La pace conquista i fedeli. Speranza per le parole di Leone XIV. I negozianti: “I gadget fra due giorni”

In piazza tanti francesi e spagnoli. Fra gli americani c’è chi spera contrasti Trump. Nelle vetrine di articoli religiosi domina ancora il volto di Francesco

Mag 9, 2025 - 21:58
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La pace conquista i fedeli. Speranza per le parole di Leone XIV. I negozianti: “I gadget fra due giorni”

Città del Vaticano, 9 maggio 2025 – Benvenuti a Leoland. Il giorno dopo l’Habemus Papam, le insegne vaticane non sono cambiate. E nemmeno le vetrine di articoli religiosi. Francesco domina la gadgettistica giubilare (anche con le biografie nei vicini supermarket): Leone XIV (per ora) deve accontentarsi dell’Osservatore Romano. “Passa tra due giorni, trovi calendario e cartoline nuovo Papa”, promette Jamal (bangladese) alla Galleria Mariana 2011 in via di Porta Angelica. La concorrenza nega e sospetta tarocchi. “Tre giorni? Quando mai! – risponde Simone dal bancone di Massi Souvenir – Prima bisogna avere i permessi”. Leone XIV promette bene? Smorfia professionale: “La popolarità di un Papa si giudica alla distanza”. Cioè? “Francesco molto amato. Giovanni Paolo II senza tempo: ancora oggi ’tira’ tantissimo”. E Benedetto XVI? “Praticamente invendibile anche da vivo”, motteggia Antonio dalla cassa.

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La prima calma relativa, a San Pietro, dopo 19 giorni di centrifuga (l’ultimo giro in Papamobile, la morte di Francesco, il saluto della folla, l’assedio dei media, la preparazione del conclave, l’elezione di Leone XIV), perpetua la bellezza senza tempo della piazza e della basilica. E sotto un cielo rinascimentale che sbatte ogni tonalità di azzurro contro nuvole dispettose, i turisti – con o senza guida – prendono il chiaro sopravvento sui fedeli. Facce di tutto il mondo, ma Stati Uniti in minoranza. Megan è di Chicago, come Leone XIV: “Siamo tutti choccati. E naturalmente orgogliosi. Nessuno si aspettava un Papa americano. Tanto meno io che ero a farmi un tatuaggio – dice indicando il fiore ancora pellicolato che fa capolino dalla t-shirt –. Fantastica questa prima volta. Un americano che parla seriamente di pace. E non è Trump”.

A metà pomeriggio quasi tutte le nuvole spariscono. Padre James O’Neill – alto, grosso e bianco come un cencio anche se vive a Jacksonville, Florida, e adesso si crogiola al sole davanti al colonnato – ringrazia “il Padreterno per il regalo”: “Era ora!”, rivendica. Un fattore di riconciliazione del cattolicesimo statunitense? “Me lo auguro. Sarebbe bellissimo”. Michael, pensionato, apre lo smartphone e ci mostra la foto-cimelio: il futuro Papa, nel 2011, ospite del liceo di San Diego in cui Michael insegnava: “Davvero incredibile la vita! Monsignor Prevost già allora mi era piaciuto tantissimo”. “È dolce e umile. Spero possa avere un impatto su Trump. Almeno questa è la mia preghiera”, auspica Kimberly, californiana. “Nessuno può salvare Trump. Nel caso succeda, sarò felice di essermi sbagliato”, considera William, appena arrivato da Boone, North Carolina. Nicolas, cameriere di Spa-Francorchamps – “dove corre la Formula 1, hai presente?” – riparte con un sorriso gigante: “Morto Francesco, ho detto al mio titolare: “Io devo andare a Roma“, e lui ha capito che non poteva fermarmi. Ho speso bene le mie ferie. Leone XIV mi piace. Ho una sola paura: che la sua nazionalità finisca per dare eccessivo risalto agli Stati Uniti. Meglio rimanere sulla strada di Francesco – quella di una Chiesa globale – e te lo dico io che sto in Belgio”.

Gli spagnoli in piazza San Pietro sono una marea. Ma non quanto i francesi, praticamente ovunque. Ecco Philippe e Florence, parigini innamorati dell’Italia. “Leone XIV? Bella persona. Trasmette umiltà e fermezza, parla di pace”, considera lei, avvocato in diritto societario. Quale pace? “Certo non quella di Trump e di Putin – risponde lui, dirigente del settore finanziario di Lacoste –. Il nuovo Papa evoca una pace universale, parla al mondo”. L’elemento più importante di questa elezione? “La velocità – si può dire manageriale? – dei cardinali nel fare la scelta più unitaria e più tempestiva, con un occhio alla fede e uno alle geopolitica”, convengono entrambi. Luana (da Cuneo) e Anna Maria (da Pavia) sono due anestesiste in pellegrinaggio sul cammino di Francesco. Tre giorni zaino in spalla da Terni ed eccole qui: “Felicemente sorprese di trovare già il Papa. Una scelta di fede ma anche politica. Una mediazione sorprendente: un po’ furbina”.

“Ma io credo che Trump oggi non sia tanto felice. L’elezione dell’americano più distante da lui, un Papa globale esperto di sud del mondo è una sfida all’America di oggi, alla mancanza di pietà, alle foto dei migranti in catene”, osserva suor Anne, salesiana scozzese di Glasgow. “Dobbiamo per forza essere ottimiste”, sorride la consorella suor Gill. “Da cardinale, ha già saputo mettere in riga Trump e Vance. A me basta questo”, chiude suor Anne. Centoventi cappellini arancioni della diocesi di Massa Carrara Pontremoli escono dalla basilica. Sabrina, un po’ timida, riassume il pensiero collettivo: “Un Papa semplice e umile ma che sa emozionare”. Anche così, in fondo, si rinnova la speranza.