La violenza di genere e quei banchi vuoti
Marin immagine è di per sé eloquente e non avrebbe bisogno di didascalie: in aula al Senato, mentre il viceministro...

Marin
immagine è di per sé eloquente e non avrebbe bisogno di didascalie: in aula al Senato, mentre il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, risponde a una interrogazione parlamentare sulla violenza di genere, la tutela delle vittime e gli atti persecutori, i banchi della maggioranza sono tutti, inequivocabilmente, vuoti.
E questo accade nella giornata di ieri, mentre ancora risuonano, come è giusto e anzi "doveroso" che sia – soprattutto da parte di chi ha un ruolo pubblico o istituzionale – i commenti di condanna, di dolore, d’incredulità e d’indignazione per i due più recenti e efferati femminicidi: Sara Campanella e Ilaria Sula. Ogni volta il Paese si chiede, affranto, perché.
Quel Paese fatto di persone e famiglie "normali", stanche di angosciarsi e di ipotizzare il peggio ogni volta che una figlia, una sorella, una madre sta tardando a rientrare a casa e non risponde al cellulare. E la politica è pronta a spiegare che le leggi ci sono, che le pene sono state inasprite. Che cosa manca, allora? "La cultura", è lì che si deve intervenire. Solo così, ci dicono, possono essere estirpate le radici dell’odiato patriarcato. Ma la cultura si fonda anche sui simboli. E le aule parlamentari sono un luogo geometrico di valori, di esempio, di impegno, di verità. Anche per questo, le assenze di ieri in Senato sono ingiustificabili.