La Formula 1 dice addio al “marinaio” Jochen Mass
Il pilota tedesco, vincitore della 24 Ore di Le Mans nel 1989, aveva 78 anni. Dal 1973 e il 1982 ha vissuto una delle epoche più pericolose e spettacolari della Formula 1 L'articolo La Formula 1 dice addio al “marinaio” Jochen Mass proviene da Veloce.

Amava il mare come il nonno, capitano di navi mercantili, ma gli bastò assistere a una gara in salita in compagnia della fidanzata dell’epoca per cambiare rotta e dedicarsi anima e corpo alle automobili da corsa. Si è spento ieri, all’età di 78 anni, Jochen Mass, che corse in Formula 1 dal 1973 al 1982 (105 Gran Premi e un “anno sabbatico”, nel 1981) e nel 1989 vinse la 24 Ore di Le Mans con la Sauber-Mercedes.

Jochen Mass
AVEVA TALENTO. Uscito dal mondo della marina, entrò in quello delle gare automobilistiche dalle retrovie. Nelle formule minori, al volante di una monoposto messagli a disposizione da una concessionaria Alfa Romeo tedesca, Mass scoprì di possedere un talento non comune per la velocità. Vittoria dopo vittoria, attirò l’attenzione di John Surtees (uno che di guida s’intendeva parecchio: è stato l’unico pilota a essere diventato campione sia nel Motomondiale sia in Formula 1…), che lo fece debuttare in Formula 2 e, nel 1973, gli diede una chance nel Grande Circus. Dopo appena una stagione, il pilota tedesco classe ’46 si trasferì alla McLaren, con cui nel ’75 ottenne quattro dei sette podi e l’unica vittoria conquistata in carriera, in Spagna, davanti alla Lotus di Jacky Ickx e alla Brabham di Carlos Reutemann, nell’anno in cui Niki Lauda vinse il suo primo Mondiale con la Ferrari.

Jochen Mass con Jacky Ickx (a sinistra): con la Porsche 962C del team Rothmans si classificarono decimi nella 24 Ore di Le Mans del 1985

Jochen Mass con Niki Lauda
CORSE COI MIGLIORI. Nel 1976 Mass fu compagno di squadra di James Hunt. Alla fine di una stagione a dir poco rocambolesca, dopo un avvincente testa e testa con Lauda segnato dallo spaventoso rogo del Nürburgring e dalla decisione del pilota della Ferrari di ritirarsi sotto una pioggia torrenziale nell’ultima gara decisiva per il titolo, in Giappone, l’inglese della McLaren si laureò Campione del mondo; Mass chiuse nono e al termine dell’anno successivo, il suo ultimo alla corte di Teddy Mayer, ottenne il suo miglior piazzamento in carriera, sesto dietro a talenti del calibro di Hunt, Reutemann, Andretti, Shecketer e Lauda.

Jochen Mass al volante di una Mercedes 300 SL “Ali di Gabbiano”, Mille Miglia 2018 (foto: Alberto Amedeo Isidoro)
“È STATO UN GENTILUOMO”. Con una Formula 1 in cui il rischio, il brivido, la vita e la morte si mescolavano pericolosamente mettendo in scena uno spettacolo tanto esaltante quanto crudele, Mass chiuse definitivamente i conti nel 1982: non si riprese mai del tutto dall’incidente mortale del pilota della Ferrari Gilles Villeneuve in cui, suo malgrado, fu coinvolto con la sua March nelle prove del Gran Premio del Belgio. In quello stesso anno, Mass aveva cominciato una nuova avventura alla 24 Ore di Le Mans, che chiuse al secondo posto e che vinse sette anni più tardi, iscrivendo il suo nome nella storia dei motori da corsa. “Jochen non è stato solo un simbolo di questo sport. È stato un vero gentiluomo”. Così l’ha ricordato l’amico Emanuele Pirro, che a Le Mans ha trionfato cinque volte, in un post su Instagram in cui gli occhi azzurri di Mass, tuta rossa calata a metà e braccia conserte, riflettono quel silenzio agrodolce, sprezzante del pericolo, in cui si resta soli quando si abbassa la visiera.
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