“La mia famiglia è del mercato. Non volevo fare l’attrice, ma l’archeologa. Il MeToo? Il sistema di violenze non penso sia finito”: lo rivela Jasmine Trinca
È una delle protagoniste del film "L’arte della gioia", la serie diretta da Valeria Golino L'articolo “La mia famiglia è del mercato. Non volevo fare l’attrice, ma l’archeologa. Il MeToo? Il sistema di violenze non penso sia finito”: lo rivela Jasmine Trinca proviene da Il Fatto Quotidiano.

È una delle attrici più stimate e amate dalla pubblica e dalla critica. Jasmine Trinca è una delle protagoniste del film “L’arte della gioia”, la serie Sky Original diretta da Valeria Golino, disponibile dal 28 febbraio in streaming su Now e Sky. L’attrice Leonora, la madre superiora che prende sotto la sua protezione la giovane Modesta. “A me piace davvero tanto la Golino. Con un po’ di pudore, posso dire che penso che sia veramente la mia regista. Quando si entra negli occhi di Valeria si diventa ancora qualcosa di più”, ha confessato la Trinca in “Stories” di Sky TG24.
“L’arte della gioia è un racconto di formazione e di deformazione, perché la cosa molto interessante di questa storia è come, improvvisamente, davanti agli occhi, abbiamo un’eroina che in apparenza non ha nulla di eroico. – ha detto la Trinca – Una ragazza ‘modesta’ nel nome e, poi vedremo, per niente nell’attitudine, che attraversa nel corso degli anni non soltanto la storia, quella grande, ma mille avventure, con una sola grande ambizione che è quella di essere felice. Si racconta il desiderio di una giovane ragazza, il desiderio verso una nuova condizione sociale, il desiderio erotico e sessuale, l’ambizione di essere libera, senza saperlo”.
La storia di Jasmine Trinca, che si dice pronta a girare una serie su tutto ciò che ha vissuto con i suoi cari, inizia a Roma “in un rione molto popolare (adesso un po’ più in voga, attraversato da nuove spinte), un rione che si chiama Testaccio, dove c’era l’antico mattatoio di Roma, e la mia famiglia è una famiglia del mercato. Quindi in origine non ho nulla a che fare con quell’aspetto lì di eredità artistica, zero di zero, ma sono cresciuta soprattutto con la mia mamma e quindi direi che sono venuta su un po’ strana anche grazie a lei”.
Ma il sogno di Jasmine non era legato al cinema: “Dopo ‘La stanza del figlio’ torno all’università, torno a fare archeologia e lettere classiche perché volevo fare quello e quindi per due o tre anni non ho più lavorato, non ho fatto più incontri o provini, perché pensavo che quella fosse un’esperienza chiusa. Fino a quando non ho incontrato Marco Tullio Giordana. Quello è stato un momento in cui ho cominciato non dico a sviluppare consapevolezza, ma cominciavano ad esserci dei passi considerevoli, almeno per me, per quello che sarebbe stato il mio percorso”.
Tra le battaglie personali più importanti c’è quella per il movimento ‘MeToo’, per il quale “non è stato fatto abbastanza, a partire da una responsabilità che ritengo personale, cioè di non essere riuscite tutte ad avere una tenuta politica forte. Su alcuni aspetti siamo rimasti di nuovo dove eravamo, ma penso che sia cambiato qualcosa, non necessariamente grazie a quello che è avvenuto qui, ma grazie ad un’ondata mondiale, però penso anche che la voglia di provare a dire qualcosa di diverso resista. Il sistema di violenze fisiche e verbale non penso sia finito o cambiato, ma penso sia una questione di potere. Non mi piace vedere una singola persona e pensare che il problema sia quella singola persona. È un problema culturale”.
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