La Città Proibita, la Recensione del nuovo film di Mainetti
A dieci anni dal suo Lo Chiamavano Jeeg Robot, torna al cinema Gabriele Mainetti con la sua terza perla cinematografica, La Città Proibita, che conferma il talento del giovane regista romano e lascia ben sperare per il futuro. Dopo il suo secondo piccolo grande gioiello di Freaks Out, ritorna al presente romano, con un cast […] L'articolo La Città Proibita, la Recensione del nuovo film di Mainetti proviene da LaScimmiaPensa.com.
A dieci anni dal suo Lo Chiamavano Jeeg Robot, torna al cinema Gabriele Mainetti con la sua terza perla cinematografica, La Città Proibita, che conferma il talento del giovane regista romano e lascia ben sperare per il futuro. Dopo il suo secondo piccolo grande gioiello di Freaks Out, ritorna al presente romano, con un cast fatto di giovani e promettenti leve, quali Enrico Borello e Yaxi Liu ma anche di pilastri della romanità come Marco Giallini, Sabrina Ferilli e Luca Zingaretti. Come recita il detto, non c’è due senza tre, e ora speriamo che il quarto grande film, venga da sé.
La Città Proibita, la Trama
Mei arriva dalla Cina, con odio e furore, per salvare la vita di sua sorella Yui. Cercandola nella Chinatown di Roma, si imbatte quasi casualmente in Marcello, cuoco nel ristorante di famiglia, in attesa del padre, fuggito con una prostituta cinese in preda al cieco amore. Le due strade finiscono inevitabilmente per incrociarsi, scatenando un guaio molto molto grosso (per citare non casualmente John Carpenter).
La Città Proibita, la Recensione
Contestare il cinema di Gabriele Mainetti è un’operazione apparentemente complessa nonché inutile. Possiamo al massimo dire che forse è troppo romanocentrico, ma oltre ciò è pressoché difficile, al pari del famoso ago nel pagliaio. Questo perché Mainetti ha una visione che appare oramai sempre più chiara e nitida, finanche meravigliosamente audace. Un regista che riesce a trascendere ogni genere, riuscendo a manipolarlo tra omaggi postmoderni e riletture contemporanee. E il risultato finale è sempre di rara bellezza, tanto nel cinema italiano quanto in quello mondiale.
C’è una leggenda intorno alla carbonara. Sembra che in realtà il tanto decantato piatto romano sia un’invenzione americana, che durante la Seconda Guerra Mondiale, univano la loro razione di uova e bacon con la pasta. Una contaminazione di due culture che ha di fatto generato, sempre secondo la leggenda, un piatto famoso ormai in ogni dove. Ecco, in questo senso culinario possiamo inserire il cinema di Mainetti, uno chef di generi che compone e costruisce piatti filmici che potrebbero far storcere il naso ai puristi ma che se assaggiati lasciano un senso di sazietà pari solo alla grandissima soddisfazione dell’ultimo boccone.
In questo contesto, culinario e cinematografico, è molto più semplice sbagliare i dosaggi e creare un pastrocchio, che non riuscire a trovare la giusta quadra in tutto e per tutto. E con La Città Proibita, Mainetti si dimostra (anzi si conferma) un grandissimo chef cinematografico, cultore e appassionato della materia in ogni sua forma.
Dopo aver girovagato nel cinecomic prima e nel nazisploitation poi, con La Città Proibita, la mano di Mainetti attinge al meraviglioso mondo cinematografico dei Kung Fu Movie, tanto cari anche anche Quentin Tarantino (vedasi Kill Bill). L’estro del regista romano trova piena consacrazione nel suo manovrare la videocamera seguendo coreografie e combattimenti meravigliosi, con un’accuratezza ed una scelta di immagini pressoché perfetta. Mai confusionari, sempre sinuosi nella loro intrinseca violenza, in un gioco di antitesi dove la brutalità di una rissa diventa come la bellezza di un balletto.
Basterebbe la scena iniziale del combattimento svolto in cucina per far strabuzzare gli occhi dello spettatore. Un biglietto da visita di assoluto pregio, stante anche ciò che poi si vedrà in seguito. Tra padelle e grattugie utilizzate per scopi ben lontani da quelli di fabbrica, Mei si fa strada in una Roma multietnica e notturna, dai due volti, bellissima e contraddittoria come sempre. Così come la violenza, c’è anche l’amore, quello per il cinema, che traspare dagli occhi dei personaggi, veicolo con il quale Mainetti compone una sinfonia in perfetto equilibrio.
Non è certo da tutti riuscire a costruire un film come La Città Proibita, con un’idea che mette insieme due tipologie di cinema distanti anni luce tra loro. Una commedia, un dramma, un gangster movie, un kung fu movie. C’è tutto questo, perfettamente dosato, senza che mai un genere domini l’altro. Un manifesto di contaminazioni che dovrebbe fare scuola e che ci regala una bellissima pagina del cinema italiano. Una vera mosca bianca, senza nulla togliere ad altri titoli nostrani comunque meritevoli, come C’è Ancora Domani. Qui però ciò che rende questo film, e questo cinema, meritevole di un plauso in più e proprio l’idea che Mainetti sta portando avanti.
Allontanarsi e avvicinarsi al genere, riportarlo in auge, contaminarlo. In un’ideale trilogia di genere (anzi, del genere), La Città Proibita potrebbe quasi essere il punto più alto visto finora. Tassello dopo tassello, Mainetti perfeziona quanto visto ad oggi, arrivando a toccare ogni corda possibile esistente in ogni singolo spettatore. Un cinema di tutti e per tutti, popolare ma non per questo mediocre, che guarda alla realtà pur viaggiando con la fantasia, quella fantasia cinematografica fatta di omaggi e citazioni e di cui ogni cinefilo trae sempre un certo godimento personale nel riconoscerle.
Adesso non resta che aspettare il prossimo grande esperimento firmato Mainetti, di cui siamo fortemente curiosi, anche per vedere quale sarà il prossimo genere che prenderà e smonterà, portandolo nell’Urbe Aeterna, immutabile e in continuo cambiamento, contraddittoria e mai la stessa, pur restando sempre uguale, accogliendo ogni cambiamento esistente e modificandosi senza mai cambiare. Esattamente come il cinema di Mainetti e come il suo La Città Proibita.
Cast
- Enrico Borello: Marcello
- Yaxi Liu: Mei
- Marco Giallini: Annibale
- Sabrina Ferilli: Lorena
Trailer
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