Jannik Sinner ha pensato al ritiro in Australia: sbagliato confidare nell’intelligenza dei “colleghi”

Aspettarsi troppo dai suoi avversari. Jannik Sinner ne ha dovuto prendere atto nella sua esperienza australiana, coincisa lo scorso gennaio con la conquista degli Australian Open, il suo terzo Slam in carriera. Un Major in cui l’altoatesino ha faticato molto nella gestione emotiva della vicenda “Clostebol”, una sorta di spada di Damocle con cui l’azzurro […]

Apr 30, 2025 - 18:36
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Jannik Sinner ha pensato al ritiro in Australia: sbagliato confidare nell’intelligenza dei “colleghi”

Aspettarsi troppo dai suoi avversari. Jannik Sinner ne ha dovuto prendere atto nella sua esperienza australiana, coincisa lo scorso gennaio con la conquista degli Australian Open, il suo terzo Slam in carriera. Un Major in cui l’altoatesino ha faticato molto nella gestione emotiva della vicenda “Clostebol”, una sorta di spada di Damocle con cui l’azzurro ha dovuto convivere.

Un tema tornato d’attualità nell’intervista del n.1 del mondo al TG1, nella quale c’è stata anche un’ammissione. “Prima degli Australian Open non ero molto felice, non mi sentivo a mio agio. Ho pensato di mollare tutto? Sì, mi è capitato. In mensa e negli spogliatoi i miei colleghi mi guardavano in modo diverso. Era pesante vivere il tennis così. Non volevo fermarmi, tre mesi sono troppi, ma alla fine un po’ di tempo libero con gli amici era qualcosa di cui avevo bisogno“, ha confessato il pusterese.

Ed ecco che alcuni pezzi del puzzle trovano il loro posto, pensando al suo stato di salute precario prima e durante la partita contro Holger Rune e alla necessità di staccare nel suo viaggio di ritorno da Melbourne, ricordando la sua assenza al Quirinale per l’incontro previsto tra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la squadra di Coppa Davis.

L’altoatesino, evidentemente, ha “sbagliato” a confidare nell’intelligenza dei suoi colleghi, pensando che una larga percentuale si sarebbe documentata prima di esprimere un giudizio o farsi un’idea. “Abbiamo tutti gli stessi protocolli. Non sono stato trattato diversamente, forse mi hanno controllato anche di più perché è andata avanti anche dopo, quando è stato rivisto tutto di nuovo dalla Wada. Ognuno è libero di dire ciò che vuole. Per me è importante che io sappia cosa è successo e quello che ho passato. Non auguro a nessuno di passare da innocente ad una cosa del genere“, ha ulteriormente precisato nell’intervista menzionata il 23enne nostrano.

Vien da pensare a quanto dichiarato dallo svizzero Stan Wawrinka in un’intervista a Eurosport, in cui l’elvetico ha descritto il caso di Sinner (e anche di Swiatek) come un male per il tennis, vista la poca trasparenza e la mancanza nella comunicazione. Tuttavia, a valle di questa presa di posizione di Wawrinka e anche di altri, c’è anche la testimonianza dell’americano Chris Eubanks sul fatto che nell’incontro organizzato dall’ITIA con i giocatori, per chiarire le vicende citate, fosse presente solo lui. Il quesito dunque è il seguente: ai tennisti interessa davvero la lotta al doping o il problema era solo Jannik Sinner, n.1 del mondo? La domanda è retorica.