Kentucky Derby, il lato oscuro e crudele della corsa più famosa d’America: centinaia di cavalli morti dopo atroci sofferenze
Il Kentucky Derby è spesso considerato un evento elegante e affascinante, con sfilate di cappelli stravaganti e una folla entusiasta che celebra la tradizione. Tuttavia, dietro questa patina di glamour, si nasconde una realtà ben più cruda: per i cavalli da corsa, la gara può rappresentare una vera e propria condanna. L’intero sistema delle corse...

Il Kentucky Derby è spesso considerato un evento elegante e affascinante, con sfilate di cappelli stravaganti e una folla entusiasta che celebra la tradizione. Tuttavia, dietro questa patina di glamour, si nasconde una realtà ben più cruda: per i cavalli da corsa, la gara può rappresentare una vera e propria condanna.
L’intero sistema delle corse ippiche è infatti fortemente crudele. Gli animali vengono sottoposti a allenamenti intensivi fin da giovanissimi, spesso prima che le loro ossa siano completamente sviluppate. Questo li espone a gravi fratture e lesioni permanenti. In molti casi, quando un cavallo si infortuna, viene sottoposto immediatamente all’eutanasia, poiché la riabilitazione è difficile, se non impossibile, per un animale che deve stare costantemente in piedi.
Inoltre l’uso di droghe antidolorifiche e stimolanti per mascherare i dolori e migliorare le prestazioni è una pratica diffusa, che può provocare emorragie polmonari e altri gravi danni alla salute. Durante le gare, i fantini utilizzano la frusta per spingere i cavalli oltre i propri limiti, causando ferite agli occhi e sofferenze inutili.
Oltre 230 morti registrati tra il 2010 e il 2019
I numeri sono impressionanti e rendono perfettamente l’idea di quanto tutto ciò sia agghiacciante. Tra il 2010 e il 2019 nel solo Kentucky si sono registrate oltre 230 morti legate alle corse, la maggior parte delle quali per fratture ossee. Ma il vero numero di decessi potrebbe essere molto più alto, poiché non esiste l’obbligo di segnalare ufficialmente i cavalli morti. Questo sistema opaco rende difficile attribuire responsabilità e agire in difesa degli animali.
Anche per i cavalli che sopravvivono alla competizione, il futuro non è roseo. Solo una piccola percentuale viene riciclata per altre attività equestri o utilizzata per la riproduzione. Una parte finisce nei macelli, mentre altri vengono riabilitati da associazioni di salvataggio come TROTT USA, che offrono una nuova vita attraverso l’adozione o l’addestramento per attività meno stressanti.
La domanda sorge spontanea: vale davvero la pena mantenere in vita una tradizione che si basa sulla sofferenza animale? Forse è tempo di ripensare il concetto di spettacolo e di trovare modi più etici per celebrare lo sport equestre e fermare questa mattanza.
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