerasa, Giavazzi, Penati e Porro su Mps, Mediobanca e Generali

Ops di Mps su Mediobanca: gran dibattito fra liberisti doc o a corrente alternata. La lettera di Gianluca Zappa

Caro direttore,

ieri sera ho avuto una cena un po’ travagliata. Pensa che, pur non essendo un estimatore di Nicola Porro, mi sono ritrovato a difenderlo da commensali (tutti milanesissimi) che quasi all’unisono lo hanno variamente criticato per la posizione poco liberistica che a sorpresa ha preso sull’Offerta pubblica di scambio che Mps ha lanciato su Mediobanca, che mira indirettamente, ovviamente, al controllo di Assicurazioni Generali.

Il nodo del contendere era il seguente: come mai il turbo-liberale e liberista Porro – acerrimo nemico dell’interventismo statale in economia in ossequio anche ai precetti a lui impartiti da Antonio Martino – non biasima che Mps, in cui il primo azionista è lo Stato con circa l’11%, punta a comprare Mediobanca?

Nel mentre si dibatteva, e non avendo ancora letto il commento di cui si discuteva, ho googlato e ho trovato sul blog di Porro il pezzo in questione uscito sul Giornale. Francamente non ho trovato tutto questo entusiasmo di Porro per l’operazione, ma certamente non l’ha criticata aspramente, anzi, dunque in effetti non è contrario, diciamo. Il passo emblematico secondo i porriani delusi dal nuovo corso di Porro è il seguente: “Il governo voleva che si facesse questa operazione: l’esecutivo controlla Mps e il consiglio d’amministrazione, quindi il governo ha dato via libera alla scalata del Monte dei Paschi nei confronti di Mediobanca e quindi di Generali. Quindi il governo c’entra, perché vuole fare una grande banca, ci vuole dentro anche il Banco Bpm, e spera che sia “molto italiana”.

Non voglio dire che nell’argomentare di Porro ho trovato un certo imbarazzo ben dissimulato per il liberismo momentaneamente accantonato, ma insomma.

Mentre altri turbo-liberisti plaudono alla svolta statalista in economia e nelle banche con argomentazioni alte. E dall’alto degli insegnamenti di Giuliano Ferrara, il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, è entusiasta della mossa del governo, di Mps e di Caltagirone (che, si sa, apprezza molto l’opera giornalistica di Cerasa ma non so se più di Fabio Corsico, direttore Relazioni esterne e Affari istituzionali del gruppo Caltagirone). Una capriola che però ai commensali non ha destato tanto sconcerto, non so per lo scarso peso che danno alle opinioni di Cerasa o per la proverbiale originale e spiazzante eccentricità, che sfocia sovente nella bizzarria, che connota da quasi sempre il Foglio.

Comunque, sabato Cerasa è arrivato a scrivere che l’operazione di Mps “dovrebbe mettere di buon umore chiunque sogni di avere un sistema bancario in cui il capitalismo (ovvero il quattrino) conta sempre di più e in cui le azioni degli investitori non vengono più semplicemente pesate (come sognava Enrico Cuccia) ma vengono infine semplicemente contate”. Non solo: “C’è stato un tempo in cui la politica – ai tempi del famoso “abbiamo una banca”, ai tempi della tentata Opa di Unipol su Bnl, anno 2010 – usava le banche per far contare meno il mercato. Oggi la politica non si può dire che non sia attiva sulle banche ma la sua azione ha una direzione diversa: aiutare il mercato a contare un po’ di più facendo contare un po’ di meno chi il mercato lo usa per costruire giochi di prestigio con le scatole cinesi”.

Sulle scatole cinesi, però, tra i liberisti doc o a corrente alternata non c’è concordia. Infatti per Mario Seminerio, curatore del puntuto e seguito blog Phastidio, le scatole cinesi sono quelle costruite dal costruttore – e da chi, altrimenti – Francesco Gaetano Caltagirone con gli alleati per agguantare il controllo di Generali via Siena tramite Mediobanca. Ecco quello che ha scritto Seminerio, non so se ancora una firma del quotidiano diretto da Cerasa: “Mi limiterei a considerare il rischio di un’operazione, costruita in modalità scatole cinesi e catena di controllo lunga, che indebolisca strutturalmente una grande parte del sistema finanziario nazionale”.

Seminerio ha lodato nel suo post l’analisi di uno dei liberisti doc in Italia, l’economista Alessandro Penati, che si è rifugiato in un giornale dalle pochissime copie vendute, ossia il Domani di Carlo De Benedetti, visto che tutti i giornaloni lo hanno snobbato, edulcorato o accantonato.

Leggiamo qualche passo di Penati:

“Sulla carta l’Ops di Mps ha infatti poca logica economica. Non si è mai visto che una società che vale 70 per cento del patrimonio (pre Ops) scali una che ne vale 120 con un’offerta interamente in azioni: per i soci di Mps, e quindi anche per il Tesoro, significa infatti subire una perdita dovendo pagare con “moneta” svalutata l’acquisto di una “cara”. (…)

Con l’Ops, CD acquisirebbero di fatto il controllo sulla gestione di Mediobanca, con il 29 per cento del nuovo gruppo assieme al Tesoro e Bpm, aggirando in questo modo il divieto della Bce alla presenza di imprenditori alla guida di banche; e con il 12 per cento di Mediobanca in Generali, assieme al loro 16, arriverebbero a comandare anche nel gruppo assicurativo. (…)

Lo Stato, non contento dello sterminato numero di partecipazioni in società quotate, avrebbe anche il 5 per cento del nuovo gruppo bancario, potendo così rientrare in un settore da cui l’Europa l’aveva fatto uscire. (…)

Dopo gli investimenti pubblici e l’interventismo nelle telecomunicazioni per la creazione della futuribile società della rete, il governo dimostra di voler espandere ulteriormente la partecipazione dello Stato nel capitale delle imprese e giocare un ruolo attivo nel mercato dei capitali: un nazionalismo economico e un interventismo dello Stato che porterebbe ad avere il controllo nazionale misto pubblico-privato di due delle poche grandi società quotate italiane a capitale diffuso tra gli investitori istituzionali esteri, perdendo credibilità sui mercati internazionali”.

Direi, caro direttore, che potremmo terminare qui la rassegna dei commenti dei liberisti nostrani, che è stata al centro della cena di ieri sera. Però di sicuro stamattina i commensali meneghini che ieri erano quantomeno delusi dal pensiero di Porro (ma uno ha bisbigliato malignamente, troppo malignamente secondo me: bisogna vedere quale sarà la posizione di Mediolanum, azionista di Mediobanca, per vedere se l’opinione di Porro sarà salda o meno) saranno ripagati dall’omelia “draghiana” della firma economica per antonomasia del nostro beneamato Corrierone, naturalmente l’economista bocconiano Francesco Giavazzi, il teorico con tanto di libro annesso del “liberismo è di sinistra”.

Quindi nessuna meraviglia se Giavazzi accusa de facto di statalismo la destra ora a Palazzo Chigi. Ma la tesi è soffusa per dare risalto a una serrata critica al vero obiettivo della cordata anti Nagel e anti Donnet: “Generali vale ora in borsa circa 50 miliardi. Chi volesse lanciare un’Offerta pubblica di acquisto, sperando che venga accettata dal mercato, dovrebbe offrire un premio di circa 15 miliardi. Cioè pagare 65 miliardi. In Generali il gruppo Caltagirone e gli eredi Del Vecchio possiedono, rispettivamente, un 10 e un 6 per cento; in Mediobanca hanno partecipazioni per 2,5 e 1,5 miliardi e in Mps per 0,8 e 0,6 miliardi. Quindi, avendo investito 14 miliardi influenzerebbero in modo determinante MPS-Mediobanca e si troverebbero ad avere un’influenza rilevante, vicina al controllo, di Generali”, ha scritto Giavazzi, difendendo implicitamente ruolo e operato di Mediobanca.

Conclusione dell’editoriale del Corriere della sera: “I cittadini esigono trasparenza”.

Perbacco, ben detto Giavazzi: serve trasparenza.

Giusto.

E se mi permetti, caro direttore, facciamo anche noi una piccola opera di trasparenza: Giavazzi è sposato con una figlia di Francesco Cingano, per 15 anni alla presidenza di Mediobanca.

Salutoni e alla prossima,

Gianluca Zappa